Foto e report di Carlo Viano
Sono arrivati dal Texas, Australia, Svezia, gli irriducibili "usual suspects" dall'Inghilterra (autori di un grazioso siparietto a metà show quando fanno ingresso sul palco truccati cantando "Happy birthday" a tutta la band omaggiandola di una cassa di birra) per presenziare a questa data del "Silver jubilee" che celebra i 25 anni di carriera degli IQ, ricordati all'inizio del concerto tramite immagini che proiettavano artworks e titoli dei dischi in ordine cronologico nonchè l'elenco di tutti i membri che hanno militato nella band dal 1981.
L'inizio è un po’ stentato a causa della scelta dei brani (ma questa è solo una mia opinione personale): "Breathtaker" e "Wurensh" non sono tra i migliori estratti da "Subterranea" e "Are you sitting comfortably?", le cose però girano al meglio quando Nicholls, dopo aver salutato la folla del gremitissimo Colos-saal annuncia l'apripista di "Dark Matter", "Sacred sound", passando così il testimone a Martin Orford, il cui intro di tastiere è accompagnato dall'incessante e fragoroso battimani di tutti i presenti.
La folla è scaldata a dovere, pronta per l'ascolto in anteprima di uno dei due nuovi brani inclusi nel cd in uscita nel 2007: "Frequency" ed "Already gone" (eseguita più in là nel corso del concerto) non si discostano di molto dal tipico "Iq sound" che mescola atmosfere soffuse e malinconiche con tappeti di tastiere e struggenti quanto incantevoli guitar solos di Mike Holmes (padrone completo di "Frequency") non dimenticando l'intensità emozionale che solo la voce di Nicholls riesce a trasmettere in questi frangenti, paragonabile a quanto già sentito in pezzi come "Zero hour" o "Guiding light". Il passato più remoto della band rivive in "It all stops here", diventato ormai un classico nei live sets recenti, mentre dal repertorio più recente viene ripescata l'oscura "Erosion" (la cui resa live è superiore alla versione in studio), la sempre toccante "7th house" dedicata agli "absent friends" (i caduti e i feriti del primo conflitto, e per tutto il brano scorrono foto in bianco e nero di soldati nella prima guerra mondiale) e la trascinante "Human nature", brano cantato da Paul Menel in "Nomzamo" che da ormai più di 10 anni Nicholls ha saputo far suo senza far rimpianger l'originale e scatenando sempre l'audience nei momenti in cui canta "There's still time to join our show" e "Free as the wind, tall as the tree, wide as the mind, deep as the sea".
Calma, il meglio deve ancora arrivare: introdotta da Nicholls come "a blast from the past" ecco una delle 4 perle di "Tales from the lush attic", "The enemy smacks", capolavoro mai dimenticato della storia di tutto il new prog eseguito ancora in modo impeccabile con l'incontenibile istrionismo teatrale di Nicholls che per l'occasione rispolvera guanti, maschere bianche, il giubbottino grigio ed il mantello nero incappucciato, mima con il braccio l'atto di iniettarsi una dose di droga,esterna tutta la sua insicurezza ed alienazione, cammina barcollante e chiude trionfante al centro del palco spiegando al massimo l'apertura del mantello con fare sinistro e minaccioso mentre la band si adatta alla perfezione a tutti i suoi cambi di umore lasciando ad Holmes la stoccata finale. E' il tripudio, non si smette più di urlare ed applaudire, mentre tra uscite e rientri a gran voce sul palco scoppia l'apoteosi: il prog metropolitano accompagnato dal synth e dall'inarrivabile basso di Jowitt con "Subterranea" (cantata a squarciagola da tutti i presenti), la ritrovata "Widow peak", l'immancabile "The wake" (introdotta da Nicholls con "If you want jump, this is your opportunity", ed è tutto un batter di mani e piedi che saltellano) con l'inatteso finale in stile power-thrash (grande il drumming di Edwards) e l'immancabile "Awake and nervous" rovinata solo da un piccolo incidente tecnico nell'intro di tastiere di Orford ed inframmezzata da un momento di puro rock'n'roll con la cover di "Sweet Caroline degli Status Quo.
"Thank you, see you next 25 years!", quasi 2 ore e mezza con una band che guarda già avanti senza rimpiangere il proprio passato, forte di un drummer adattatosi completamente e capace di rendersi ancor più incisivo e presente del dimissionario Paul Cook (lo ha dimostrato al meglio specialmente in "Sacred sound" e "The wake), e come di consuetudine gli Iq sono grandi anche fuori dal palco: congratulazioni ai fans venuti da più lontano, battute scherzose (in questo Jowitt è maestro indiscusso), foto, autografi e l'arrivederci al prossimo tour.
Aschaffenburgh non è poi cosi' vicina come sembra, ma ancora una volta il viaggio mi ha ripagato con un'altra serata speciale in compagnia della mia band preferita.
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