Oh, per una volta posso appuntarmi la medaglietta della puntualità ad un concerto!
Nonostante l’orario quasi mattiniero (l’inizio delle ostilità è fissato per le 18:30) riusciamo ad introdurci al
Live di
Trezzo giusto in tempo per assistere all’approdo sul palco di loschi figuri barbuti vestiti da fatine…
TROLLFESTUn’allegra combriccola di picchiatelli. Trovo questa definizione d’antan quantomai calzante per la compagine norvegese, che apre le danze per un pubblico non ancora foltissimo ma nemmeno troppo sparuto.
I costumi di scena, come potete ammirare dai reperti fotografici, sviano abbastanza dalla consuetudine, e lo stesso può dirsi della proposta musicale: per chi non li conoscesse, i Nostri si dilettano da anni con un
pagan folk dagli spiccati toni parodistici, che miscela
Finntroll,
Arkona e
Troldhaugen aggiungendo una qual certa dose di pura demenzialità.
Se il giochino, dal punto di vista discografico, alla lunga tende a mostrare la corda, lo stesso non può dirsi del contesto
live.
Anzi, tutt’altro: lo
screaming strozzato e pressoché inintelligibile del cantante (e percussionista)
Trollmannen acquisisce tutt’altro sapore con quel regale mantello e quella corona di palloncini sulla testa, così come le ritmiche paiono, come per magia, meno strampalate laddove messe in relazione alla mimica facciale dei chitarristi.
L’avrete ormai capito: i Nostri puntano forte sul fattore intrattenimento, e visti i risultati fanno bene.
Trenini chilometrici col bassista capofila; platea che viene fatta sedere, saltare e sprintare a destra e a sinistra; il
wall of death che si trasforma in
wall of love (in sostanza ci si incontra nel mezzo e, anziché pogare, ci si abbraccia)… insomma, non si può certo accusare i
Trollfest di non aver scaldato l’audience per i gruppi successivi.
La proposta, si badi, resta irrimediabilmente caciarona e squinternata, ma non priva di attrattiva. Sarebbe infatti ingeneroso, a mio avviso, attribuire alla compagine proveniente da
Oslo l’unica qualità di saper strappare un sorriso anche al più truce dei metallari.
A voler ben vedere certi brani, benché sciocchini, si fanno ampiamente apprezzare: penso alle stravaganze in salsa brasileira di “
Solskinnsmedisin”, al travolgente incedere di “
Steel Sarah”, o ancora agli estratti del recentissimo nuovo
full length “
Norwegian Fairytales”, che mettono addirittura in mostra una parvenza di maturazione in termini di composizione ed arrangiamento.
Ecco, l’ho detto.
Come a smentire idealmente ma recisamente ogni calunniosa accusa di serietà,
Lodd Bolt e soci pensano bene di congedarsi col coro canino di “
Helvetes Hunden GARM”. Spassoso quanto volete il
singalong a base di latrati, ma altrettanto degradante se eseguito di fronte a tua moglie (che abbaia a sua volta come un carlino imbizzarrito)…
In ogni caso tutto molto bello, e non v'è ironia celata in questa affermazione.
TURISASDopo aver esplorato il lato ridanciano del
pagan folk coi
Trollfest, ed in attesa di quello bucolico (ed etilico) degli
headliner, spetta ora ai
Turisas approfondire i profili più pomposi e cinematografici del genere.
Ci pensa l’ottima “
As Torches Rise” a mettere subito in chiaro le belligeranti intenzioni della band finnica (nonostante la chitarra di
Jussi Wickström fatichi ad imporsi nel
mixing).
Ad introdurre la successiva “
A Portage to the Unknown” giunge poi il violino della brava
Caitlin De Ville -non mi esprimo sulle fattezze fisiche per non incorrere in accuse di sessismo, e comunque ci pensano i sottostanti reperti fotografici a chiarire).
La
line up, in effetti, si presenta al pubblico del
Live in versione piuttosto rimaneggiata: oltre alla defezione di
Olli Vänskä si registra un cambio dietro le tastiere, laddove rientra
Robert Engstrand al posto di
Kasper Mårtenson.
Nulla che, almeno ai miei occhi, infici la buona resa dello
show: i Nostri si dimostrano band affidabile e ben oliata sopra le assi di un palco, sia dal punto di vista squisitamente strumentale che sotto il profilo della presenza (molto ben realizzati gli abiti di scena ed il
backdrop, così come ho trovato carismatica ed efficace la prova del
frontman Nygård).
La scaletta, dal canto suo, alterna con equilibrio
mid tempos epici (“
To Holmgard and Beyond”, “
A Portage to the Unknown”),
anthems irrinunciabili (“
Stand Up and Fight”, “
Battle Metal”) e
divertissements (penso ad “
In the Court of Jarisleif”, ove a tratti pare di ascoltare una
finnish version dei
Gogol Bordello, ed a “
Rasputin”,
cover dai cori contagiosi e
catchy all’inverosimile).
Non è tutto oro quel che luccica: continuo a trovare pressoché inascoltabile la strofa di “
Hunting Pirates” e tediosi alcuni passaggi di “
Greek Fire”, ma nel complesso la
setlist scorre più che egregiamente.
Dopo una breve pausa i baldi giovani di
Hämeenlinna decidono di mettersi comodi e di sedersi per i
bis, che vengono affrontati in chiave interamente acustica.
Non parliamo certo di un accorgimento rivoluzionario in sé e per sé, ma spesso simili soluzioni vengono inserite a metà scaletta, come fossero un apostrofo rosa tra le parole “
blood” e “
warrior”. Invece, trovo che affidare la chiusura dello
show a rielaborazioni così intime e sommesse, specie per una band dal
sound magniloquente e bombastico (perdonate l’utilizzo dell’orrido termine), rappresenti una mossa piuttosto bislacca.
Non necessariamente balorda, ma bislacca sì.
In ultima analisi, comunque sia, ampiamente promossi anche i
Turisas; se poi volessero decidersi ad incidere un nuovo album andremmo ancor meglio…
Sotto con gli
headliner!
KORPIKLAANIEccoli qui i membri del
Clan della Foresta, puntuali come orologi svizzeri e pronti a mettere
Live di
Trezzo a ferro e fuoco, zompettando come forsennati a ritmo di
humpa metal…
Ehm…
… reputo davvero di cattivo gusto indugiare sugli aspetti esteriori di un professionista (sia esso un musico o altro), ma nell’attimo in cui scorgo il chitarrista
Kane, il bassista
Jarkko e
Jonne qualche dubbio sulla forma fisica sorge spontaneo.
Avevo assistito ad un loro show diversi anni fa al
Tempo Rock, e oggi mi sembrano perlomeno raddoppiati a livello di circonferenza…
Ok, la pianto con le recriminazioni sulla forma fisica, c’è pur sempre un concerto da godersi, no?
L’inevitabile apripista “
Neito”, seppur al netto di suoni piuttosto impastati, scalda subito il pubblico, ora piuttosto numeroso.
I primi brani in scaletta (durante i quali vengono aggiustate le piccole magagne sonore) mettono in chiaro il
leit motiv della serata: la promozione dell’ultimo
full length “
Kulkija”.
Strategia sacrosanta della quale non posso che bearmi, visto che continuo ad apprezzare in particolar modo l’ultimo
full length dei finlandesi; al tempo stesso, qualche fan di vecchia data potrebbe aver trovato la
setlist un pelo fiacca, anche in considerazione del piglio più meditabondo e malinconico delle nuove composizioni.
Accontentare tutti, si sa, non è possibile, ma ciò non toglie che la band dimostri compattezza e fiducia in sede
live, anche se in più di un’occasione sembra procedere col pilota automatico inserito.
Tutta la
band, ad ogni modo, si guadagna la pagnotta, con
Jonne che si dimostra per l’ennesima volta
frontman navigato ed istrionico -benché la somiglianza con
Jack Sparrow inizi a farsi inquietante-, e con un
Tuomas Rounakari –che invece mi ricorda
Walter White di
Breaking Bad- sempre più importante nell’equilibro sonoro delle composizioni. Senza contare che il broncio, la legnosità e l’improbabile completo bianco finiscono paradossalmente per donargli una insospettabile dose di magnetismo.
Non ci si perde in lunghe presentazioni o dissertazioni; le chiacchiere sono pressoché azzerate e la scaletta procede veloce e sicura, approdando di quando in quando in episodi maggiormente improntati all’atmosfera (penso alla dolente “
Kallon malja”, alla suadente “
Harmaja” ed alla doomeggiante “
Sillanrakentaja”).
Non mancano, come ovvio, gli episodi più movimentati, che tuttavia vengono accatastati perlopiù nell’ultima porzione di concerto: il piglio di “
Pilli on pajusta tehty” riuscirebbe a smuovere anche una cassapanca, mentre le antiche “
You Looked into my Eyes” e “
Wooden Pints” –sempre irresistibile- mettono in mostra il lato più irruento e genuino della compagine silvana.
In un battito di ciglia è già tempo di
bis a tema alcolico: si riparte con “
Beer Beer”, che vede l’approdo sul palco degli amici
Trollfest i quali, nel frattempo, hanno dismesso gli
outfit di scena e si sono vestiti in modo civile… no eh?
No in effetti: i Nostri sono ancora agghindati come prima, e ci regalano una versione anarchica ma spassosa del noto brano.
Si sale di gradazione con l’immancabile “
Vodka”, intonata da tutti i presenti, per poi concludere in bellezza con la frenetica “
Happy Little Boozer”, in cui invece compare in veste di
guest il bassista dei
Turisas Jesper Anastasiadis, in questa occasione alle prese con una sorta di mandolinetto piccino picciò.
Gran bel finale.
Abbandono quindi il
Live più che soddisfatto per la buona riuscita di un concerto forse non indimenticabile, ma perfettamente organizzato, ben congegnato a livello di
bill e senz’altro coinvolgente.
Non perdiamoci di vista, mi raccomando!
Live report di
Marco CaforioFoto di
Giulia BianchiTROLLFEST setlist:
1 –
Fjøsnissens fjaseri2 –
Kjettaren mot strømmen3 –
Toxic4 –
Steel Sarah5 –
Illsint6 –
De tre bukkene Berusa7 –
Kaptein kaos8 –
Professor Otto9 -
Deildegasten10 -
Solskinnsmedisin11 -
Espen Bin Askeladden12 -
Helvetes Hunden GARMTURISAS setlist:
1 –
As Torches Rise2 –
A Portage to the Unknown3 –
We Ride Together4 –
To Holmgard and Beyond5 –
in the Court of Jarisleif6 –
Greek Fire7 –
Hunting Pirates8 –
Battle Metal9 –
Five Hundred and One10 –
Stand Up and Fight11 –
RasputinENCORE
12 –
One More (acoustic)
13 –
The March of the Varangian Guard (acoustic)
14 –
For Tour Own Good (acoustic)
KORPIKLAANI setlist:
1 –
Neito2 –
Juomamaa3 –
Korpikuusen kyynel4 –
Aallon Alla5 –
A Man with a Plan6 –
Palovana7 –
Kallon Malja8 –
Pellervoinen9 –
Harmaja10 –
Kotinkuut11 –
Henkselipoika12 –
Sillanrakentaja13 –
Kylästä keväinen kehto14 –
Lempo15 –
Pilli on pajusta tehty16 –
You Looked into my Eyes17 –
Wooden PintsENCORE
18 –
Beer Beer19 –
Vodka20 –
Happy Little Boozer