La seconda edizione del Frontiers Rock Festival si conclude con un grande e meritato successo di pubblico, attirato in quel del Live di Trezzo sull'Adda da un bill di assoluta qualità.
Moltissima gente (anche se non il pienone che mi immaginavo) partecipa all'evento, quest'anno ridotto purtroppo da tre a due giornate.
Passeggiando per la sala e curiosando tra i ben assortiti stand, ci si rende conto che nonostante sia appena nato il Festival ha già una decisa connotazione internazionale: non è infatti difficile captare truci volgarità o erudite disquisizioni musicali in tutte le principali lingue europee.
La location per un evento di queste dimensioni si dimostra ideale così come geniale la possibilità di poter sfruttare il giardino adiacente al Live per parlare, riposare o semplicemente prendere una boccata d’aria tra un esibizione e l'altra.
Colpisce inoltre la distesa e rilassata atmosfera di festa che si respira durante il festival: praticamente tutte le band e gli artisti in cartello (tranne rarissime eccezioni), prima e/o dopo le proprie esibizioni si soffermano in sala o nel giardino a parlare, bere o anche solo a farsi fotografare con i fans.
Parliamo di musica.
Tocca alla svedese
ANGELICA il compito, mai facile, di aprire il festival. Molta melodia, un buon gruppo alle spalle e ritornelli accattivanti, forse un po' facilotti. Non malaccio in ogni caso la prima mezzoretta passa gradevolmente.
Tutt'altra storia con i
PRAYING MANTIS, gruppo a cui personalmente avrei dedicato ben più dei quaranta minuti a loro disposizione.
Show fenomenale con un grande
Tino Troy alla chitarra ed un potente e motivatissimo
John Cuijpers al microfono. Bravissimi, la classe non è acqua.
Facciamo un salto generazionale con i giovani
ECLIPSE. Gli svedesi sono veri maestri della melodia e sprigionano un'energia incredibile. Partono a bomba con l'ottima “
I don’t wanna say I’m sorry" e riescono a mantenere sempre alto il livello dello show grazie soprattutto al simpatico e iperattivo (forse l’aggettivo schizzato rende meglio…)
Erik Martensson che non smette un attimo di giocare e torturare l'asta del microfono. Gruppo da seguire.
È la volta di un altro gruppone, i
BURNING RAIN guidati dal chitarrista
Doug Aldrich (ex
Whitesnake e
Dio) e dal cantante
Keith St. John (ex
Montrose). Concerto molto affascinante, quadrato e robusto, che lascia trapelare le pesanti influenze Hard rock-blues del quartetto americano. Buoni i pezzi propri della band anche se sono le cover di “
Steal Your Heart Away” dei
Whitesnake e “
Kashmir” de
Led Zeppelin a riscuotere i maggiori apprezzamenti. Bravo Aldrich (non è una novità) e altrettanto bravo St. John non solo per la sua carismatica presenza scenica (abbigliamento in stile '70s e una certa somiglianza anche fisica con il giovane Robert Plant) ma anche per la sua timbrica e la calda e personale interpretazione di ogni brano.
Prima volta in assoluto in Italia per gli
FM, storico gruppo attivo dai primi anni 80 e autore pagine importantissime nella storia del melodic rock.
Concerto perfetto,
Overland bravissimo assolutamente impeccabile così come la sua voce che sembra non risentire minimamente del passare del tempo.
La raffinatezza e la gran classe del quintetto britannico fanno sì che la loro esibizione risulti probabilmente la più apprezzata da moltissimi dei presenti, tutti in coro a cantare "
I Belong To The Night"...
HAREM SCAREM strepitosi, a mio avviso i migliori della giornata.
Con “
Garden of Eden” dall’ottimo nuovo album “
Thirteen” aprono uno show che si mantiene ad altissimi livelli senza mai alcun calo di tensione.
Solo la capigliatura ed il look di
Harry Hesse non sono più quelli di un tempo, la sua splendida voce e la magia che sprigiona con il gruppo sono invece assolutamente immutati.
“
Dagger”, “
Saviour never cry”, “
All I need”, “
Sentimental Boulevard”…un godimento unico.
Molto bravo anche il chitarrista che all’ultimo ha avuto il non facile compito di sostituire il titolare
Pete Lesperance.
Son quasi le undici e manca solo lui, il buon
JOE LYNN TURNER ma, mi spiace dirlo, per quanto mi riguarda si rivelerà una mezza delusione.
Probabilmente per problemi dovuti a raffreddore o malesseri vari (si giustifica anche con un “I’ll do my best”) la sua voce non mi sembra all’altezza e ogni tanto si dimostra in difficoltà.
Niente di grave comunque, con il giovane gruppo che lo accompagna, ci propone una serie di brani da paura, ovviamente incentrati sulla tirade
Deep Purple-Rainbow-Malmsteen. Sicuramente mi aspettavo di sentirlo cantare pezzi che lui ha contribuito a nascere come “
I Surrender”, “
Stone Cold”, “
Street Of Dreams".
Mi ha lasciato un po’ perplesso invece l’inserimento in scaletta di pezzi quali “
Highway Star”, “
Perfect Strangers”, “
Smoke On The Water” o “
Long Live R’n’R” e “
Man on the silver Mountain” dei Rainbow dell’era Dio.
In ogni caso tutti vogliamo bene a mr Turner e gli perdoniamo questo piccolo peccatuccio veniale evitando di parlare di appropriazione indebita…
Testo e foto: Cesare Macchi
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