“Hammerfall - we will prevail … Hammerfall - let us hail …” … ehm, scusate, ma sono in preda ad un attacco piuttosto aggressivo di
Hammerfall-ite, contrassegnato da imbarazzanti tentativi di riproduzione canora.
In realtà, sarebbe meglio parlare di una “ricaduta”, giacché tale patologia mi aveva colpito già nel 1997, momento storico in cui un certo tipo di sonorità di stampo “classico” non era esattamente al centro delle attenzioni del business musicale.
Questo show, al sempre accogliente e funzionale Live Club di Trezzo, anche a dispetto degli “imprevisti” (mentre il Calboni – Rapetti veniva accolto con tutti gli onori e il suo accredito con tanto di pass-photo era regolarmente registrato, quello del Fantozzi – Aimasso non è stato reperito … la cosa, peraltro, ha contribuito ad alimentare ulteriormente l’ego di Ermo, di per sé non proprio “gracile” … ehi, Sergio, scherzo né!), mi “costringerà” fatalmente ad andare a rispolverare (nel vero senso della parola!) la vecchia discografia degli svedesi, magari provando a rivalutare pure quella più recente, nei ricordi (un po’ vaghi, invero …) del sottoscritto troppo lontana dai fasti di “Glory to the Brave”.
Indipendentemente da ogni altra considerazione, la verità è che Joacim Cans e i suoi “pards” stasera mi sono sembrati davvero “in forma”, dominando il (suggestivo) palco con disinvoltura (“pose plastiche” comprese …) e riuscendo a sciorinare con determinazione ed energia un repertorio complessivamente abbastanza coinvolgente, almeno in un contesto “dal vivo”.
Prima di lasciare una dettagliata disamina tecnico-tattica al mio “socio”, affidandomi alla sua comprovata esperienza nel settore, voglio trasmettervi un paio d’impressioni personali anche su
Serious Black (per il tour privi di Roland Grapow e Thomen Stauch, egregiamente sostituiti da Bob Katsionis e Ramy Ali) e
Orden Ogan, saggiati per la prima volta.
In entrambi i casi, l’impatto è stato moderatamente positivo, sebbene sulla base dei “dati attuali” non mi senta di condividere l’entusiasmo un po’ sproporzionato che mi sembra li circondi … sarà necessario un ulteriore approfondimento e tuttavia nella “sfida” contingente con gli Hammerfall, non c’è stata partita.
Ok … esaurito il mio “dovere”, propedeutico alla minuziosa analisi che state per leggere, posso tornare ad assecondare i sintomi del morbo … “Now your blood begins to boil. Turn the crank of all the toil. Raise your fist and yell, born again … Live Life Loud!” … e buon per voi che non si tratta di un’audio-zine!
A cura di Marco Aimasso
Come al solito... quando Marco dice:
"il report lo fai tu!" e io gli chiedo almeno una piccola introduzione, alla fine si fa prendere la mano e in poche (ehm... !?!?!?) righe riesce a racchiudere tutto lo spirito della serata, lasciando ben poco terreno di manovra per il sottoscritto.
Partiamo comunque con gli opener della serata, dai
Serious Black che dopo aver catalizzato complimenti assortiti per il loro esordio "As Daylight Breaks", dimostrano di non essere l'ennesimo
studio project messo su per cacciare la noia e far cacciare qualche soldo agli appassionati. Peccato che ne trasformarsi in una
live band abbiano perso i due pezzi forti del loro gruppo, Roland Grapow e Thomen Stauch sostituiti, come il buon Marco ha già riferito, da Bob Katsionis (Firewind, oltre a un sacco di altre bands) e dal batterista dei Freedom Call (e non solo...) Ramy Ali. Non mancano all'appello il chitarrista Dominik Sebastian, Mario Lochert al basso, Jan Vacik dietro le tastiere e soprattutto il cantante Urban Breed, con l'ex Tad Morose che alla sua prima calata in Italia dimostra di saper tenere il palco con ottimi risultati, come quelli ottenuti con il singolo "High and Low" o con la conclusiva "I Seek No Other Life".
Eleganti, immediati e non esageratamente ridondanti, se daranno continuità al loro percorso musicale lasceranno sicuramente il segno.
Setlist:Temple of the Sun (intro)
Akhenaton
Setting Fire to the Earth
High and Low
Older and Wiser
Sealing My Fate
I Seek No Other Life
Dopo i multietnici Serious Black, sono i truci guerrieri teutonici
Orden Ogan a prendere possesso del palco. L'opener "F.E.V.E.R." svela apertamente le loro radici, un accattivante mix tra Running Wild e Powerwolf, con quel suo tiro metallico accompagnato da cori potenti e orecchiabili. Per quanto non mollino mai la presa sui presenti, devo ammettere che le prime ottime sensazioni sono andate via via un po' a scemare con lo scorrere del loro set, anche se brani come "To the End" o "Deaf Among the Blind" o i cori della conclusiva "The Things We Believe In" svolgono indubbiamente il loro
sporco lavoro, tuttavia dal vivo - almeno in questa occasione – pure "We Are Pirates" non riesce a incidere a dovere.
Ma forse erano semplicemente troppo alte le mie aspettative verso Levermann e soci, soprattutto dopo tutti i consensi strappati dal loro ultimo lavoro "Ravenhead".
Setlist:F.E.V.E.R.
To New Shores of Sadness
The Lords of the Flies
To the End
Ravenhead
We Are Pirates
Deaf Among the Blind
The Things We Believe In
Vedere salire sul palco gli
Hammerfall è un po' come ritrovarsi con dei vecchi amici, li ho visto spesso dal vivo, sin dal tour di supporto ai Gamma Ray subito dopo l'uscita di "Glory to the Brave" e non mi hanno mai deluso. E - spoiler - non lo faranno nemmeno stasera.
Certo, non sono più quelli di tanti anni fa, Cans si è fatto crescere la barba, Dronjak è diventato biondo e Stefan Elmgren ha perso ben due corde delle sua chitarra... già per sostituire (temporaneamente parebbe) il bassista Fredrik Larsson, gli Hammerfall si sono fatti dare una mano dal loro vecchio compagne di avventure, che sembra davvero a suo agio nel
nuovo ruolo, non rinunciando a qualche gag con Pontus Norgren e soprattutto a ritagliarsi lo spazio da protagonista come scafato axeman nel lungo medley strumentale piazzato a metà concerto, una parentesi dove vengono citati diversi pezzi tra quelli che
colpevolmente non trovano più spazio nella loro setlist.
Ecco, se proprio devo trovare un difetto alla serata, posso puntare il dito solo alla mancanza di pezzi come "The Dragon Lies Bleeding" o "Stronger than All", tuttavia comprendo che con una così nutrita discografia alle spalle vanno fatte delle scelte... per quanto quella di rinunciare a "Unchained" resti a imperdonabile!!
Joacim Cans si conferma un buon intrattenitore, ciarliero e un po'
tamarro, con Norgren, Elmgren e Dronjak (qualcuno ha contato quante t-shits si è cambiato?) che non rinunciano a quelle pose imparate guardando per anni con attenzione i Judas Priest, dando l'impressione di divertirsi anche loro sul palco, mentre il drumming di David Wallin (già all'opera con Pain e Stormwind) sembra aver dato un buon contributo in termini di potenza, dando garanzie per un futuro senza Anders Johansson.
Delle canzoni suonate stasera, ovviamente merita una citazione l'immortale "Glory to the Brave" ma devo riconoscere come nessuna non si sia meritata questa occasione.
Setlist: Hector's Hymn
Any Mean Necessary
Renegade
B.Y.H
Blood Bound
Heeding The Call
Let the Hammer Fall
Live Life Loud
400 Meter Medley
Threshold
Last Man Standing
Glory to the Brave
We Won't Back Down
Hammerfall
Encore: Templars of Steel
Hearts Of Fire
A cura di Sergio Rapetti