L’appuntamento è alle ore 19, al Dedolor Music Headquartes, a Rovellasca, paesino nel comense situato nel parco della Lura. Il freddo non da tregua e l’oscurità che inghiotte il piccolo ma funzionale locale rende la serata davvero singolare.
Dedo, il simpatico proprietario del locale, ci accoglie calorosamente e mentre i
the Modern Age Slavery si apprestano a fare il soundcheck, abbiamo l’occasione per scambiare quattro chiacchiere con
Richie Cavalera (sapete chi è, vero?) degli
Incite e i suoi compagni d’avventura.
A breve, sempre su Metal.it, l’intervista esclusiva che gli Incite ci hanno rilasciato.
Il freddo, fuori, è davvero pungente, cosa che purtroppo non ha apportato una grande affluenza di pubblico per questo live ma, nonostante il numero esiguo di persone presenti, le tre band che hanno calcato il palco stasera hanno suonato come se si fossero trovate di fronte ad un pubblico da festival. Ma andiamo con ordine.
Alle ore 21 circa salgono sul palco i
The Last Horse, band proveniente dall’hinterland settentrionale milanese la quale propone un interessante mix di Hardcore dalle sonorità old school e “straight in your face”. Il palco lo sanno tenere, si vede che hanno esperienza. Scambiando quattro chiacchiere con i membri della band, scopro che hanno avuto l’occasione di suonare davvero tanto in giro, sia con la loro band sia con pregresse formazioni. Tanta esperienza ha reso il loro set di quasi quarantacinque minuti godibile e interessante. Restiamo in attesa del loro album d’esordio, del quale, purtroppo non c’è ancora una data di pubblicazione.
Setlist The Last Horse
That night in 2 minutes
Takers conversation
Ode to a young man
The last horse
172 – Unpredictable
Shake off bad influence
To be fair
Old questions
Letters LettersSono circa le 22 quando salgono sul palco i
The Modern Age Slavery. La band emiliana non ha di certo bisogno di presentazioni. Conosciutissima non solo in Italia ma in tutta Europa, costantemente impegnata in tour assieme a nomi di livello internazionale (Jinjer, Infected Rain, in futuro prossimo anche Slipknot, solo per citarne alcuni), il loro mestiere lo sanno fare, ed anche molto bene. Personalmente li ho già visti live numerose altre volte, anche all’estero, e il loro puro, potente e arrabbiatissimo muro sonoro ogni volta fa breccia nei cuori e nelle menti dei metalheads presenti nelle varie venues. Questa sera la line up ha subito un cambiamento: a causa di alcuni impegni del vocalist
Giu Box, impegnato all’estero a causa di importanti progetti personali, il microfono è nelle salde mani di
Mattia Sogari, voce potente e travolgente e incredibile presenza scenica.
L’esibizione parte in quarta con
Reprisal Within e
Miles Apart, brani tratti dall’ultimo LP della band, Stygian, del quale suoneranno anche la cupa e potentissima
The theory of shadows. La sezione ritmica è precisa come un orologio svizzero nonostante i bpm elevati, molto elevati:
Federico Leone dà spettacolo dietro i tamburi, senza mai perdere il tiro, e il basso di
Mirko Bennati crea un poderoso e solido ponte con le due asce a sei corde. Il riffing, tecnico ma al contempo forsennato di
Luca Cocconi, che corre sul manico con nonchalance ma con precisione, completano un sound che è come una barca che cerca di infrangere le ostiche onde del fiume infernale che da il nome al loro ultimo disco. A fare da frangiflutti, anzi, a rimandare indietro le onde che vengono incontro alla succitata metaforica barca, il growl incredibile di Mattia.
Il repertorio presentato questa sera, oltre ai succitati pezzi presi da Stygian, attinge anche dai precedenti lavori della band:
Damned to blindess,
Obedience e
Vile mother earth. Tutti eseguiti in maniera impeccabile, come da Cd (l’apporto di Dedo, al mixer, ha fatto funzionare l’alchimia davvero bene). Ciliegina sulla torta: una cover di
Disciple degli
Slayer, ovviamente presentata e suonata con lo stile dei TMAOS.
Davvero, cari lettori di Metal.it, controllate i cartelloni e se vedete che suonano dalle vostre parti non lasciateveli sfuggire.
Setlist The Modern Age Slavery
Reprisal within
Miles Apart
Damned to blindness
The silent death of Cain
Disciple (Slayer’s cover)
Vile mother earth
The theory of shadows
Obedience
Icon of a dead WorldSono circa le 22 quando la band di
Richie Cavalera calca il palco. Durante l’intervista ho scoperto che la tradizionale line up che ha registrato gli ultimi tre lavori della band ha subito un cambiamento: alla sei corde è subentrato
Eli Santana. Cognome impegnativo per un chitarrista, per ovvi motivi, ma che durante la serata, ci farà capire il perché è stato scelto dall’esigente Richie.
La venue, purtroppo non pienissima, non scoraggia i nostri i quali partono subito con uno show devastante, per di più con il mio loro pezzo preferito,
Built to destroy, quello che da anche il nome al loro ultimo album, uscito a gennaio dello scorso anno. Getto via il block notes degli appunti e mi getto al centro della pista a saltare coi pochi presenti.
Dall’ultimo lavoro, un gradevolissimo album di groove metal (ma le etichette, per questa band, sono una fottutissima gabbia del c…o), vengono suonata anche
Ruthless ways,
Resistence,
Bachbone,
Leech,
Savior Self.
Richie è un animale da palco: salta, si arrampica sugli amplificatori, fa headbanging in maniera selvaggia roteando la sua folta chioma come un forsennato. Lo show è diviso, idealmente, in quattro parti, ognuna delle quali introdotta da un’intro strumentale, nelle quali i tre musicisti - il già succitato Eli Santana alla chitarra,
Derek Lennon Lopez alla batteria,
Christopher El Elsten al basso – si divertono ad improvvisare e a preparare la platea all’assalto sonoro della sezione.
Birre sul e sotto il palco. Richie e i suoi interagiscono in maniera molto amichevole coi presenti che, nonostante il numero, riescono ad esprimere affetto e gratitudine ai musicisti sul palco, i quali che la stanno davvero mettendo tutto. Non si potrebbe escludere uno stagediving da parte dell’ispirato vocalist se le condizioni lo avrebbero permesso.
L’esibizione va avanti, proponendo oltre ai pezzi tratti dall’ultimo lavoro, chicche come
Slaughter,
Up in the hell e
Aftermath, presi dai dischi più vecchi.
L’ora e mezza di musica vola via in un attimo. Richie e i suoi commilitoni scendono dal palco per salutare i presenti e scambiare quattro chiacchiere e per bere una birra insieme. Show perfetto, in sintesi, nonostante la poca presenza di pubblico. Ma la magia creata dagli Incite, questa sera, nonostante le condizioni avrebbero potuto scoraggiare i più, ci fanno capire come questi ragazzi intendono il metal: come un’occasione in cui, ad ogni caso e ad ogni costo bisogna dare il meglio di se stessi e di divertirsi. E di farlo capire agli astanti che, seppur in numero esiguo, lo hanno colto al cento per cento. Non vedo l’ora di rivedervi, grandi Incite!
Setlist Incite
Intro
Built to destroy
Ruthless Ways
Resistence
Intro
Up in the hell
Aftermath
Stagnant
Tyranny
Losing grip
WTF
Backbone
Leech
Savior Self
Slaughter
ArmySi ringrazia
BAGANA AGENCY per la collaborazione.