Ennesima calata italica per i
Sonata Arctica, un gruppo che finalmente anche da noi ha trovato i consensi che avrebbe meritato sin da inizio carriera. Certo, è strano notare come ogni volta i brani più acclamati dal pubblico siano quelli relativi ai primi due dischi (
cosa c'è di strano, i primi due dischi sono capolavori, quelli successivi...lasciam perdere! NdGraz), quelli in cui il gruppo era giovane e inesperto e soprattutto passava dalle nostre parti solo come special guest di act ben più famosi. Ad ogni modo, trovare il Fillmore (locale bellissimo, situato nella carinissima cittadina di Cortemaggiore, nota soprattutto per essere stato il luogo dove Enrico Mattei costruì le sue fortune) letteralmente straripante di gente, è una cosa che non può che far piacere, visto che la band finlandese è passata da noi per ben due volte negli ultimi dodici mesi, e nel frattempo non è uscito nessun nuovo album.
Questa sera di spalla ci sono due interessanti realtà power prog, gli australiani
Vanishing Point (già stati in tour con Tony Kakko e soci nel 2001) e i norvegesi
Pagan's Mind. I primi me li perdo a causa dell'inizio anticipato dello show e alla difficoltà a trovare un buco per la macchina. I secondi mi sono apparsi piuttosto inconcludenti, alle prese con un repertorio interessante ma privo delle qualità indispensabili per colpire nel segno e non annoiare dopo dieci minuti. Ciononostante, offrono una prova più che discreta, animata dal singer Nils K. Rue, che ricorda a più riprese le sue frequenti visite in Italia, raggiungendo l'apice del trash con una improvvisata citazione di "Come prima, più di prima...". Il pubblico partecipa ad un buon livello e lasciano lo stage tra gli applausi. Non mi hanno convinto, ma bisogna prendere atto della passione e dell'onestà.
I
Sonata iniziano poco prima delle 23 (orario terrificante, se sei a 150 km da casa e il giorno dopo devi lavorare) e un boato assordante accoglie il loro ingresso sul palco. L'inizio è quello solito con "
In black and white" e "
Paid in full" e i volumi, pur non essendo altissimi, risultano ben bilanciati, dandoci la possibilità di ascoltare con precisione ogni singolo strumento. La prima sorpresa arriva col terzo brano: esecuzione integrale di "
White pearl, black ocean", uno di quei brani che aspettavo di sentire dal vivo dal giorno stesso in cui uscì "
Reckoning night". Ottima e decisamente emozionante l'esecuzione, nonostante i cori non proprio precisi e la voce di Tony Kakko protagonista di qualche sbavatura. Valeva la pena di esserci solo per questa song, ed è dunque un peccato notare come il pubblico, pur mostrando di apprezzare, dia segni di delirio solo con le successive "
Replica" e "
8th Commandment", due brani eccezionali senza dubbio, ma lontani anni luce dallo splendore della gemma precedente.
Siamo sempre alle solite: il nuovo corso della band fa riempire i locali, ma poi i metal kids si esaltano solo per i soliti brani... mistero che difficilmente riuscirò a risolvere!
Si prosegue con "
Last drop falls", una ballad che i nostri avevano lasciato fuori dal concerto dello scorso anno e che Kakko rende in maniera veramente emozionante. Con "
Caleb" ritorna il nuovo album e appare chiaro come i pezzi più recenti siano eseguiti con maggiore agilità e naturalezza, tanto che adesso la loro resa è decisamente buona! Menzione d'onore per il nuovo chitarrista Elias Viljanen, ormai perfettamente integrato col resto del gruppo. Ne avevo scritto un gran bene in occasione della data dello scorso anno, e sono costretto a ripetermi: tecnicamente migliore di Jani Liimatainen, ha dato al gruppo una marcia in più e i suoi soli sono puliti e precisi, tanto che i presenti rimangono giustamente a bocca aperta.
Con "
Black sheep" si torna sui sicuri sentieri di "
Silence", e anche qui il coro dei fans è l'autentico protagonista, oltre che gli assoli del mattatore Henrik Klingenberg, assieme a Tony l'autentico animale da palco di questa band. Giunge poi il momento dell'altra, bellissima sorpresa della serata: l'esecuzione di "
Draw me", straordinaria ballata che non credo i nostri abbiano mai proposto dal vivo (in Italia sicuramente no!).
Anche qui i brividi corrono lungo la schiena e anche qui non possiamo fare a meno di lodare un singer decisamente superlativo. Certo, tecnicamente non è un granché, la precisione non è mai stata il suo forte, ma si vede che crede nelle cose che canta, e il pathos che infonde ad ogni nota è veramente poco comune...
Non poteva mancare "
Full moon", che in sede live miete sempre le sue vittime e che anche questa volta fa il suo dovere alla grande (ottima la trovata di suonare la prima strofa con tempo accelerato, e con l'accompagnamento di un massiccio riff chitarristico, invece che il solito piano)! Oramai sono abituato alla breve durata dei loro show, per cui non mi stupisco quando i cinque finlandesi lasciano il palco. Vi ritorna, pochi minuti dopo, il solo Tony Kakko, che intrattiene i presenti con la solita, divertente gag della finta batteria. Fanno poi il loro ingresso anche gli altri ragazzi, e via con una riuscitissima versione di "
Gravenimage", che già lo scorso anno avevamo avuto modo di ammirare. Il finale è come sempre appannaggio delle solite due: "
Don't say a word" e "
The cage", con la coda roboante di "
Vodka Song". E' il solito tripudio di cori e salti, a celebrare l'ennessima esibizione di successo di quella che sta a mio parere diventando la migliore realtà del metal europeo.
Già così non mi stancherei mai di vederli. Se poi decidessero anche di cambiare totalmente la setlist e di suonare mezz'ora in più ogni sera...