(18 luglio 2015) Devin Townsend Project and Anathema, 18.07.2015 Milano, Fabrique

Info

Provincia:MI
Costo:25€ in prevendita, 30€ in cassa
FRAGILI EQUILIBRI MATRIMONIALI
Mia moglie, in tutta onestà, aveva piani diversi per il weekend.
Sciogliersi come un cono gelato in quel di Milano, sotto i colpi di un sole implacabile e di centinaia di ascelle metalliche tonanti, non so come mai, non era esattamente in cima alla sua wishlist.
Misteri.

Fatto sta che, una volta tanto, è stato il sottoscritto a determinare il programma del fine settimana: troppo succulenta l’accoppiata AnathemaDevin Townsend Project, anche se avevo già assistito ad altri loro concerti in passato.
La domanda, come si suol dire, nasce a questo punto spontanea: al termine della serata avrò maturato titolo per rivendicare la bontà della mia scelta, incrementando così il mio -comunque esiguo- peso specifico all’interno della coppia? O, al contrario, l’aver preferito un concerto a mari, monti o laghi sancirà il definitivo crollo del mio credito coniugale e costituirà precedente così negativo da venirmi rinfacciato per i successivi 2-3 mesi?
Per scoprirlo, cari lettori, non dovrete far altro che proseguire nella lettura…

INIZIO IN SALITA
L’impatto, ahimè, non è dei più positivi.
Giunti alle 19:05, ci accorgiamo che i cancelli del Fabrique sono ancora ben asserragliati, nonostante il programma prevedesse l’apertura alle 18:00 e l’inizio dei concerti alle 19:00.
Sempre in tema di discrepanze: appare da subito palese che, contrariamente a quanto annunciato, oltre ai due gruppi principali non suonerà alcun misterioso special guest.
Oltre a ciò, spendere venti euro per quattro birrette servite in bicchierini da amaro (o giù di lì) non aumenta necessariamente il buonumore. Almeno era ben fredda…
Da ultimo, spiace registrare per l’ennesima volta un'affluenza di pubblico non eccezionale: pur con tutte le solite attenuanti generiche, credo che un evento così intrigante avrebbe meritato maggior affluenza.

D’altra parte, non tutto il male vien per nuocere: quando gli Anathema salgono sul palco mi trovo in una seconda fila guadagnata con agio, lieto di potermi gustare l’esibizione da vicino e senza dover battagliare per tener la posizione…

ANATHEMA
Spetta proprio alla drammatica Anathema l’onere di rompere il ghiaccio.
La terminologia non è casuale: chi conosce la band inglese sa della presenza scenica timida, quasi riluttante della maggior parte dei membri: credo che Jamie, per dire, non abbia mosso un singolo passo durante l’intero show; il solo Danny Cavanagh -piuttosto ingrassatiello in verità- tenta di coinvolgere il pubblico con un linguaggio del corpo più energico.
Poco male: il coinvolgimento sgorga direttamente dalle impareggiabili melodie, trae linfa da una esecuzione impeccabile e da suoni ben bilanciati, si alimenta grazie a una setlist non perfetta ma comunque grandiosa.

Dopo il primo brano, cantato in solitaria dal buon Vincent -anche lui appesantitosi e sempre più somigliante a una via di mezzo tra Robert Smith dei Cure ed Edward Mani di Forbice-, fa il suo ingresso sul palco Lee Douglas. Untouchable Part I è il primo highlight della serata, un gioiello seguito a ruota dalla sognante Thin Air, la cui resa viene leggermente inficiata da alcuni problemi con l’impianto audio.
Entrambi i cantanti, a mio avviso, meritano lodi: il primo dona ai presenti l’ennesimo sfoggio di un’intensità interpretativa pressoché inarrivabile; la seconda non è da meno, dimostrando grande calibro e invidiabile padronanza nei duetti, gestiti alla perfezione.

Seguono The Lost Song Part 1, uno degli episodi migliori dell’ultimo lavoro, e la splendida Lightning Song.
I cambi di ruolo (lungo l’arco del concerto John Douglas si alterna col bravo Daniel Cardoso dietro le pelli, mentre quest’ultimo si concede saltuarie incursioni alle tastiere) aggiungono un pelo di dinamismo allo show, che prosegue con due capolavori di composizione ed arrangiamento: il magistrale crescendo di The Beginning and the End ed il pinkfloydiano incedere di Universal formano un’accoppiata da brividi.
Chiusura in leggero calo con la recente Distant Satellites, che già in studio mi convinceva sino a un certo punto e che dal vivo non riesce a farmi cambiare idea (anche a causa di un tappeto ritmico dubstep troppo sovrastante a livello di mixing).

Finisce così, dopo un’ora esatta, una prova senz’altro positiva da parte di una band speciale, che mi auguro torni presto dalle nostre parti (Vincent, se non erro, ha spifferato che dopo l’estate entreranno in studio per incidere un nuovo disco).
Certo: un quarto d’ora in più e almeno una canzone concepita prima del 2010 non avrebbero certo guastato, ma tant’è.

DEVIN TOWNSEND PROJECT
Chi bazzica queste pagine virtuali con assiduità saprà della mia sfegatata passione per il musico canadese impegnato sulle assi del Fabrique questa sera. Passione che, tuttavia, non mi aveva impedito di rilevare qualche lieve criticità nel concerto di Trezzo dello scorso marzo.
Stavolta nulla può essere eccepito sotto il profilo esecutivo: la band è in forma smagliante, la voce di Devin pure; i suoni, da ultimo, fanno ciò che devono: rendere ancor più schiacciasassi la prestazione dei Nostri.

Discorso diverso per la setlist, con ogni probabilità migliore nella precedente calata italica del musicista canadese: brani come Deadhead e Bastard, a mio avviso, non possiedono struttura e caratteristiche ideali per una riproposizione in sede live, mentre la più recente A New Reign continua a lasciarmi freddo.

Ben altro impatto dimostrano la poderosa March of the Poozers, la trascinante Ziltoid Goes Home e la frenetica More!, tra i momenti migliori di un concerto dominato dalla prestazione monstre del drummer Ryan van Poederooyen, rara sintesi di potenza, precisione e groove.

Townsend, dal canto suo, sembra non curarsi di un’audience non oceanica e piuttosto cheta: fa smorfie, ride, ringrazia a più riprese, si concede un paio di supercazzole dimostrando, una volta ancora, un carisma innato che non abbisogna affatto di look risibili o logore pose da rocker consumato, ma che anzi si glorifica nella semplicità e nella naturalezza di un artista vero (quest’ultima frase è davvero triste, me ne rendo conto, ma mi è uscita così e ve la tenete).

Pian piano, la formazione metal con meno centimetri complessivi di capelli della storia giunge al termine della scaletta: come lo stesso Devin ammette scherzosamente (“Sapete cosa suoneremo ora: siamo prevedibili”) la chiusura è affidata alle immancabili Kingdom e Christeen, sempre stupende.

IL MATRIMONIO, PER ORA, E’ SALVO
Nonostante le piccole falle iniziali, la serata si è rivelata un successo. Le due esibizioni sono state davvero di alto livello, e le maglie larghe del pubblico, così come la mancanza di pogo, ne hanno permesso una fruizione piena e rilassata.
La perfezione non è di questo mondo, e qualcosina in più si poteva fare: mi riferisco soprattutto alla durata delle esibizioni e ad alcune scelte di scaletta. Inoltre, l’annuncio dell’evento recitava “saranno molte le sorprese”, ed io già sognavo un duetto Devin-Lee su Ih-Ah
Voli pindarici a parte, me ne torno a casa soddisfatto. Credo ciò valga anche per mia moglie, ma vi darò conferma nelle prossime settimane…

ANATHEMA setlist:
1 – Anathema
2 – Untouchable, Part 1
3 – Thin Air
4 – The Lost Song, Part 1
5 – Lightning Song
6 – The Beginning and the End
7 – Universal
8 – Distant Satellites

DEVIN TOWNSEND setlist:
1 – Rejoice
2 – Night
3 – Namaste
4 – Deadhead
5 – Supercrush
6 – March of the Poozers
7 – A New Reign
8 – More!
9 – Ziltoid Goes Home
10 – Bastard
11 – Grace
12 – Kingdom
13 – Christeen
Report a cura di Marco Cafo Caforio

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 02 ago 2015 alle 11:13

Ciao amici! Per ora il matrimonio tiene dai, aspettiamo l'uscita del nuovo Maiden ed i concerti autunnali per conferme ulteriori... Grazie per i commenti!

Inserito il 01 ago 2015 alle 10:51

Bravo, bravooo!

Inserito il 01 ago 2015 alle 00:22

Ue Cafo, son passate due settimane, come va a casa? Come dici? Lei è al mare e tu ancora in studio? Ah ok ;) Bel report, come sempre :)