Quando quel pazzo megalomane di
Alex Mele mi comunico' l'idea di metter su una data per il ventennale dei
KALEDON con l'intenzione di chiamare sul palco più o meno tutti i musicisti che nell'arco di questo tempo si sono alternati dietro gli strumenti pensai "
ehi, questa sì che è un'idea fantastica"!
Pensavate gli dessi del matto, non è vero?
Invece no, ma certo per poter coordinare tutti quanti, tra entrate ed uscite, soluzioni tecniche, nonchè logistiche tra viaggi, convocazioni ed altro qualcuno sarà uscito matto... quel qualcuno però alla luce del risultato potrà essere più che soddisfatto, dato che il concerto tenuto al Jailbreak non solo è riuscito ottimamente a livello tecnico ma quel che più conta è riuscito ad emozionare i presenti che, come il sottoscritto, seguono la band capitolina sin dal demo "
God Says Yes" del 2000.
Prima di entrare nello specifico, andiamo con ordine e partiamo dagli opener ovvero i lombardi (in parte)
FROZEN CROWN, autori durante questo anno del debut "
The Fallen King" uscito per
Scarlet Records: un disco che non mi ha particolarmente entusiasmato, anzi, ed a dirla tutta ho sempre giustificato una certa attenzione mediatica unicamente o quasi a causa dell'avvenenza delle due ragazze nella band, tali la cantante
Giada Etro - che già conoscevo per essere in forza ai croati
Ashes You Leave, e la giovanissima chitarrista
Talia Bellazecca.
Di fronte alla loro esibizione non mi ricredo sulla bontà del disco (voglio che i FC facciano molto meglio di così) ma di certo è salita a dismisura la mia considerazione su di loro: non solo i brani rendono parecchio meglio rispetto al disco, coinvolgendo non poco i presenti ed il sottoscritto, ma la band dimostra di saper stare molto bene sul palco, in particolar modo con la presenza importante di
Federico Mondelli, ottimo sia alla sei corde sia dietro il microfono, e del batterista
Alberto Mezzanotte, come si dice a Roma
'na macina dietro le pelli.
Quello che mi ha fatto più piacere in particolar modo è che le donzelle dei Frozen Crown non hanno minimamente giocato sul loro aspetto ma siano state concentrate unicamente sulla loro prestazione musicale, tenendo un atteggiamento consono e grazie a Dio anni luce distante da quelle quattro sgallettate che stanno affossando la scena metal con i vari "
female live shows". Insomma, due musiciste vere e tanto di cappello.
Poi ok, sono due gran belle figliole e non ci piove, anzi meglio così, ma io vado ad un concerto per vedere suonato l'heavy metal e non uno squallido spettacolo degno di un night. Bravissimi e serissimi, questo atteggiamento è a dir poco da premiare e rispettare.
E' la volta dei
KALEDON e sin dall'inizio mi piace la formula presentata, con lo show che procede in senso cronologico inverso, cominciando quindi con "
Carnagus - Emperor of the Darkness", da cui vengono ovviamente estratte "
The beginning of the night", "
Eyes without life", "
The two bailouts" e "
The evil witch". La lineup ovviamente è quella attuale e c'è da segnalare un
Michele Guaitoli dietro al microfono molto più in forma rispetto allo show di presentazione di Carnagus, chissà che il recentissimo ingresso anche nei
Vision of Atlantis gli abbia dato ulteriori stimoli e sicurezza.
Con l'esecuzione di "
A Dark Prison" si aprono le danze dei vari componenti, l'ingresso di
Marco Palazzi, oggi nei
Sailing to Nowhere, da' l'occasione a Guaitoli di fare il "
Fabio Lione" di turno, e via così con "
Surprise impact", la grandiosa "
The end of the green power", "
The god beyond the man" e "
Steel maker", durante le quali
Manuele Di Ascenzo cede il passo prima a
Massimiliano Santori, poi a
Luca Marini ed infine a
David Folchitto, con il quale si entra nel periodo "classico" della band, quello dei primi "Chapter": gli fanno compagnia
Daniele Fuligni, che si da' il cambio con l'ottimo
Paolo Campitelli, mentre ovviamente non si schiodano mai i due membri fondatori
Alex Mele e
Tommy Nemesio; come loro anche
Enrico Sandri al basso che sebbene sia nella lineup da poco più di un anno non deve cedere il passo ad un assente
Paolo Lezziroli.
A proposito degli assenti, purtroppo stasera manca uno che dei Kaledon ha fatto la storia, ovvero quel
Claudio Conti che ha cantato nei primi quattro dischi e che, fermo restando l'enorme bravura dei suoi successori, rimane nel mio cuore come LA voce dei Kaledon: consoliamoci con la nuova meravigliosa "
Reunited Kingdom", quasi un'estensione di questa serata, con tutti e quattro i cantanti insieme a celebrare un brano che riporta i Kaledon a quel power metal magari più semplice e diretto di quanto suonato oggi ma che ancora ci sa scaldare i cuori in maniera impressionante.
Vista dunque l'assenza di Conti, perdoniamo alla band la sola "
Clash of titans" tratta dal Chapter IV (ignorato il 3...sacrilegio! :D ), ed andiamo direttamente alla primissima era della band con l'entrata del mitico
Anthony Drago, prima voce dei Kaledon e frontman assoluto, insieme al batterista
Dario Sacco ed al tastierista
Fabio Bernardi che ci deliziano con due meraviglie estratte dal primo disco, ovvero "
Spirit of the dragon" e "
Thunder in the sky" e chiudendo gli occhi per un secondo posso davvero tornare a quel lontano 2002 e perdermi in un mare di ricordi e sensazioni. Prima del gran finale non può mancare l'esibizione della celebre "
The New Kingdom", di cui probabilmente sono l'unico al mondo a non sopportare minimamente la versione parodia che va a rovinare e denigrare uno dei brani migliori della loro discografia...mah!, e la conclusione non può che essere riservata alla leggendaria "
In Search of Kaledon"; in cui salgono sul palco tutti i componenti che in questi 20 anni hanno dato luogo a questa lunghissima saga...che ci auguriamo possa durarne altrettanti.