L’espressione “battere il ferro finché è caldo” dev’esser cara agli
Amon Amarth (forse anche perché suona molto metal!), tanto che a distanza di pochi mesi dal precedente, trionfale live con
Hell e
Carcass, i paladini di Odino decidono di tornare dalle nostre parti per una nuova sortita.
La sede, in questa occasione, è l’
Estragon di Bologna, che raggiungo con un pelo in ritardo ma ben motivato e carico al punto giusto. Purtroppo, mi accorgo da subito che il sold out registrato nella precedente calata dei vichinghi non verrà bissato. Inutile soffermarsi sulla ricerca dei possibili motivi: la crisi, la mancanza di gruppi spalla dai nomi altisonanti, la data infrasettimanale, la vicinanza temporale con la data dello scorso settembre, le cavallette…
Chi se ne importa, fatto sta che bene hanno fatto i presenti ad essere tali. Gli assenti, al contrario, hanno perso l’occasione di assistere all’ennesimo concertone da parte della band di Stoccolma.
Ma andiamo con ordine…
CARVEDTocca al sestetto di La Spezia aprire le danze, e tentare così di sfruttare una gran bella occasione per un gruppo giovane (la fondazione risale al 2007) e ancora poco noto al grande pubblico.
Pur perdendomi i primi minuti della loro esibizione, ho comunque modo di apprezzare il loro death metal melodico in perenne bilico tra influssi gothicheggianti e mire più groovy; altrettanto sembra fare la platea, già molto calda e pronta a saltare, incitare e battere le mani a tempo.
I
Carved ringraziano snocciolando i brani migliori del debut
Dies Irae e mettendo così in mostra un repertorio non necessariamente originale ma ben composto ed eseguito, soprattutto con riferimento a pezzi come
The Perfect Storm e
Scripta Manent (Bullshit). Credo che il Sommo Graz inorridirà, ma trovo intrigante la scelta della cover, che cade sul mid tempo-tormentone di
Only for the Weak (
In Flames, che ve lo dico a fare?).
Certo, qualche piccola area oscura la si nota ancora: il singer
Cristian Guzzon incappa in alcune sbavature vocali (certi passaggi, sia in growl che in clean, mi sono giunti un po’ flebili), e palesa una presenza scenica forse perfettibile; la piccola critica, seppur per motivi diversi, può venir estesa all’intera compagine ligure, un pelo timida e statica sul palco.
Dettagli, comunque sia: dopo tre quarti d’ora di buon livello, è tempo per i
Carved di salutarci. Un antipasto senz’altro stuzzicante quello offertoci, ma il tempo della portata principale si avvicina…
AMON AMARTHPuntuale come le tasse, a 22:30, giunge l’ora dei Guardiani di Asgaard.
Dopo la classica intro sinfonica, i cinque guadagnano il palco ed esordiscono con l’anthemica
Father of the Wolf. Qualche piccolo problema coi volumi non scoraggia certo la band, consapevole di lì a poco le cose miglioreranno. Così è, in effetti: già in occasione della title track dell’ultimo album, l’epica
Deceiver of the Gods, il sound appare pressoché perfetto, e gli
Amon Amarth ne approfittano per scatenare la propria furia guerriera sul pubblico, conquistandolo con una grinta davvero intimidente.
La successiva
Death In Fire chiarisce che la setlist andrà in larga parte a riprendere quella presentata a Trezzo; per fortuna, ci pensa qualche gradito ripescaggio a rendere più elettrizzante la serata per chi, come il sottoscritto, era presente anche otto mesi fa. Un esempio? Il riffone tritaossa di
Free Will Sacrifice, sempre un piacere per le mie orecchie.
Ad onor del vero, analoga goduria la ingenerano le “consuete”
Cry of the Black Birds,
Warriors of Asgaard e
Runes to My Memory, ormai assurte al rango di classici inamovibili dalle scalette live dei Nostri.
Seppur inferiori sotto il profilo compositivo, i brani più recenti non ne escono affatto sminuiti. Anzi: come già avevo avuto modo di riscontrare, i metaller nostrani hanno abbracciato appieno le influenze classic metal e l’ammorbidimento di sound che contraddistinguono il nuovo corso, tanto da tributare autentiche ovazioni alle varie
As Loke Falls,
Destroyer of the Universe e
War of the Gods.
La compagine nordica, visibilmente oliata e a proprio agio, dimostra di meritare ogni singolo applauso, sfoderando una prestazione vigorosa e senza sbavature. Il buon
Johan Hegg, dal canto suo, conduce le danze con la solita maestria: le pose da consumato attore (ruolo che ha da poco ricoperto nel film
Northmen - A Viking Saga), la classica bestemmia di metà concerto (ricambiata con trasporto dai fan), le battute di spirito (sempre le stesse, ma sempre carine) e la titanica presenza scenica (ogni volta che lo rivedo sembra aver aggiunto qualche centimetro di circonferenza in vita, come dimostrano le foto alla sinistra dello schermo) lo rendono uno dei frontman più carismatici dell’intera scena.
Purtroppo fila tutto talmente liscio che, prim’ancora di accorgersene, siamo già ai bis. Come da pronostici tocca all’accoppiata
Twilight of the Thunder God e
The Pursuit of Vikings, col suo sing along, il compito di congedare un pubblico davvero entusiasta e partecipe.
Una nuova vittoria, quindi, per la possente formazione scandinava, che nonostante le distanze geografiche da queste parti sembra davvero giocare in casa.
Tornate presto, mi raccomando!
Live report di
Marco Cafo CaforioFoto di
Giulia BianchiAmon Amarth Setlist:
Father of the Wolf
Deceiver of the Gods
Death in Fire
Free Will Sacrifice
As Loke Falls
We Shall Destroy
Runes to My Memory
Varyags of Miklagaard
The Last Stand of Frej
Guardians of Asgaard
Shape Shifters
Warriors of the North
Destroyer of the Universe
Cry of the Black Birds
War of the GodsEncore:
Twilight of the Thunder God
The Pursuit of Vikings