Non nego di essermi avvicinato a questa data con una certa perplessità, non ovviamente per i
Testament dato che adoro da sempre la band di
Eric Peterson, per il sottoscritto davvero da mettere nei Big ben al di sopra persino di
Anthrax e
Slayer, quanto per il dubbio sollevatomi la domenica precedente da un certo
Bruce Dickinson che, sebbene sia una leggenda, subisce anch’esso lo scorrere degli anni e degli acciacchi: “chissà come saranno ridotti, specie Chuck dopo l’operazione e la malattia, anche lui ormai ha una certa, sicuramente canterà solo in growl…”. STICAZZI!
Questa la risposta che i Testament mi hanno stampato in faccia con un frontino da antologia. Una prestazione mostruosa, incredibile, che sinceramente mi ha rincuorato e ha dato una bella boccata d’ossigeno ad una scena metal, quella formata dai grandi vecchi, che si sta inesorabilmente (e naturalmente…) sgretolando ed esaurendo, ma qualcuno ancora resiste. Ma andiamo con ordine.
Dopo tanti anni torno al PalaCisalfa che da ragazzino mi ha visto calcare quel campo da calcio a 5, quando ancora la superfice era di erba sintetica (di prima generazione…praticamente una moquette salata…delle bruciature sulle gambe che levate!), ed ancora immagino gli spalti, le porte, le linee…e sono passati quasi 30 anni. Invece arrivando davanti all’ingresso non posso che constatare che due cose, ovvero che causa lavoro ho perduto entrambe le band di apertura (una volta i concerti a roma portavano ritardi abissali, minimo di due ore, non ci sono più le vecchie cattive abitudini di una volta!) e che ci sarà una bella cornice di pubblico, non quanto quella presente al tour celebrativo di “
Rust in Peace” dei
Megadeth che presentava più di un tutto esaurito, ma comunque il Pala Atlantico – ah già si chiama così oggi, ma per me sarà sempre il PalaCisalfa – offre un colpo d’occhio assolutamente competitivo.
La nota negativa, pesantemente negativa, è che si era presentata la data come “open air” e che invece il tutto si svolge nella solita fornace interna, che d’estate offre delle temperature proibitive ed un tasso di umidità degno della foresta amazzonica. A parer di chi scrive, nella mente degli organizzatori non c’è manco mai stata l’intenzione di allestire il palco all’esterno, ma probabilmente pubblicizzare il concerto come all’interno avrebbe fatto desistere più di qualche spettatore… in ogni caso comportamento poco corretto ed assolutamente non cristallino. Al suddetto concerto dei Megadeth qualche anno fa si crepava letteralmente, tanto che mi misi ad ascoltare il tutto da appena fuori le porte per non morire asfissiato, stavolta la situazione era più sostenibile ma certo sarebbe ben più gradevole che ciù che viene pubblicizzato fosse poi eventualmente svolto. E vabbè.
Arrivano i
Testament. E sono delle macine. Dietro la batteria c’è un
Gene Hoglan sensibilmente dimagrito rispetto a quella montagna obesa di qualche anno fa, intendiamoci è sempre un bel ciccione ma molto più fino rispetto a prima e questo non può che essere un bene, non foss’altro per la sua salute. Il suono della batteria è limpido e chiaro e ne possiamo apprezzare al meglio tutta la potenza e precisione, cosa che non possiamo dire di tutto il resto degli strumenti. Rispetto al Sonisphere, qui c’è il problema inverso: i suoni sono troppo alti e le chitarre sono completamente impastate, si crea un “WWWWOOWWWOWOWOWOWWWW” indistinguibile che cessa per pochi istanti solo nei momenti in cui un fomentatissimo
Skolnick (ehi, ma non avevi detto che il metal ti aveva stancato, tipo una ventina di anni fa?) suona in maniera impeccabile i propri solos. Al basso c’è
Steve Di Giorgio e, presenza scenica a parte, poteva anche andarci il Graz ad imbracciarlo poiché non si è sentita una singola nota di quanto è stato suonato, e con Di Giorgio non è manco una novità…tralasciamo il pietoso teatrino finale a mo’ di bestemmie ad incitare il pubblico, e poi si vanno a lamentare di come siamo trattati ed inquadrati…
Veniamo al protagonista assoluto della serata, ovvero un
Chuck Billy stratosferico. Altro che solo growl! Chuck è in formissima, è buono e simpatico come sempre, incita e ringrazia il pubblico, fomenta e suona la sua asta del microfono come se fosse la più potente delle chitarre, e soprattutto canta da Dio: dai brani tratti da “
The New Order”, a quelli di “
The Gathering” fino agli ultimi di “
Dark Roots of Earth”, non fa una piega nemmeno nei momenti più melodici ed alti, in cui la sua ugola riesce ancora ad arrivare, dopo così tanti anni ed un problema non indifferente alla gola. Che felicità! Dopo l’iniziale “
Over the Wall”, il loro manifesto assoluto, è tutto uno snocciolare classici alternati a qualche pezzo nuovo, e così si susseguono “
Rise Up”, “
More than Meets the Eye” e “
Native Blood” insieme alle vecchie “
The Preacher”, “
The Haunting”, “
Practice What You Preach” (clamorosa!) e la classica “
Into the Pit”, dedicata al pubblico che da 30 anni ormai li segue e mosha insieme a loro.
C’è ancora spazio per “
The New Order”, la rallentata “
Dark Roots of Earth”, le devastanti “
DNR” e “
3 Days in Darkness” ed il finale affidato a “
Disciples of the Watch”, “
Alone in the Dark” e la conclusiva “The Formation of Damnation”, con cui i Testament si congedano dal pubblico dopo quasi 2 ore di spettacolo ad altissimi livelli.
Cosa chiedere di più da loro? Beh, si va solo sui dati oggettivi, ovvero un’acustica migliore, e sui gusti personali, come per quanto mi riguarda la totale assenza di brani da “
Souls of Black” e “
The Ritual” ma ci possiamo passare sopra.
Finito il concerto, come da sempre accade al PalaCisalfa, veniamo letteramente trascinati via dalla sicurezza, nemmeno il tempo di una birra o una chiacchierata riguardante le impressioni post-concerto. E vabbè, reprise.
Percorrendo il vialetto di uscita, non posso far altro che sorridere pensando all’esibizione dei Testament che nel 2016 sono ancora in forma e a denti stretti mantengono la loro posizione tra i leader della musica thrash di tutti i tempi: quale giovane band può solo lontanamente pensare di stargli dietro per qualità della musica proposta ed intensità sul palco? Ci attendono giorni grigi all’orizzonte ma il sole di cui abbiamo goduto in questi 30 anni non se lo godrà mai più nessuno.
Si ringrazia la Hellfire Booking per la collaborazione.
SETLIST:
Over the Wall
Rise Up
The Preacher
The Haunting
More Than Meets the Eye
Practice What You Preach
The New Order
Dark Roots of Earth
Into the Pit
D.N.R. (Do Not Resuscitate)
3 Days in Darkness
Native Blood
Disciples of the Watch
Alone in the Dark
The Formation of Damnation