"La serata è quella delle grandi occasioni", penso mentre mi avvicino al locale osservando le numerose persone giunte anche da lontano coi pullman per ammirare una delle stelle del firmamento black metal, i Satyricon.
Fuori dal Transilvania Live di Milano si respira davvero un'aria frizzante... la tensione e l'emozione della gente è quasi palpabile. Le magliette dei ragazzi, i cori e le voci sono tutte per il gruppo di Satyr, uno dei più apprezzati nonostante gli ultimi, discutibili, due lavori. Anche dentro alla sala, tra una birra e un'altra, il pubblico è in fremente attesa.
Con notevole ritardo salgono sul palco i Khold, la band norvegese in assoluto più sopravvalutata. Il loro black è fatto di mid-tempo tutti uguali che non riescono a scaldare la platea con l'eccezione di un paio di fan nelle prime file... oltretutto caliamo davvero il silenzio sulla pessima immagine del gruppo e sullo scarso coinvolgimento che la loro esibizione è riuscita a trasmettere.
Approfittando di un'altra pausa decido di fare una visita al bagno del Transilvania, e proprio mentre testo l'ergonomicità del pisciatoio a muro sento l'inconfondibile voce di Satyr presentare l'esibizione con un paio di parole prima di lasciare posto alla musica. Corro fuori e mi sistemo abbastanza vicino al palco, notando con piacere che l'apertura del concerto è lasciata al classico "The Night Of The Triumphator", pur eseguita con un sound un pelino troppo moderno che mal mi fa presagire per la prosecuzione del live.
I miei dubbi diventano terribili certezze qualche minuto dopo, quando Satyr presenta Angstridden, una delle canzoni accettabili dell'ultimo Volcano: aaargghhh! I norvegesi si trovano terribilmente più a loro agio in questa nuova pelle, con i riff mastodontici e gli inserti di samples industriali su cui i quattro davanti si prodigano in un headbanging che trasmette energia ai ragazzi proprio lì sotto. Sulla voce di Satyr niente da dire, è sempre meccanica e tagliente come agli esordi; il problema è che più di una persona in quel momento ha avuto l'impressione che il taglio tra le due anime dei Satyricon fosse più netto di quanto avessimo pensato.
Ancora altre delusioni con "Nemesis Divina", eseguita velocemente e distrattamente come se fosse un favore nei nostri confronti suonare un brano dell'omonimo immortale capolavoro. Ed è a questo punto che saltano tutti gli equilibri: "Repined Bastard Nation", "Filthgrinder", "Black Lava" e altri due o tre pezzi di cui non so il titolo e che soprattutto non mi voglio ricordare, sono qui a ricordarci che oggi, nel 2003, i Satyricon non sono più il gruppo che molti di noi hanno conosciuto ed amato nel 1996 con Nemesis Divina, procedendo poi a ritroso con i vecchi album e demo invece che seguire l'evoluzione della band in avanti. Tutto qui, e il gruppo non ne fa un mistero visto che dopo la quarta o quinta canzone - e la decima volta che qualcuno dal pubblico urlava "Mother North", "Hvite Kriste Dod", "The Dawn Of A New Age" - Satyr è stato categorico nel ricordare a tutti che loro hanno una scaletta da rispettare e non possono accettare i suggerimenti del pubblico.
I norvegesi sono diventati un grande gruppo rock, una superband composta da elementi validissimi tecnicamente (Frost è inumano come al solito) con una presenza scenica ottima, ma che trasmette zero emozioni, almeno per quanto mi riguarda. Meglio averlo capito subito, e meglio che se ne siano accorti altri eterni ingenui come me che hanno fissato sbigottiti tutta l'esibizione con uno sguardo a metà tra il deluso e l'incazzato, piuttosto che implorare Satyr per tutto il concerto di suonare due miseri pezzi e ritrovarsi con "Hvite Kriste Dod" e soprattuto "Mother North" stuprate da un gruppo che ormai non ha più voglia di suonarle.
Nonostante la qualità sonora non troppo esaltante, e tutti i dubbi che ho espresso sopra non posso negare che il concerto sia stato comunque interessante: purtroppo ora i Satyricon vincono i Grammy Award... e di "The Shadowthrone" o "Dark Medieval Times" non gliene frega più niente.
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