Foto di Corrado Breno
Grazie ai soliti orari sballati, entro nel Transilvania Live di Milano quando i Seven Witches già hanno iniziato; stando agli orari comunicati sarei dovuto essere in largo anticipo, invece... Pazienza, il gruppo di Jack Frost ha comunque appena iniziato, e riesco ad assistere a buona parte dello show.
La curiosità era tanta, non perché non abbia mai visto le “sette streghe” o sia un loro accanito fans, ma perché da “Passage to the Other Side” la band ha dietro al microfono uno dei cantati migliori di sempre, nonché uno dei miei preferiti, vale a dire James Rivera, storico singer degli ineguagliabili e geniali Helstar. Inutile dire che l’unico vero motivo per esaltarsi allo show della band di Frost è stato lui, dato che il resto della band lascia alquanto a desiderare in sede live: Brian Craig fa meglio degli ultimi suoi show cui ho assistito, ma è sempre un pezzo di acero seduto sullo sgabello di una batteria, mentre Frost, pur con tutta la buona volontà che ci mette, alla chitarra è proprio un mestierante di medio/basso livello; assoli sporchi, ritmiche impastate e riff pressappochisti, con sedicesimi mancanti qua e là... insomma, un mezzo disastro.
Le canzoni non sono male, sia chiaro, pur senza essere esempi di originalità, e dal vivo si fanno ascoltare con piacere, specialmente quelle più sostenute quali la opener dell’ultimo lavoro; qualche sbadiglio, invece, nelle parti acustiche di “Passage to the Other Side”, risollevate però dal feeling unico della voce di Rivera. Nel complesso, uno show discreto, ma devo dire che non mi aspettavo molto.
Arriva il turno degli headliner della serata, gli intramontabili thrashers newyorkesi Overkill, che pur tra alti e bassi calcano ininterrottamente le scene da vent’anni. Dal vivo sono sempre una macchina da guerra con pochi eguali, grazie alla carica dirompente del duo Blitz/D.D. Verni; non mi stancherò mai, invece, di dire che l’attuale batterista Tim Mallare è una chiavica: vorrei proprio vedere cosa farebbe senza quei trigger spropositati che si porta sempre appresso, dato che il suo drumming non ha tocco, espressività, né tanto meno potenza dato che accarezza le pelli.
Quando gli Overkill salgono sul palco lascia stupiti l’assenza del pur discreto Derek Tailer alla chitarra, che ha dato forfait per problemi personali, ma non è stato sostituito da alcun session man; in effetti Dave Links, indubbiamente il più preparato tecnicamente della band, riesce da solo a creare un buon muro sonoro, e lo spettacolo nel complesso non risente più di tanto dell’assenza di Derek.
Com’è abitudine della band, la set-list attinge da tutto il repertorio, concentrandosi maggiormente sul periodo di mezzo della discografia: ad eccezione di qualche episodio recente, come la buona “Necroshine”, i quattro newyorkesi propongono i grandi classici del passato, da “Hammerhead” e “Rotten to the Core” a “Shred”, “Elimination”, “Coma” e “Infectous”, senza tralasciare l’ottimo “Taking Over”, dal quale arrivano “Powersurge”, “Deny the Cross” e l’immancabile “In Union we Stand”, come sempre allungata a dismisura.
Stupisce, invece, l’assenza di “Wrecking Crew”, mentre per brani ultimamente rispolverati quali “Overkill” non c’è stato questa volta spazio. Il Transilvania Live, ben più pieno di gente di quanto avessi immaginato, ha risposto egregiamente alla band statunitense, facendo decollare in fretta lo show; dalla loro gli Overkill ci hanno messo la solita energia, la solita potenza e la solita perfezione esecutiva, creando un massiccio muro sonoro dinnanzi al quale non ci si può che esaltare. Un concerto davvero fenomenale, come da consuetudine degli Overkill; insomma, tra album, DVD e tour, non potevamo chiedere un ritorno migliore!
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