“
Tu puoi ritardare, ma il tempo non lo farà”.
Come darti torto, mio buon
Benjamin Franklin?
Già lo sospettavo, ma quando sopraggiungo sul luogo del delitto a seguito di forature ed imprevisti vari, mi rendo conto che avevi ragione da vendere: il crudele
Padre Tempo ha deciso di non attendermi.
Così niente
Sadist e
The Shrine oltre il giro di boa…
Perlomeno rimango piacevolmente sorpreso dalla location: l’
Arena Alpe Adria di
Lignano Sabbiadoro si rivela venue intima, raccolta, ben congegnata e dotata di ottima acustica.
Peccato per qualche scheletruccio nell’armadio (ha ospitato il
Festivalbar per molti anni consecutivi) e per le imbevibili
Beck’s calde a 5 Euro; d’altra parte, la perfezione non è di questo mondo…
THE SHRINEA quanto vedo, il power trio proveniente da
Venice Beach -
Los Angeles- è già riuscito a scaldare gli animi dei presenti (ancora sparuti per la verità) con un retrò rock che pesca dal repertorio di
Pentagram e
Black Sabbath, lo imbastardisce con una sana iniezione di
Motőrhead e mescola il tutto ad una dose non omeopatica di psichedelia.
Una proposta non originale e disallineata da quella degli headliner, ma comunque onesta ed in definitiva apprezzabile.
Gli stessi musicisti paiono percepire la buona accoglienza loro riservata, tanto che il frontman e chitarrista
Landau, nel bel mezzo dell’assolo finale, si lancia in una temeraria doppietta
stage diving +
crowd surfing.
A differenza di quanto accaduto a
Jack Black nel film “
School of Rock” -o, per rimanere nel mondo reale, a
Morgan in un locale di
Bari nel 2013-, la manovra non si conclude con un ignominioso capitombolo; così,
Josh può tornare a calcare le assi del palco con setto nasale ed ego ancora integri.
Tutto è bene quel che finisce bene.
Adesso, però, è tempo di rincontrare alcuni vecchi amici…
SLAYER“
Ancora tu, non mi sorprende lo sai”
Beh, sorprendersi sarebbe azzardato: negli ultimi tempi m’imbatto più spesso negli
Slayer che non nei miei genitori…
“
Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?”
Sì, effettivamente la data di Milano dello scorso novembre e quella viennese d’inizio giugno potevano anche bastare… non fosse per l’insolito sapore amarognolo che l’esibizione in terra asburgica mi aveva lasciato in bocca.
Pressapochismo esecutivo, volumi inadeguati ed un
Tom Araya svogliato anzichenò costituivano pietanza troppo indigesta per un fan di vecchia data come il sottoscritto, intenzionato a concedersi un commiato più degno e confacente alle reali possibilità della band.
“
E come stai? Domanda inutile”
Già, sentivo nelle viscere che non mi avreste deluso per due volte di fila.
Quella di
Lignano Sabbiadoro rappresentava -per affluenza, sede e calibro dei gruppi spalla- la data meno prestigiosa fra le tre previste su suolo italico. Nonostante ciò, i Nostri decidono di affrontare la serata con la giusta miscela di ferocia e professionalità, confermandosi gli adorabili schiacciasassi che avevo imparato a conoscere ed apprezzare in sede live.
“
Stai come me, e ci scappa da ridere”
Eh sì: il pubblico pagante è già estasiato allorquando il muro di
Marshall diffonde le note dell’intro “
Delusions of Saviour”. Figuratevi l’entusiasmo nell’attimo in cui
King e soci guadagnano il palco e attaccano con “
Repentless”.
Lo stesso
Araya si concede più di un sorriso osservando la reazione suscitata da brani come “
Die by the Sword” o “
Mandatory Suicide”, condotti in porto senza sbavature.
Peccato per il povero
Gary Holt, che si sbatte come un dannato e sembra suonare anche bene. Purtroppo non ne avremo mai prova, visto che la sua
ESP, con ogni probabilità, è stata trattenuta in dogana, giungendo così all’audience alla stregua di flebile fischiettio.
Discorso opposto per
Kerry e
Paul, grandi protagonisti, al pari… del basso di
Araya. Chi l’avrebbe mai detto?
(s)Bilanciamento dei suoni a parte, rimango piacevolmente sorpreso dalla fase centrale del concerto, perlopiù dedicata ai tempi moderni. “
Hate Worldwide”, “
You Against You” e “
When the Stillness Comes” non diventeranno forse classici assoluti del repertorio slayerano, ma di certo stasera non sfigurano al cospetto dei capisaldi irrinunciabili.
A proposito…
“
Amore mio, hai già mangiato o no?
Ho fame anch’io e non soltanto di te”
Credo che
Ed Gein pensasse qualcosa di simile quando squartava, sezionava e cucinava i cadaveri delle sue vittime. Pare, tra l’altro, adorasse offrirne prelibati bocconi ai vicini di casa, convinti si trattasse di carne di cervo.
Eccola qui, la canzone d’amore degli
Slayer, come lo stesso Tom è solito introdurla:
Dead Skin Mask, gioioso inno alla necrofilia intonato a squarciagola dai presenti.
Non che le successive “
The Antichrist”, “
Born of Fire” e “
Seasons in the Abyss” scontentino qualcuno, anzi: il pogo, se possibile, si fa ancor più intenso.
Chissà cosa accadrà in occasione dei bis…
“
Ancora tu, l’incorreggibile
Ma lasciarti non è possibile”
Quantomeno, non prima di aver messo in archivio una mitragliata da antologia del
thrash metal più ferale: “
South of Heaven”, “
Raining Blood”, “
Black Magic” ed “
Angel of Death” in rapida successione. Meglio di così…
Certo, 90 minuti non son poi molti, ma a fronte di cotanta qualità ed intensità come ci si può lamentare?
“
Disperazione gioia mia
Sarò ancora tuo, sperando che non sia follia”
Non val pena struggersi: un modicum di tristezza per questo commiato c’è, ma nutro fondate speranze che i nostri sentieri, cari
Slayer, s’incrocino ancora.
Nel frattempo, scaverò nel profondo per comprendere come mai io abbia deciso di citare ad libitum un brano di
Battisti che ho sempre detestato.
Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia…
Report di
Marco CaforioFoto di
Giulia BianchiSLAYER setlist:
Intro:
Delusions of Saviour1-
Repentless2-
Disciple3-
Die by the Sword4-
Mandatory Suicide5-
Hate Worldwide6-
War Ensemble7-
When the Stillness Comes8-
You Against You9-
Fight Till Death10-
Postmortem11-
Dead Skin Mask12-
The Antichrist13-
Born of Fire14-
Seasons in the AbyssEncore:
15-
South of Heaven16-
Raining Blood17-
Black Magic18-
Angel of Death