Fino a pochi mesi fa non avrei scommesso un soldo bucato sull’eventualità di poter vedere
Mike Browning in Italia, men che meno a eseguire i pezzi dei
Nocturnus che nei primi anni ’90 contribuirono in modo rilevante a espandere i confini del death metal.
La serata milanese di venerdì 24 ottobre ha però smentito ogni mia reticenza. Il palco dello Zoe Club, infatti, è stato teatro di resurrezione per le innovative composizioni del gruppo americano, il cui nome latitava dal settore da quasi un decennio (l’ultimo album della band, per altro orfana di Browning è, infatti, datato 2000).
A onor del vero va, comunque, sottolineato che a eseguire i brani di
The Key non furono gli originali autori delle composizioni, bensì la band con cui attualmente Browning si accompagna per i palchi mondiali, cioè gli
After Death, anche loro stanziati a Tampa e sempre dediti al death metal, ma dalle tinte più fosche rispetto allo stile Nocturnus.
La sera del concerto me la presi certamente comoda per raggiungere il locale, in cui entrai giusto in tempo per assistere alla partenza dei Nocturnus che si erano installati sul palco dopo l’avvicendarsi di una serie di supporter (Memorial, Slither, Punish, Violated) alquanto fuori luogo nel contesto del concerto, fatta forse eccezione per gli elvetici Punish.
Ad ogni modo, non ci fu il tempo per perdermi in voli pindarici, perché la mia attenzione fu immediatamente catalizzata da
“Lake of fire” in cui il gruppo diede immediata dimostrazione delle proprie doti che personalmente mi lasciarono piacevolmente stupito.
L’incanto da cui fui rapito mi trascinò vorticosamente nell’ascolto estasiato e attento di tutti i pezzi successivi:
“Neolithic”,
“Andromeda Strain” (che colpevolmente riconobbi solo dopo un acceso dibattito con i miei compagni di trasferta) seguita da
“Droid sector”,
“Standing in blood” e dalla stupenda
“Before Christ/After death” sulle cui note esplose il primo momento d’incontenibile euforia tra un pubblico tutto sommato contenuto per gli spazi a disposizione del locale, ma assolutamente entusiasta e presente, in particolare nelle prime file dove i testi dei brani si cantavano costantemente assieme a Browning.
La serata, dopo cinquanta minuti scarsi d’esibizione, pareva destinata a concludersi, ma il pressing sostenuto del pubblico ha convinto gruppo e gestione del locale a concedere ancora qualche minuto al concerto, lasciando spazio a un paio di vere e proprie chicche: trattasi di
“Angel of disease” e
“Chapel of ghouls” che i Nocturnus ripescano direttamente dal primordiale repertorio dei
Morbid Angel di cui Browing fece attivamente parte tra l’84 e l’86, giusto in tempo per concedere batteria e voce alla registrazione di
“Abominations Of Desolation”.
Chiuso l'ultimo, intensissimo, momento di tripudio tra il pubblico, per i Nocturnus/After Death è giunto il momento di accomiatarsi dalla serata senza tuttavia lesinare, nel corso dell’ora successiva, fraternizzazioni varie con chi li ha seguiti e spasmodicamente apprezzati nel corso di una serata perfetta per il gruppo e per tutti quelli che da anni attendevano di poter ascoltare il repertorio di Browning dal vivo.