Ridi e scherza, è già la terza volta che il mio sentiero incrocia quello dei
Ghost. Certo, nelle due occasioni precedenti si era trattato di un meeting piuttosto incidentale: sia a
Barcellona che a
Milano, nel 2013, la misteriosa band svedese “si limitava” a suonare prima dei miei adoratissimi
Iron Maiden (e nemmeno granché bene nella seconda occasione).
Stasera, al contrario, giungo da
Mantova sino a
Trezzo appositamente per loro, con inevitabile innalzamento dell’asticella delle aspettative.
Aspettative vieppiù corroborate da un sorprendente full length fresco di stampa, “
Meliora”, capace di mettere d’accordo la critica di settore (compreso il sottoscritto, che ancora si cruccia per aver affibbiato al lavoro in questione un “misero” 7, quando avrebbe in realtà meritato addirittura un punticino in più), e da una continua ascesa in termini di popolarità, status e dati di vendita.
E il pubblico, in effetti, è già folto al mio arrivo, per una volta puntuale e non inficiato da magagne lavorative dell’ultimo istante, code in autostrada o altri contrattempi vari ed eventuali.
Certo che, col senno di poi, un fornello acceso, una chiave lasciata nella toppa o una deviazione in tangenziale non avrebbero guastato più di tanto…
DEAD SOULIn contrapposizione alle recensioni perlopiù benevole che si rinvengono in giro per la rete, non ero stato tenero nell’analizzare il secondo disco dei
Dead Soul, “
The Sheltering Sky”. Ma si sa: ciò che langue in un freddo studio di registrazione può sbocciare sulle assi di un palco.
E infatti…
No ahimè, infatti un bel nulla: se possibile, i Nostri in dimensione live mi hanno convinto ancor meno.
Le colpe di una esibizione elettrizzante quanto un corso di acquagym per novantenni vanno equamente distribuite:
- problemi di sound: bassi sordi e distorti, drum machine dapprima impalpabile e poi troppo invadente (questa, almeno, non è pecca direttamente riconducibile ai musicisti);
- problemi di presenza scenica: statici e col carisma di un comodino in finto legno (ivi compreso il singer, sorta di malriuscita via di mezzo tra
Walter White e
Francesco De Gregori), i tre musicisti non provano nemmeno a coinvolgere un pubblico che svaria dal perplesso al disinteressato, passando per l’attonito;
- problemi di collocazione: nemmeno stavolta si può accusare i
Dead Soul stessi, ma sarebbe comunque interessante capire chi abbia maturato la stravagante idea di abbinare ai
Ghost una band
dark-blues-industrial a cavallo tra
Depeche Mode e
Nine Inch Nails, che con gli headliner condivide giusto la nazionalità. Misteri…;
- problemi musicali: purtroppo non ci si scappa, continuo a ritenere la proposta della compagine scandinava originale ma ad oggi trascurabile, involuta sotto il profilo melodico, carente sotto quello compositivo. I pezzi mancano di dinamica, le linee vocali lasciano il segno troppo di rado, i ritornelli vengono reiterati con una ostinazione che non trova giustificazione, vista la modesta qualità degli stessi...
Non vorrei sembrar spietato, eppur ritengo che il gelido applauso che accompagna il gruppo fuori dal palco dica molto più di tutti i miei rimbrotti.
Avanti il prossimo, grazie.
GHOSTIl prossimo, dicevamo: eccoli qui, dopo un’attesa piuttosto lunga (le luci non si spengono prima delle 21:45) fatta di musica liturgica e incenso, gli headliner della serata, i quali irrompono sul palco al termine dell’intro “
Masked Ball” -dalla colonna sonora di “
Eyes Wide Shut”-.
Dapprima assistiamo all’ingresso dei
Nameless Ghouls -molto più stilosi rispetto al passato, grazie a maschere e completi nuovi fiammanti-; poi tocca a
Papa Emeritus III palesarsi intonando le minacciose note di “
Spirit”, opening track di “
Meliora” cui viene affidato il compito di dare inizio alle danze (macabre).
Nonostante un sound non perfettamente distinguibile e chitarre non ancora mixate a puntino, il pubblico dimostra di gradire eccome.
Pubblico quanto mai eterogeneo, tanto in termini di età che di “tipologia”, sintomo che la proposta -e la strategia di marketing- dei
Ghost ha saputo accalappiare un target trasversale, per nulla confinato negli angusti confini metallici e potenzialmente molto ampio.
Se per voi ciò comporti paraculaggine e sputtanamento (che vocaboli indegni) non lo so; quello che so è che i sei nemici di
Pacman scrivono ottime canzoni e hanno tutte le carte in regola per confezionare uno show di alto livello.
E così un bellissimo impianto luci, un backdrop oltremodo suggestivo (il cui stile grafico ricorda da vicino quello di
Alphonse Mucha) e le movenze studiatissime dei musicisti forniscono la perfetta cornice a un concerto che, in ogni caso, garantisce anche tanta sostanza.
Non serviva certo il
Mago Gabriel (ricordate
Mai Dire TV?) per predire che brani come “
Con Clavi Con Dio”, “
Per Aspera ad Inferi” o “
Ritual” -mamma mia quanto la godo- sarebbero stati accolti con entusiasmo dagli astanti.
Era forse meno pronosticabile l’eccitazione che generano le nuove “
Majesty”, “
Absolution” e “
Mummy Dust”. Discorso a parte per le strepitose “
Cirice” e “
He Is”, a mio avviso già oggi, a dispetto della giovane età, annoverabili quali classici del repertorio della band e, mi auguro, capisaldi inamovibili delle future setlist.
Non parleremo degli
Yes, ve lo concedo, ma strumentalmente assistiamo comunque a una prova solida, vigorosa ed efficace, senza fronzoli od orpelli ad appesantire l’apparato melodico dei brani.
Come ovvio, al singer papale vengono riservate maggiori attenzioni, e lui, conscio di ciò, offre la prestazione che ci si aspetta: teatrale, carismatica ("
Non abbiamo paura!" esclama con buon italiano per esorcizzare i demoni del
Bataclan) suadente, algida… e sin troppo dopata da tracce vocali in appoggio, tanto sui chorus che sulle strofe. Ma d’altra parte, come giustamente mi fa notare mia moglie, non è lecito attendersi backing vocals “vere”, visto che le maschere dei
Nameless Ghouls non prevedono aperture all’altezza della bocca…
Il livello d’intensità emotivo non scema affatto con “
Year Zero” -una delle mie preferite-, né col riff
simil-surf di “
Ghuleh/Zombie Queen” e con una riuscitissima versione acustica di “
Jigolo Har Megiddo”.
Vi dirò: la stessa “
If You Have Ghosts”, che in occasione dell’
EP omonimo avevo trovato piuttosto stucchevole, acquisisce in questa occasione un senso e calibro davvero inattesi.
La conclusione? Ovviamente riservata a “
Monstrance Clock”, col suo fantastico ritornello-tormentone intonato a piena voce dagli astanti, grandi e piccini, metallari e non.
Nostro Signore Lucifero avrà senz’altro apprezzato.
Certo che un posticino per
Elizabeth potevate trovarlo, satanisti cattivoni che non siete altro…
Bando alle recriminazioni: al termine dello show sembrano tutti contenti e soddisfatti.
Personalmente, lo sono senza alcun dubbio: da qualche anno ormai ho deciso di scommettere su una band controversa, che divide, invisa a molti.
Beh, stasera credo proprio di aver vinto io.
Costruiti a tavolino quanto volete, ma bravi, bravi e ancora bravi.
Come together, together as a one
Come together for Lucifer’s sonGHOST setlist:
1-
Spirit2-
From the Pinnacle to the Pit3-
Ritual4-
Con Clavi Con Dio5-
Per Aspera ad Inferi6-
Majesty7-
Body and Blood8-
Devil Church9-
Cirice10-
Year Zero11-
He Is12-
Absolution13-
Mummy Dust14-
Jigolo Har Megiddo15-
Ghuleh/Zombie Queen16-
If You Have Ghostsencore:
17-
Monstrance ClockReport di
Marco "Cafo" CaforioFoto di
Giulia Bianchi