(11 luglio 2016) Slayer, Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro, 11/07/2016

Info

Provincia:UD
Costo:45 €
Tu puoi ritardare, ma il tempo non lo farà”.
Come darti torto, mio buon Benjamin Franklin?

Già lo sospettavo, ma quando sopraggiungo sul luogo del delitto a seguito di forature ed imprevisti vari, mi rendo conto che avevi ragione da vendere: il crudele Padre Tempo ha deciso di non attendermi.

Così niente Sadist e The Shrine oltre il giro di boa…
Perlomeno rimango piacevolmente sorpreso dalla location: l’Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro si rivela venue intima, raccolta, ben congegnata e dotata di ottima acustica.
Peccato per qualche scheletruccio nell’armadio (ha ospitato il Festivalbar per molti anni consecutivi) e per le imbevibili Beck’s calde a 5 Euro; d’altra parte, la perfezione non è di questo mondo…

THE SHRINE
A quanto vedo, il power trio proveniente da Venice Beach -Los Angeles- è già riuscito a scaldare gli animi dei presenti (ancora sparuti per la verità) con un retrò rock che pesca dal repertorio di Pentagram e Black Sabbath, lo imbastardisce con una sana iniezione di Motőrhead e mescola il tutto ad una dose non omeopatica di psichedelia.
Una proposta non originale e disallineata da quella degli headliner, ma comunque onesta ed in definitiva apprezzabile.

Gli stessi musicisti paiono percepire la buona accoglienza loro riservata, tanto che il frontman e chitarrista Landau, nel bel mezzo dell’assolo finale, si lancia in una temeraria doppietta stage diving + crowd surfing.
A differenza di quanto accaduto a Jack Black nel film “School of Rock” -o, per rimanere nel mondo reale, a Morgan in un locale di Bari nel 2013-, la manovra non si conclude con un ignominioso capitombolo; così, Josh può tornare a calcare le assi del palco con setto nasale ed ego ancora integri.

Tutto è bene quel che finisce bene.
Adesso, però, è tempo di rincontrare alcuni vecchi amici…

SLAYER
Ancora tu, non mi sorprende lo sai
Beh, sorprendersi sarebbe azzardato: negli ultimi tempi m’imbatto più spesso negli Slayer che non nei miei genitori…

Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?”
Sì, effettivamente la data di Milano dello scorso novembre e quella viennese d’inizio giugno potevano anche bastare… non fosse per l’insolito sapore amarognolo che l’esibizione in terra asburgica mi aveva lasciato in bocca.
Pressapochismo esecutivo, volumi inadeguati ed un Tom Araya svogliato anzichenò costituivano pietanza troppo indigesta per un fan di vecchia data come il sottoscritto, intenzionato a concedersi un commiato più degno e confacente alle reali possibilità della band.

E come stai? Domanda inutile
Già, sentivo nelle viscere che non mi avreste deluso per due volte di fila.
Quella di Lignano Sabbiadoro rappresentava -per affluenza, sede e calibro dei gruppi spalla- la data meno prestigiosa fra le tre previste su suolo italico. Nonostante ciò, i Nostri decidono di affrontare la serata con la giusta miscela di ferocia e professionalità, confermandosi gli adorabili schiacciasassi che avevo imparato a conoscere ed apprezzare in sede live.

Stai come me, e ci scappa da ridere
Eh sì: il pubblico pagante è già estasiato allorquando il muro di Marshall diffonde le note dell’intro “Delusions of Saviour”. Figuratevi l’entusiasmo nell’attimo in cui King e soci guadagnano il palco e attaccano con “Repentless”.
Lo stesso Araya si concede più di un sorriso osservando la reazione suscitata da brani come “Die by the Sword” o “Mandatory Suicide”, condotti in porto senza sbavature.

Peccato per il povero Gary Holt, che si sbatte come un dannato e sembra suonare anche bene. Purtroppo non ne avremo mai prova, visto che la sua ESP, con ogni probabilità, è stata trattenuta in dogana, giungendo così all’audience alla stregua di flebile fischiettio.
Discorso opposto per Kerry e Paul, grandi protagonisti, al pari… del basso di Araya. Chi l’avrebbe mai detto?

(s)Bilanciamento dei suoni a parte, rimango piacevolmente sorpreso dalla fase centrale del concerto, perlopiù dedicata ai tempi moderni. “Hate Worldwide”, “You Against You” e “When the Stillness Comes” non diventeranno forse classici assoluti del repertorio slayerano, ma di certo stasera non sfigurano al cospetto dei capisaldi irrinunciabili.
A proposito…

Amore mio, hai già mangiato o no?
Ho fame anch’io e non soltanto di te

Credo che Ed Gein pensasse qualcosa di simile quando squartava, sezionava e cucinava i cadaveri delle sue vittime. Pare, tra l’altro, adorasse offrirne prelibati bocconi ai vicini di casa, convinti si trattasse di carne di cervo.

Eccola qui, la canzone d’amore degli Slayer, come lo stesso Tom è solito introdurla: Dead Skin Mask, gioioso inno alla necrofilia intonato a squarciagola dai presenti.
Non che le successive “The Antichrist”, “Born of Fire” e “Seasons in the Abyss” scontentino qualcuno, anzi: il pogo, se possibile, si fa ancor più intenso.
Chissà cosa accadrà in occasione dei bis…

Ancora tu, l’incorreggibile
Ma lasciarti non è possibile

Quantomeno, non prima di aver messo in archivio una mitragliata da antologia del thrash metal più ferale: “South of Heaven”, “Raining Blood”, “Black Magic” ed “Angel of Death” in rapida successione. Meglio di così…

Certo, 90 minuti non son poi molti, ma a fronte di cotanta qualità ed intensità come ci si può lamentare?

Disperazione gioia mia
Sarò ancora tuo, sperando che non sia follia

Non val pena struggersi: un modicum di tristezza per questo commiato c’è, ma nutro fondate speranze che i nostri sentieri, cari Slayer, s’incrocino ancora.

Nel frattempo, scaverò nel profondo per comprendere come mai io abbia deciso di citare ad libitum un brano di Battisti che ho sempre detestato.
Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia…

Report di Marco Caforio
Foto di Giulia Bianchi



SLAYER setlist:
Intro: Delusions of Saviour
1- Repentless
2- Disciple
3- Die by the Sword
4- Mandatory Suicide
5- Hate Worldwide
6- War Ensemble
7- When the Stillness Comes
8- You Against You
9- Fight Till Death
10- Postmortem
11- Dead Skin Mask
12- The Antichrist
13- Born of Fire
14- Seasons in the Abyss
Encore:
15- South of Heaven
16- Raining Blood
17- Black Magic
18- Angel of Death
Report a cura di Marco Cafo Caforio

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