La città ove risiedo,
Mantova, sarà ricca di storia e cultura quanto volete, ma definirla “centrale”, in termini di eventi e manifestazioni, sarebbe leggermente iperbolico; restringendo il campo ai concerti
metal andiamo ancor peggio, benché qualcosa, negli ultimi anni, si stia smuovendo.
Ecco: stasera un discreto scossone viene dato dai
Ghost, che scelgono la città natale di
Virgilio quale unico teatro in suolo italico per la
leg europea del “
The Ultimate Tour Named Death”.
Sospinto dalla rara vicinanza, e motivato altresì dalla passione che nutro per l'
opening act, giungo all'
Arena in scooter con quindici rassicuranti minuti di anticipo. Peccato che, oltre alle problematiche conseguenti ad un principio di assideramento, ci si debba scontrare con una inquietante evidenza: i cancelli sono ancora chiusi, e davanti ai miei occhi si materializza un’altrettanto inquietante fila.
Le conseguenze sono tanto ovvie quanto spiacevoli: quando si diffondono nell’aere le prime note di “
Nightbound”, gli infreddoliti astanti hanno appena iniziato a confluire all'interno del palazzetto. Così, riesco ad assistere allo
show dei
Tribulation quando la terza canzone in scaletta sta già volgendo al termine.
Inserite pure improperio / bestemmia / espressione ingiuriosa di vostro gradimento…
Chiudo la reprimenda con un ultimo spunto di riflessione: fuori si gela, ma dentro non va molto meglio. Mi può anche star bene coltivare la narrativa del metallaro impavido ed incurante delle intemperie e del concerto inteso come esperienza; cionondimeno, richiederti più di cinquanta Euro per poi stiparti in un una cella frigorifera mi sembra perlomeno poco carino.
Va beh, pensiamo alla musica che è meglio...
Musica si diceva, e quella della band svedese, come scrivevo poc’anzi, mi è sempre garbata parecchio. Poco conta che le oscure sonorità dei Nostri escano piuttosto sporche e ovattate dalle casse: chi conosce i brani in scaletta non avrà faticato a farsi coinvolgere da una performance efficace, puntuale e non priva di coinvolgimento.
Misurata ma comunque buona la presenza scenica del combo di
Arvika, che osservo dal vivo per la prima volta e che ha saputo confermarmi le ottime impressioni suscitate dal recentissimo “
Alive & Dead at Södra Teatern”.
Al netto del clima siberiano -quello del fattore climatico sarà il
fil rouge del
report, sappiatelo-, di un pubblico ancora sparuto e di un impasto sonoro, come detto, non nitidissimo, quella dei
Tribulation passa agli annali (ai mei, perlomeno), come performance ampiamente positiva.
Da rivedere quanto prima e dall’inizio, se ci verrà permesso di farlo…
Si cambia decisamente clima... musicalmente parlando: dalle fredde foreste scandinave alle assolate valli del
Tennessee.
Lo stacco, in effetti, è notevole: dal metal estremo tinto di
gothic dei
Tribulation passiamo ad un
southern noise rock dalle forti tinte psichedeliche. Il
sound della
band proveniente da
Nashville è polveroso, valvolare e riverberato (loro riassumono, in modo piuttosto azzeccato, con “
sweaty beats and dope riffs”) e non annovera la frenesia tra i suoi tratti distintivi.
Le composizioni dei tre giovincelli si sostanziano in prolungate ed errabonde divagazioni strumentali,
pattern ritmici tanto
groovy quanto ripetitivi e sussulti distribuiti col contagocce, il che rende l'esibizione ostica per molti spettatori.
Gli
All Them Witches, in ogni caso, dimostrano di saper padroneggiare un genere piuttosto di nicchia dalle nostre parti; alcuni brani scorrono meglio di altri, ma una volta entrati nel
mood ci si lascia piacevolmente trasportare (al netto di un
drummer davvero brutto alla vista: postura ingobbitissima sul
kit e rigidità quasi robotica nel movimento degli arti superiori).
Gruppo preferibilmente da ascoltare nel deserto dopo aver fatto ampio consumo di sostanze psicotrope, ma anche in questo contesto più “canonico” non mi è dispiaciuto.
Sono le 21 precise quando il consueto intro “
Ashes” mette il folto (oltre 4.000 anime) pubblico sull’attenti. Cala il sipario, e ci si accorge che i
Nameless Ghouls hanno già preso posizione su un elaborato
stage simil-cattedrale sviluppato su gradini; di lì a poco vengono inaugurate le danze con “
Rats”, contraddistinta da un’autentica ovazione per l’ingresso sul palco di
Cardinal Copia (con completo rosso fiammante).
Gli spettatori, piuttosto cheti a livello di movimento -o meglio: perlopiù immobili come statue- non lesinano in termini di cori, soprattutto in occasione dei ritornelli.
Meglio così, posto che nei primi brani in scaletta la voce di
Forge fatica ad imporsi nel mix.
I volumi si stabilizzano con la nuova “
Mary on a Cross”, davvero godibile in sede
live e già intonata alla perfezione dai presenti, ad ennesima conferma della fedeltà di una
fanbase oltremodo eterogenea, sia per
background musicale che per età.
Chi ha avuto la fortuna di assistere a concerti dei
Ghost negli ultimi anni saprà quanto peso venga accordato al puro intrattenimento: outfit, impianto luci, fondali, movenze sul palco, siparietti tra musicisti… tutto è meticolosamente studiato per coinvolgere e divertire.
Non che il profilo esecutivo ne risulti svilito: le composizioni di
Tobias, sebbene non intricate o tecnicamente ardue, vengono riproposte in modo impeccabile dalla
line up allargata (ben due tastieriste di sesso femminile). Insomma: i
ghouls saranno pure
nameless e senza volto, ma sulle assi di un palco ci sanno fare eccome.
Nonostante le temperature ancora artiche -sulle quali lo stesso
Cardinale scherza in un paio di occasioni-, la setlist scorre che è una meraviglia, tra classici irrinunciabili (penso
in primis a “
Cirice” e “
Ritual”), preziosi distillati di melodia (l’entusiasmante strumentale “
Miasma”, “
Ghuleh/Zombie Queen”) ed episodi in cui emerge il carattere più roccioso della compagine mascherata (i
riff di “
Faith” e “
From the Pinnacle to the Pit”).
Tuttavia, a rubare definitivamente il cuore degli astanti è la doppietta “
Year Zero” – “
He Is”: da sgolarsi la prima, da lacrimuccia la seconda (anche se io, da buon matusa nostalgico, alle luci dei cellulari continuo a preferire i cari vecchi accendini).
Purtroppo, la scaletta si rivela meno torrenziale rispetto a quella di cui avevo usufruito in quel di
Amburgo lo scorso febbraio (25 pezzi per quasi 3 ore di show); oltre a ciò
Forge, sempre più istrionico e gigione ad ogni mese che passa, si fa forse troppo ciarliero qua e là.
Per fortuna, ogni
impasse o momento di perplessità viene spazzata via dal possente incedere di “
Mummy Dust”, interpretata con notevole cattiveria canora e conclusa con un’esplosione di coriandoli verdi.
Il clima si mantiene festoso e disimpegnato con la tripletta conclusiva, inaugurata dalla recente “
Kiss the Go-Goat” e conclusa dai tormentoni “
Dance Macabre” e “
Square Hammer”.
Spiace per l’assenza di “
Monstrance Clock”, ma a fronte di uno spiegamento di
chorus così anthemici e contagiosi pare difficile lamentarsi.
Ed in effetti non mi lamento affatto; anzi, dopo aver tributato la giusta dose di applausi ai sempre più convincenti
Ghost, imbocco l’uscita dell’Arena davvero felice e soddisfatto.
Peccato solo che debba tornare a casa in scooter. Brrr…
Alla prossima, e che
Nostro Signore Lucifero possa preservarvi sempre dal freddo e dal gelo!
TRIBULATION setlist:
1-
Nightbound2-
Melancholia3-
The Lament4-
The World5-
Cries From the Underworld6-
The Motherhood of God7-
Strange Gateways BeckonALL THEM WITCHES setlist:
1-
Funeral for a Great Drunken Bird2-
3-5-73-
1x14-
Diamond5-
Charles William6-
Dirt Preachers7-
Blood and Sand / Milk and Endless Waters8-
When God Comes BackGHOST setlist:
1-
Ashes2-
Rats3-
Absolution4-
Faith5-
Mary on a Cross6-
Devil Church7-
Cirice8-
Miasma9-
Ghuleh/Zombie Queen10-
Helvetesfönster11-
Spirit12-
From the Pinnacle to the Pit13-
Ritual14-
Satan Prayer15-
Year Zero16-
He Is17-
Mummy Dust18- K
iss the Go-Goat19-
Dance Macabre20-
Square Hammer