Questa fino ad ora è la più controversa delle edizioni del Firenze Rocks, a fronte di grandi nomi degli anni passati come
Iron Maiden,
Ozzy,
Guns N’ Roses e
Aerosmith, quest’anno tristemente ci troviamo nomi come Ed Sheeran o i The Cure, ma anche i
Tool con
Smashing Pumpkins e
Dream Theater. Questi ultimi risollevano il buon nome che si era fatto questo festival nei due anni passati, ma non mi aspetto nomi diversi da Ariana Grande o Jovanotti per le prossime edizioni.
Arrivo puntualissima, anzi, in anticipo rispetto all’apertura dei cancelli delle 13.30, ma per non so quale problema tecnico o di sicurezza non riusciamo ad entrare prima delle 14.30 abbondanti. Questo intoppo organizzativo priva il pubblico dell’esibizione dei
Fiend, la quale è stata applaudita da fuori, sperando fosse di mero supporto morale. Non posso dirvi di più sulla performance, visto che non l’ho vista e che l’ho a malapena sentita.
Seguono i
Badflower, gruppo che non conoscevo ma che ho scoperto avere decine di milioni di visualizzazioni su Youtube, con un solo album alle spalle. I nostri hanno proposto il loro alternative rock con qualche sputacchio di punk nell’atteggiamento, un’esibizione di tutto rispetto ma nulla di più, mi ricordo a malapena il volto del cantante chitarrista, potete capire quanto fossi coinvolta…
Continuano il festival i ben più noti, mio malgrado,
Skindred, che con il genere che propongono mi domando perché incidano per Napalm Records…
Malgrado l’alternative/nu metal proposto riescono ad intrattenere bene il pubblico presente. Il cantante/rapper Benji Webber, che non ho idea di come facesse a non morire di caldo con quel giacchetto di pelle e borchie che sarà pesato duemila chili sotto il sole fiorentino delle 16, aveva comunque una bella voce che ha saputo sfruttare al meglio anche con i volumi non a lui favorevoli, a differenza dei gli altri che vedremo dopo.
40 minuti di un DJ biondo che parla a vanvera (Ringo ndr), con accanto il povero Marky Ramone, che hanno tenuto lì come un palo a non fare una mazza, non li riesco proprio a sopportare. Gli anni scorsi almeno lanciavano magliette al pubblico, cosa che hanno fatto anche quest'anno, ma per errore, non perché volessero.
Sorvoliamo sulle le gravi pecche di buon gusto ed arriviamo finalmente ai
Dream Theater, forse il gruppo che più attendevo del bill.
Reduci da un controverso
Distance Over Time,
Petrucci e compagnia (visto che è stato lui il vero protagonista del concerto), iniziano subito con il primo singolo del 2018,
Untethered Angel. L'aspetto più lampante è che
LaBrie fa molta fatica, spesso non ce la fa ad arrivare alle note più alte; quando può esce dal palco, aiutato dagli immensi musicisti che ha al suo fianco. Paonazzo ed affaticato, forse per il caldo o per stanchezza, tant’è che se i
Dream Theater avessero fatto uno show totalmente strumentale avrei sofferto di meno, anche se “l’acconciatura” del microfono meritava eccome. Come agli
Helloween l’hanno scorso, ai
Dream Theater non è stato permesso di portare l’intera scaletta del tour per ovvi motivi di tempo. La setlist avrebbe compreso l’intera esecuzione dell’ormai classico album “
Metropolis Pt2: Scenes From A Memory”, da cui è stata magistralmente eseguita solo
The Dance Of Eternity, non per nulla strumentale. La scaletta è stata dominata dal nuovo brano
Distance Over Time, con la già citata
Untethered Angel, Fall Into the Light, Barstool Warrior e Pale Blue Dot, accompagnate dalle classiche
Pull Me Under, Lie e As I Am.
Petrucci sorrideva e
Rudess si divertiva da matti con
Myung. Prestazione (strumentale) ai massimi livelli ma, come già detto, per le precarietà di
LaBrie è stato a tratti un concerto sofferente.
Setlist
Dream Theater:
Untethered Angel
As I Am
Fall Into the Light
Barstool Warrior
In the Presence of Enemies, Part I
The Dance of Eternity
Lie
Pale Blue Dot
Pull Me Under
Gli
Smashing Pumpkins sono stati per me una piacevole scoperta (live), reduci da un disco quantomeno strano come “
Shiny and Oh So Bright, Vol. 1 / LP: No Past. No Future. No Sun.”, uscito a gennaio dell’anno scorso, offrono uno show davvero folle e fantasioso, sin dalla scenografia. Infatti quest’ultima presenta tre grandi gonfiabili a mo’ di “robottoni” circensi, con un’aria di “
Infinte Sadness”, per fare una piccola citazione all’album che ha reso famosi i nostri. Tant’è che nella scaletta degli
Smashing Pumpkins (ben più lunga dei loro predecedenti compagni di palco), appaiono poche delle canzoni presenti nell’appena citato
“Mellon Collie And The Infinite Sadness”, solamente
Zero, Bullet With Butterfly Wings e 1979.
C’è da dire che il concerto è retto quasi solamente dal cantante chitarrista
Billy Corgan, bravissimo nell’esecuzione dei brani e nel rapporto con il pubblico. C’è anche da dire che lui è l’unico con un costume di scena ed un trucco in faccia, scelta ad hoc per puntare tutte le attenzioni su di lui. Scelta giusta? Proprio non so dirlo, gli altri membri hanno fatto comunque un ottimo lavoro strumentale per oltre un’ora e mezza, grandi pezzi e grande emozione. Grande emozione derivata anche dalla penultima canzone, cover di
Wish You Where Here dei
Pink Floyd.
Scaletta degli
Smashing Pumpkins:
Siva
Zero
Solara
Knights of Malta
Eye
Bullet With Butterfly Wings
Tiberius
G.L.O.W.
Disarm
Superchrist
The Everlasting Gaze
Ava Adore
1979
Cherub Rock
To Sheila
Wish You Were Here (Pink Floyd cover)
The Aeroplane Flies High (Turns Left, Looks Right)
Passiamo agli attesissimi headliner, per la prima volta in italia dopo oltre 12 anni, unica data italiana del tour precedente all’uscita del tanto atteso quinto album. Che dire? Immensi. I
Tool ci offrono uno spettacolo impeccabile ma gelido, freddo e distante. Ma del resto è una loro caratteristica, non una colpa.
Maynard, cresta punk rossa, se ne sta dietro le fila, accanto alla batteria, si vocifera che sia fotosensibile.
Nella scaletta sono stati inclusi i classici ma anche due delle nuove canzoni già eseguite in altri concerti, la prima “
Descending” di ben 13 minuti all’incirca e la seconda, “
invincible”, più contenuta e a mio avviso anche più bella. Alla fine si parla sempre dei
Tool . Problemi tecnici? Ovvio! Si sentiva molto bassa la voce e gli altri strumenti soffocavano un po' quel poco che arrivava, ma penso che fosse un problema principalmente di quelli che come me stavano sotto il palco. Prestazione tecnica stellare. Non penso che eseguire certe cose ipertecniche, dove c'è bisogno di tantissima concentrazione e davanti a 45 mila persone, sia tra le cose più semplici che abbiano mai fatto.
Scaletta dei
Tool:
Ænema
The Pot
Parabola
Descending
Schism
Invincible
Sweat
Jambi
Forty Six & 2
Vicarious
Stinkfist
Report a cura di Carlotta Tenerini