Il giorno di San Valentino porta in regalo ai metallari meneghini un pacchetto niente male, una serata eterogenea che vede salire sulle assi del
Legend Club tre band di assoluto livello: i britannici
Savage Messiah, autori di un Power/Thrash Metal di stampo old school, gli austriaci
Serenity, alfieri del symphonic metal di gran classe, e i veterani
Rage, che dopo oltre 35 anni di carriera non hanno certo bisogno di presentazioni.
Puntualissimi alle 19.40 salgono sul palco i giovani, ma con già oltre 10 anni di carriera,
Savage Messiah, capitanati dal simpatico frontman
Dave Silver, alla voce e alla chitarra. Il biondo cantante si dimostra davvero molto simpatico e a suo agio sul palco, sfoggiando una conoscenza della nostra lingua davvero niente male, che mette dalla sua parte l'ancora scarso pubblico presente.
Non che ce ne fosse bisogno perchè la band sul palco ci sa davvero fare e offre un set di grande qualità proponendo un Power metal decisamente old school, basato su riff di chitarra ruvidi supportati da una voce rocciosa e potente.
I ragazzi sono qui per presentare la loro ultima fatica,
Demons, uscito nel maggio 2019 per
Century Media, attaccando subito con la opening track del suddetto disco,
Virtue Signal. I suoni, dopo qualche minuto di assestamento, si rivelano ben bilanciati permettendo di mettere in luce l'ottima qualità delle composizione della band britannica, che si dimostra a suo agio sia quando c'è da pestare duro, come su
Under No Illusions, o quando i ritmi si fanno più lenti e ragionati, come sulla emozionante
Live As One Already Dead.
Il pubblico apprezza decisamente la proposta dei cinque ragazzi e gli applausi e le urla di incoraggiamento sembrano davvero sentite.
In seguito all'arrivo sul palco di un losco figuro mascherato da batman, che con un piatto di pasta si presta a sfamare uno per uno i membri della band, il frontman
Dave Silver, sempre nel suo perfetto italiano, ci tiene a ricordare che questo è l'ultimo concerto del tour per loro, e che quindi le altre band avevano organizzato qualche scherzo, davvero simpatico e ben riuscito.
Nei 45 minuti a disposizione vengono proposti brani tratti dagli ultimi tre dischi della band,
Demons,
Hands of Fate, e
The Fateful Dark, sempre in maniera convincente e apprezzata da parte del pubblico, che dopo la conclusiva
Down and Out, ne vorrebbe ancora.
Prova quindi davvero convincente che ha scaldato il pubblico a dovere per le band successive.
Si cambiano decisamente i toni, ed è' quindi il turno degli austriaci
Serenity, freschi della pubblicazione dell'ottimo
The Last Knight, un concept album sulla vita dell'imperatore del Sacro Romano Impero, Massimiliano I . La proposta della band tirolese è molto più melodica delle altre band della serata, ma assolutamente ottima dal punto di vista qualitativo.
Il pubblico, decisamente aumentato rispetto ad inizio serata assestandosi a occhio sulle 200/250 unità, dopo un breve cambio palco in cui purtroppo non vengono montate le scenografie presenti in altre date, accoglie la band tirolese con grande calore.
La band, dopo l'intro che da il nome al nuovo disco, si presenta sulle note dell'ultimo singolo estratto
My Kigndom Comes, purtroppo penalizzata da suoni caotici e impastati, sovrastati dalla batteria, che non permettono di apprezzare le ottime melodie del pezzo. La situazione suoni migliora decisamente e si assesta su livelli più che buoni già sulla successiva
Reduced to Nothingness, tratta dal primo disco della band, targato 2007.
Il cantante,
Georg Neuhauser, è un grande frontman e sa come interagire e far muovere il culo al pubblico, che incitato risponde con grande partecipazione.
La forza dei
Serenity dal vivo sono i riusciti intrecci vocali che vedono la partecipazione ai cori di tutta la band, a supporto del lead vocalist.
La setlist, che va a pescare principalmente dal passato più recente della band, è ben bilanciata con la presenza di pezzi più lenti e melodici, come la magniloquente
Iniquity, tratta da
Codex Atalnticus, o la nuova e bellissima
Souls and Sins, che anche dal vivo mostra tutto il suo potenziale, alternati a pezzi più tirati, come
Set the World on Fire, dove la parte che su disco è opera di
Herbie Langhans, viene interpretata dai quattro membri della band in manier convincente
Molto simpatici sono i siparietti tra
Georg e l'italianissimo
Fabio D'Amore, bassista della band, che ricorda che la band non suona a Milano dal 2012, quando il frontman aveva ancora i capelli, lui stesso li aveva lunghi, mentre l'unico che non è cambiato e che non invecchia mai è il batterista
Andreas Schipflinger, che osserva divertito da dietro il drumkit.
Il concerto termina troppo precocemente sulle note della velocissima
Lionheart, title track del precedente disco, su cui la band saluta tra gli applaudi sentiti del pubblico.
Speriamo quindi che l'ottima prova di una grande band, mai abbastanza apprezzata nel nostro paese, possa aver fatto conquistare una nuova fetta di pubblico, e che ci sarà la possibilità nel breve futuro di rivedere i
Serenity nel nostro paese da headliner e con un pubblico nutrito.
L'atmosfera, già abbastanza calda per le ottime proposte della serata, si riscalda ulteriormente quando alle 22.00 si spengono le luci per il ritorno in Italia di una band seminale per il Power Metal teutonico, i
Rage, capitanati dal grande
Peavy Wagner, supportato alla chitarra dall'argentino
Marcos Rodríguez, e alla batteria dal greco
Vassilios "Lucky" Maniatopoulos, entrati nella band da ormai 5 anni.
Dato il numero considerevole di dischi prodotti dalla band teutonica (siamo ben oltre i 20), compresi numerosi capolavori a cavallo tra gli anni '80 e '90, costruire una setlist per un concerto dei
Rage, deve essere davvero complicato, ma i nostri, in tour per promuovere l'ultimo nato e non troppo convincente
Wings of Rage, cercano di pescare un po' da tutta la discografia, o quanto meno dagli album più "classici".
Vengo comunque estratti quattro pezzi dal nuovo disco, come
True e
Chasing the Twilight Zone, posti in apertura di setlist, o la title track, che dal vivo mostrano un buon potenziale, anche grazie agli ottimi suoni.
Per il resto è una carrellata di sano Power Metal di scuola teutonica, senza un attimo di riposo per circa 100 minuti, con la proposizione di grandi classici come
Shadow Out of Time, o
Until I Die, tratti dall'amatissimo
Black in Mind o la bellissima
Invisible Horizons, del 1989, anticipata da un simpatico siparietto del chitarrista che promette che cercherà di non rovinare l'assolo del grande
Manni Schmidt, missione, a mio modo di vedere, decisamente riuscita.
La band è davvero affiatata e anche il buon
Peavy Wagner regge benissimo per tutto il concerto, supportato dal calorosissimo pubblico che canta tutti i pezzi insieme alla band.
Il concerto si conclude alla grande e nella maniera più classica, con i pezzi da 90, ovvero
Don't Fear the Winter e
Higher than the Sky, all'interno della quale vengono proposti in medley grandi classici dell'heavy metal, come
Princess of the Night dei
Saxon,
Heaven and Hell dei
Black Sabbath, su cui
Marcus sfoggia la sua ugola che ricorda molto il compianto
Ronnie James Dio,
Seventh Son of Seventh Son e
Fear of the Dark degli
Iron Maiden.
In definitiva i
Rage, a conclusione di una serata riuscitissima, si confermano una ottima live band, peraltro molto disponibile a fine concerto per foto ed autografi con tutti i presenti. Una band di culto da cui c'è solo da imparare.