Esterno giorno.I
Queensryche sono il mio gruppo preferito in assoluto.
Anche se normalmente non amo questo tipo di affermazioni “perentorie”, fatalmente velleitarie, è a questo che penso mentre osservo le gocce di temporale (l’ennesimo!) rincorrersi sul finestrino dell’auto che sta portando “l’allegra brigata” torinese di eutk (una parte almeno) all’Alcatraz, il luogo deputato alla rappresentazione live della saga del “crimine mentale” al gran completo, realizzata come un’autentica piece teatrale in musica e arricchita dalla proiezione di suggestive immagini di supporto.
Sono ben conscio la caducità congenita di tali dichiarazioni e anche analizzando con cura il generoso manipolo di “eroi” musicali personali, appartenenti a generi ed epoche diverse, tutti degni di tale titolo, è alla fine questa la “sofferta” conclusione, maturata valutando la grandezza tirannica delle loro prime testimonianze discografiche (l’esordio su mini, più quattro album), così differenti tra loro, ma ugualmente straordinarie da un punto di vista creativo ed emotivo.
Certo, in seguito ci sono state anche parecchie piccole delusioni e scelte non esattamente condivisibili, e tuttavia li ho sempre difesi, considerando “coraggiosa” la volontà di sperimentare evitando di battere sentieri già percorsi, non riuscendo proprio a reputare il “nuovo” corso come il risultato di una necessità “monetaria” piuttosto che artistica, e “criticare” apertamente chi era stato capace di stimolarmi così tante emozioni benefiche.
Nelle varie discussioni tra amici, aventi come tema il dibattito sull’integrità dell’artista di turno, ero arrivato ad utilizzare comunemente l’espressione “sarebbe come se i ‘Ryches, realizzassero un Operation Mindcrime - parte seconda”, per commentare scelte pesantemente “commerciali”, ritenendo tale ipotesi talmente remota da risultare assurda, il segno distintivo di una band che, nonostante tutto, non si sarebbe mai lasciata “corrompere” dalle leggi del mercato.
Com’è andata a finire lo sappiamo tutti (Vi lascio immaginare quello che ho dovuto “sopportare”!) e il disco si è rivelato pure piuttosto buono, ma anche in questo caso, sotto il profilo “etico” ci sarebbe di che discutere a lungo.
Malgrado tutte queste considerazioni, il valore di quei succitati capolavori è rimasto immutato nel tempo, e poi “Operation Mindcrime” è senza dubbio il disco che ho ascoltato di più nella mia vita, il primo che mi porterei sulla classica “isola deserta”, quello che ancora oggi posso ascoltare a ripetizione, sicuro di riceverne ininterrottamente tempestose scariche adrenaliniche.
Ma ritorniamo all’evento, lo stesso già immortalato nel favoloso DVD “Mindcrime at the Moore”, che sono sicuro i fans del gruppo di Seattle avranno già, come me, cercato di consumare, e proprio per questa ragione mi limiterò a pochissimi dettagli relativi alla “fredda cronaca”, anche perché qui di “freddo” non c’è davvero nulla.
Le piccole personalizzazioni “locali” (l’invettiva contro Berlusconi, che con Bush viene accusato di “fotterci tutti i soldi”, come urla Tate in buonissimo italiano, la maglietta dell’Italia di uno dei componenti della giuria, …) e le minime variazioni scenografiche e di copione (la scritta “USA out of Iraq” sul muro al centro della scena, alcune modifiche nella struttura dell’esibizione), rendono ancora (se possibile) più entusiasmante uno show in cui il pathos sembra quasi materializzarsi “fisicamente” all’interno dello stipato locale meneghino.
Veramente difficile estrapolare le situazioni maggiormente emozionanti per il pubblico: nella perfezione assoluta di tutta la prima parte, si deve menzionare un “Electric requiem” dilatato e trasformato, in cui viene svelata (con un autentico coup de theatre!) la vera fine di Sister Mary, indotta al suicidio dal perfido ed enigmatico Dr. X (alcuni ragazzi attorno a me, che evidentemente non conoscevano il Dvd, commentano con enfasi e marcato accento lombardo la “sconvolgente” rivelazione!), laddove è necessario menzionare “I’m american”, il duetto “virtuale” con Dio in “The chase”, “If I could change it all”, “Fear city slide” e “All the promises”, come i momenti migliori della seconda porzione dello spettacolo, nonché i pezzi più significativi di un lavoro per molti motivi non all’altezza del suo predecessore, ma di sicuro al disopra della media dei prodotti “attuali”.
Dopo la scritta “The end” sul maxischermo posizionato sopra il palco, è tempo degli encores ed ognuno degli spettatori spera ardentemente nella presenza dei propri brani preferiti, in una situazione pregna di “attesa” per il rischio di un’inevitabile piccola “delusione”, o dall’altro lato, per una catartica esplosione di gioia: alla fine saranno “Jet city woman”, “Empire” e “Silent lucidity”, con Geoff che ritorna ad essere “solo” il carismatico cantante di una strepitosa rock band, dopo aver dato prova di enormi capacità interpretative anche come attore.
Ed eccoci ad una breve analisi dei singoli: Tate è una delle voci più emozionanti e duttili dell’intera scena, un maestro per un’intera generazione di cantanti, un re della fonazione e dell’espressività che non ha nessuna intenzione di abdicare; Wilton è la solita sicurezza dall’incredibile sensibilità e Jackson e Rockenfield sono una vera macchina ritmica, fantasiosa e precisa come sempre, e tutti insieme rappresentano un gruppo di meravigliosi musicisti che il tempo ha potuto mutare (un po’) solamente nell’aspetto esteriore.
Due parole anche sull’ultimo arrivato Mike Stone, che nel cuore dei fans non potrà mai sostituire DeGarmo, eppure svolge egregiamente (e “stoicamente”, dal momento che suona una buona parte del concerto con un’apparentemente soffocante maschera sul volto!) il suo “ingrato” compito.
All’appello manca ancora Pamela Moore, anche lei autrice di una prestazione impeccabile per intensità canora e capacità interpretative.
Cos’altro aggiungere … musica di altissimo livello, plot narrativo intelligente, inquietante e coinvolgente … dramma, cinema e teatro … in una sola parola ARTE, signori, l’unica adeguata a definire quello cui abbiamo assistito in questa piovosa serata di giugno.
Interno notte.Mi appresto a concludere con un sonno ristoratore questa favolosa giornata, sono molto soddisfatto e improvvisamente mi rendo conto che quest’anno avrò altresì una “preoccupazione” in meno: non sarà necessario spremersi le meningi per assegnare la categoria “miglior concerto dell’anno” nel consueto writer poll di eutk … è già occupata, da quello che è ancora il mio “gruppo preferito di sempre”.