Con lo scarso anticipo di poco più di dieci giorni decido di partecipare ad uno dei main events dell’estate, secondo solo all’ultimo giorno del
Rock The Castle a mio avviso.
Con più di un’ora e mezza di ritardo rispetto all’orario previsto per l’arrivo dall’agenzia di pullman, entro nell’anfiteatro naturale che ospita il Sonic Park quando gli
Eluveitie hanno già iniziato ad esibirsi con la canzone che da il titolo al loro ultimo album,
Ategnatos.
La cosa che salta subito all’occhio è quanto sia sgraziato e rozzo
Glanzmann con il suo mandolino che viene suonato come fosse una chitarra dei
Grave o dei
Dying Fetus.
Scelta fuori luogo, ma visto quanto sia gremito di musicisti il piccolo spazio dedicato agli
Eluveitie, si può anche non far caso a lui e per concentrarsi sugli altri strumenti folkloristici che i nostri hanno portato onstage, come l’arpa celtica a tracolla di
Fabrienne Erni o il bizzarro
Hurdy gurdy a manovella. Gli svizzeri il 27 Giugno, davanti a non più di 2 o 3mila persone, hanno offerto un più che dignitoso concerto. l 35 gradi all’ombra non hanno di certo aiutato l’esibizione, e c’è da dire che qualche piccola caduta di stile c’è stata, principalmente nelle prestazioni vocali di
Ermi, ma nulla di grave, non più di qualche volta in cui non si è sentita bene la voce. D'altronde ero sotto il palco, alla fine di questo primo concerto ero alla transenna, e i suoni non sono questo granchè.
Il primo spettacolo è finito, esco dal pit, mi vado a procurare un paio di magliette belle nuove e dell’acqua. In meno di mezz’ora sono di ritorno, appena in tempo per godermi il concerto degli americani
Corrosion Of Conformity.
Vedo in giro tante maglie dei
Trivium, indossate da ragazzi che credo non sapessero della loro sostituzione con i
Corrosion Of Conformity, a causa di un’azione degli organizzatori del festival: ovvero il fatto che hanno appiccicato il logo dei
Trivium sulla locandina del concerto senza prima sentire se erano disponibili per suonare in questa data a Bologna.
Premettendo che conosco molto poco la musica dei
Corrosion Of Conformity sono riuscito ad apprezzare e godermi questo concerto.
Dal caldo il bassista quasi quasi cadeva morto stecchito a terra con i suoi pochi peli biondi che si trova sul capo. Da segnalare qualche problema tecnico alla chitarra di
Weatherman, ma risolvibili con la semplicità con cui si cambia chitarra.
L’hard rock/stoner/doom metal/qualsiasi cosa sia dei
Corrosion Of Conformity è stato eseguito con impeccabile tecnica, precisione e passione, dalle ritmiche agli assoli, sul palco, nonostante i torrido caldo si respirava aria di divertimento e giocosità, un gran concerto che non mi aspettavo.
Finita l’esibizione è ora il turno di un’altra giratina agli affollatissimi rubinetti d’acqua, anche perchè siamo sui 40 gradi buoni e di erogatori ce n’è solo uno nella mia zona. Il terreno del pit inizia ad essere non più prato ma fango.
Avevo già visto i
Lacuna Coil a
Lucca Comix lo scorso anno, e come concerto ho preferito di gran lunga quello, per il fatto che era di sera e non avevo la testa che scottava, sul quale ci si poteva friggere un uovo.
A fronte di poco più di 45 minuti di concerto sotto 40-41 gradi, i
Lacuna Coil offrono comunque un concerto rispettabilissimo, sempre supportati dal pubblico. Durante alcuni momenti nel quale i tecnici cercavano di risolvere dei problemi con la batteria e con il basso,
Cristina Scabbia ha saputo ben intrattenere il pubblico con una frase che suonava tipo ”
noi non vi lasciamo qui in silenzio sotto il sole, non usciamo dal palco, cantiamo tutti insieme, questa la sapete sicuramente! Living easy, living free, Season ticket on a one-way ride…” e tutto il pubblico inizia ad intonare la prima delle canzoni degli
AC/DC che sentiremo durante la giornata. Il trucco di
Maki inizia a sciogliersi dal sudore, tant’è che ad un certo punto decide di mettersi sulla testa un asciugamano nero che gli affibbia d’ufficio la nomina di
Darth Maki, unendosi al lato oscuro della musica.
Con il lancio di uno sciame di plettri ha inizio un’altra estenuante attesa, ma che riusciamo a riempire con una giratina alle fontanelle, che in media una mezz’oretta riesce a prenderla.
Torniamo così nel pit, tutti bagnati e con i bicchieri pieni. Poco più di dieci minuti d’attesa e l’inconfondibile ciuffo di
Alex Skolnick fa capolino da dietro le quinte.
Per ascoltare la musica dei
Testament ho scelto proprio il posto sbagliato. Sotto il palco bassi troppo alti e alti troppo bassi, si sentivano principalmente
DiGiorgio e
Hoglan, il primo stava per avere un colpo di calore, si vedeva che stava male sin dalla seconda canzone, il secondo alla fine stava per cascare a terra dal mix caldo+sfinimento del suonare la musica dei
Testament in modo impeccabile.
La scaletta è infatti dominata da brani di
The Gathering (3 pezzi) e
Brotherhood Of The Snake (2 pezzi), rimpiango l’assenza di brani di
Practice What You Preach, che quest’anno di anni ne compie ben 30. Solo una canzone dai primi due dischi,
Over The Wall, immancabile, e
Into The Pit, prima del quale riesco a raccogliere un plettro di
Skolnick. Dopo la raccolta del sacro cimelio, mi animo: mi gaso e inizio a pogare ed a urlare “IN-TO-THE-PIT” come se non l'avessi mai fatto (cosa vera ad un concerto dei
Testament, in cameretta l’ho fatto). Si conclude il tutto con la doppietta
Over The Wall e
The Formation of Damnation, cosa inaspettata, perchè mi aspettavo in chiusura
Alone In The Dark o
Disciples of the Watch, ma è stato comunque un grande concerto, emozionante ed intenso.
Skolnick vola sui tasti della sua chitarra,
Chuck Billy diventa anche lui un lord Sith per un po’, facendo air guitar sul sul manico del suo microfono, ogni tanto sputa, ride tanto e tira plettri.
Peterson granitico, tira qualche plettro, non cambia mai chitarra e suona in maniera impeccabile. Non vedo l’ora di tornare a vedere i californiani qui in Italia.
Apro una parentesi sulla differenza del concerto dei
Testament e degli
Amon Amarth (e anche
Slpiknot, ma più degli Amon), parentesi che mi piacerebbe che diventasse un argomento di discussione nei commenti.
Partiamo dalle scenografie:
scenografia dei
Testament: molto semplice, molto ‘80, con il logo bianco su nero come sfondo e due banner ai lati della batteria con parte della copertina del primo disco;
scenografia degli
Amon Amarth: elmo vikingo sul quale è situata la batteria, scale di finto marmo ai lati dell’elmo gigante e diversi sfondi (logo della band, copertina di
The Berserker e copertina di
Jomsviking).
Concerto dei
Testament: concerto senza fronzoli, dialogo e risate in il pubblico.
Concerto degli
Amon Amarth: concerto teatro per almeno 3/4 canzoni. Per concerto teatro intendo un concerto con degli attori ed una regia. In queste tre canzoni (sinceramente non mi ricordo quali) escono da dietro le quinte due combattenti vichinghi, armati di spada e scudo, pelliccia ed elmo, nella prima di queste (se non sbaglio
Way Of The Viking) ‘sti vichinghi iniziano un duello all’ultimo sangue, nelle altre questi due attori mettono in scena un balletto orrendo sulle scalette di finto marmo di cui parlavo prima. In altri concerti durante
Twilight Of The Thunder God, spunta sul palco il grande serpente del mondo da dietro la batteria. Per non parlare del fuoco, che ad ogni fiamma arrivava a decine di metri di distanza una vampata di calore.
Ora: il pubblico degli
Amon Amarth si concentra molto di più sullo spettacolo, il pubblico dei
Testament sulla musica. Nel 2019 la musica non vale quasi più nulla, nonostante la performance degli
Amon Amarth sia impeccabile, non basta. Hanno un disperato bisogno di attirare l’attenzione del pubblico in tutti i modi.
Non ho visto tutta la performance degli
Amon Amarth, dopo le prime 7/8 canzoni mi sono scartravetrato i testicoli e sono andato a farmi un giro negli stand che non avevo ancora visitato, come quello di
EMP o di un venditore di magliette, nel quale ho acquistato 3 magliette per soli 20€, e un deserto rubinetto d’acqua. Durante la parte che ho visto (la parte iniziale), fino a
Legend Of Banished Man, annunciata da
Hegg, ricordando che è quasi il ventesimo anniversario di
The Avenger. Gli Amon Amarth hanno eseguito tutte le canzoni in maniera impeccabile da professionisti-macchinette ma con pochissima interazione con il pubblico (
Johan Hegg forse un filino si, ma non di più).
“
For those about to rock, we salute you...”
Con questa canzone si conclude l’attesa che ci ha permesso di cenare e bere una birra dal folle costo.
Parte per scherzo
Back in Black, accompagnato da un boato come dire “che palle” dal pubblico.
(sic), poco più di un minuto di rumori disturbanti ed il MAS-SA-CRO ha inizio.
People=Shit apre le danze ad uno dei poghi più violenti che abbia mai visto, con il solito sfigato del “
avete visto un telefono?”
Gli
Slipknot sono un gruppo che unisce generazioni, nonostante siano in giro da solo poco più di vent’anni, attirano dai bambini con le cuffione isolanti ai padri di famiglia con capelli corti e tatuaggi, metallari e non.
La scaletta ripercorre bene o male tutta la (breve) discografia degli
Slipknot, dando maggiore rilevanza al debutto omonimo, che come è uscito dalle plasticose labbra di Taylor, “
This year turn 20”.
Ed ecco la nuova
Undiainted, primo e fino ad ora unico singolo del nuovo
We Are Not Your Kind, che riscalda ulteriormente la temperatura dei presenti, nonostante sia la più nuova delle canzoni proposte già la si sente urlare, cantare e vivere come se fosse già un classico.
Disasterpiece, Before I Forget, Psychosocial, The Devil in I, Vermilion...il pogo non si ferma mai se non quei 4 secondi tra una canzone e l’altra, non vi mentirò, mi sono divertito da matti. Di base non mi piace il pogo, perchè gli ignoranti pogano anche agli
Iron Maiden, però agli
Slipknot si può, anzi, si deve pogare.
Oltre a
Corey Taylor i veri protagonisti-ballerini sono
Clown, l’ignoto percussionista e
Sid Wilson, che suona ben poco rispetto agli altri.
Chitarroni monolitici e precisione chirurgica della sezione ritmica, questo rende ineccepibile e spettacolare un concerto degli
Slipknot.
La novella
All Out Life e
Duality concludono apparentemente il concerto, lasciando tutti sfiniti, sudatissimi ma contenti.
Tornano tutti e nove sul palco per concludere per davvero con
Spit It Out e
Surfacing. Ora è finito per davvero, quello che si vocifera tra gli addetti ai lavori è che sia l’ultimo Tour con
Corey Taylor, e io anche per un fattore marketing lo spero per davvero…
Non tanto perchè sia l’ultimo in se', ma perchè non lo dicano prima per fare qualche milione di dollari in più, sarebbe veramente una mossa azzeccata, solo se non facessero tra 10 anni la reunion, allora lì si che sarebbero da prendere a schiaffi.