Per una volta non sono nè Milano nè Roma ad ospitare l'unica data italiana di un qualche gruppo, bensì la nordica
Bolzano che questa sera fa da cornice all'unica comparsata in Italia dei maestri
Dying Fetus. La location designata è il
Bunker, locale ben noto al pubblico altoatesino, il quale ha avuto la possibilità di vedere qui all'opera band come
Kataklysm,
Misery Index,
Graveworm e tante altre. Il posto è piuttosto piccolo, con il palchetto rialzato di pochi centimetri rispetto al pubblico in modo da annullare ogni distanza, concettuale e fisica, tra chi suona e chi ascolta. L'atmosfera che si respira è quindi molto intima, non a caso i 200 biglietti disponibili per l'evento sono stati spazzolati in poco tempo e il Bunker si presenta da subito bello gremito, e con sommo stupore di chi scrive, soprattutto da giovanissimi metallari e mettallare. Guardando rapidamente l'audience, è facile riconoscere molti dei volti che popolano la scena dell'Alto Adige e che bazzicano spesso i vari concerti e festival della zona, come per esempio il
Badia Rocks. Non a caso girando per il locale è il tedesco la lingua che è più facile sentir parlare.
A dare inizio al concerto tocca ai
Coma, band che si segnala per la giovanissima età dei suoi componenti, ad occhio e croce intorno alla ventina. La loro musica è un deathcore piuttosto canonico, abbellito però dall'utilizzo di una tastiera che almeno fa sembrare meno scontata la musica del gruppo. I ragazzi danno prova di saperci fare sia con gli strumenti, chitarra e batteria in primis, sia dal punto di vista della presenza scenica, dimostrando di saper tenere il palco in maniera convincente; sotto al palco è facile ritrovare la fetta di audience più giovane, che mostra il suo apprezzamento per il gruppo e non fa gli mancare il proprio supporto.
A causa di un Bunker colmo fino a rendere difficoltosa la respirazione, si decide di prendere una boccata d'aria e per questo motivo sono impossibilitato a fare il report dei due gruppi successivi, i
Dread e i
Day Shine Rising, che ho avuto modo di sentire solamente di sfuggita e dall'esterno del locale.
Raccolto più ossigeno possibile, si rientra per assistere all'esibizione dei co-headliner, i tedeschi
Deadborn: il loro concerto dura una quarantina di minuti durante i quali il gruppo investe gli astanti con una scarica di death metal tecnico e brutale, sulla falsariga di band come i Decapitated e i Necrophagist. Si inizia così a fare sul serio, con il pubblico che si dimostra molto ricettivo e che da il via ad un moshpit brutale che accompagnerà tutta l'esibizione dei tedeschi. I brani sono complessi e ricercati, a tratti persino troppo, ma la botta che i Dead Born sprigionano è veramente potente e l'headbanging e il pogo ne sono una naturale conseguenza. Curioso sentire il cantante parlare al pubblico in inglese, mentre sarebbe stato sufficiente parlare in tedesco..probabilmente non era al corrente che la maggior parte dei bolzanini è germanofona. Concluso il concerto, si ha la netta sensazione che la serata è solo all'inizio e che il bello arriverà da lì a poco.
Sono circa le undici e mezza ed i
Dying Fetus salgono sul palchetto. Basta che le prime note di
"Blunt Force Trauma" arrivino a contatto con le orecchie del pubblico che si scatena il macello più totale: nelle prime file il mosh si fa cattivo come non mai, accompagnato dallo stage diving e da gente che vola in continuazione sul pubblico, mentre nelle fila più arretrate è l'headbanging a tenere banco. Dopo qualche attimo per studiare l'entità della ressa sotto al palco e per valutarne l'effetto distruttivo che avrebbe potuto avere sui denti e sul naso di chi scrive, il Vostro Affezionatissimo mette da parte ogni titubanza a si getta nella mischia. Per questo motivo mi è impossibile fornirvi la scaletta esatta suonata dai Dying Fetus. La band, costituia dai soli
John Gallagher,
Sean Beasley e
Trey Williams, spacca tutto, riproponendo in maniera fedelissima alle registrazioni su disco le canzoni della setlist, non dimenticando per questo l'aspetto scenico, scapocciando a più non posso. Spettacolare vedere alternarsi dietro al microfono Gallagher e Beasley mentre sono intenti a suonare brani tratti da
"Killing On Adrenaline" o
"Destroy The Opposition", di certo non facili da suonare come
"La canzone del sole" di Battisti. Eppure nemmeno una nota viene tralasciata, se non fosse per il volume e per la mole di gente che si ha attorno si potrebbe benissimo pensare che sia stato messo su il disco e che non ci sia nessuno a suonare. Devastante dietro le pelli Williams, inarrestabile ed impeccabile come il resto della band. Il culmine del delirio si raggiunge quando i Dying Fetus ripropongono i classici del proprio repertorio, come
"Praise The Lord (Opium Of The Masses)",
"Kill Your Mother, Rape Your Dog",
"We Are Your Enemy",
"Pissing In The Mainstream" o
"In Times Of War", che scatenano i 200 del Bunker che si lasciano andare a moshpit violentissimo e a crowd surfing inarrestabile. A chiudere degnamente la serata ci pensa
"Grotesque Impalement", brano di truculento death/grind in pieno stile Dying Fetus che una volta concluso lascia sulle facce dei presenti un senso di enorme soddisfazione per quel che riguarda l'esibizione degli headliner. Unico personale rammarico è stato non aver potuto sentire
"One Shot, One Kill", uno dei miei brani preferiti del Feto Morente e che è stato purtroppo escluso dalla scaletta.
Serata impeccabile, che ha trovato il suo punto di forza in
Deadborn e ovviamente
Dying Fetus, che con la loro esibizione hanno rimarcato la loro sacrosanta appartenenza all'Olimpo del brutal death/grind e come i loro pezzi si prestino benissimo alla dimensione live. All'uscita dal Bunker il responso è stato unanime:
i Dying Fetus hanno spaccato il culo ai passeri!Un sentito ringraziamento a Sara per le fotografie.