High On Fire 5 giugno 2022, Circolo Magnolia
On stage report
High on Fire + Stake + Tons + + Pugnale + HusqwarnaH
“
All give praise as the ace hits the stage
All are amazed at the cards that he played
My homage paid to the king in his grave
He’s playing bass & he’s melting your face”
Se le parole di ossequio in “
Electric Messiah” sono una dedica al Re nella sua tomba, stasera le mie sono per te,
Matt Pike, al solito granitico e al tempo stesso costantemente in bilico tra la vita e la morte. Un pellegrino in grado di muoversi liberamente tra i due piani esistenziali che, devastandoci le orecchie e strizzando i nostri cuori fino a farli piangere, ci consegna la “
parola degli antichi dei”.
Ma partiamo dall’inizio, anzi da prima dell’inizio.
Prima volta al Circolo Magnolia di Milano e prima volta che “banchetto” con la famiglia di Metal.it. Non male farlo parlando della band formata da Matt Pike nel 1998 dopo la deflagrazione della Chimera chiamata
Sleep.
Iniziamo.
Domenica pomeriggio ancora leggermente stonato, lenta ripresa dopo la combo venerdì-sabato. Guardo il cellulare, sono le ore 18:00. Butto un occhio anche al calendario visto che tendo a perdermi nel tempo, fortunatamente leggo 5 giugno. Non mi sono perso più di tanto questa volta. Telefono al Circolo Magnolia per avere conferma del regolare svolgimento del concerto High on Fire + Stake + Tons + Pugnale + HusqwarnaH e della possibilità di acquistare i biglietti in cassa. Fatico ancora a digerire la cancellazione dei live di
Bikini Kill e
Fu Manchu previsti per questo mese. Oggi però c’è Matt e lui è uno di parola. Doccia veloce, jeans, scarpe, t-shirt nera QOTSA o viola Melvins? Ovviamente pillola viola, la storia della band lo impone.
Penso a
Joe Preston che ha suonato nella band di King Buzzo dal 1991 al 1992, e bassista di HOF dal 2002 al 2005.
Penso a
Coady Willis, attuale batterista di HOF e componente dei
Melvins per oltre una decade, presente tra l’altro nell’album “
(A) Senile Animal” pubblicato con l’
Ipecac Recordings a ottobre 2006. Ascolto tosto che consiglio fortemente.
Comunque, scendo le scale e in meno di mezz’ora sono al Magnolia. Il posto è veramente accogliente, i due palchi inseriti all’interno del parco e incorniciati dagli alberi creano un microcosmo. C’è da aspettare, inganno l’attesa con una birra. Ultimo sorso ma è ancora presto, mi alzo e vado a guardare la strumentazione montata: davanti la linea di ampli e batteria per i Guest, dietro il set di HOF, bei marchi oltre all’immancabile Orange.
PUGNALEIl palco è piccolo e disordinato, è vivo, emana ottime vibrazioni. On stage trovo PUGNALE: trio cazzuto, voce, chitarra e batteria colpiscono duro offrendoci una mezz’ora di Grind serrato a tinte black. Il frontman che riempie la scena da solo è ben assistito dalle trame costruite dagli altri due, veramente bravi. I ragazzi di Bergamo lasciano il palco a HUSQWARNAH.
HUSQWARNAHSono cinque i membri della formazione milanese: due chitarre, basso, voce e batteria, ci fanno rompere il collo con un ottimo death metal e lo fanno alla grande. Oscurità e violenza si alternano e si miscelano con classe mentre si viaggia a tutta velocità verso l’inferno. Ho ascoltato il loro album “
Front: Toward Enemy” pubblicato a dicembre dello scorso anno e mi è piaciuto, consiglio.
STAKEAnticipa l’esibizione per un cambio programma dell’ultimo secondo. La band belga alle prese con un intenso tour europeo fa scalo al Magnolia.
Nel loro post-rock convergono molti elementi: ritmi doom cadenzati e ripetitivi, fraseggi protostoner, fragranze hard blues, schitarrate e tempi punk. Quello che esce dal loro live è in definitiva una miscela eclettica e interessante che spesso, però, anche quando pesta giù duro, suona più vicina all’indie che allo sludge.
TONSA chiudere i guest ci sono i Tons, tra le realtà italiane una delle più presenti nel panorama europeo degli ultimi anni. Dopo la pubblicazione del secondo lavoro “
Filthy Flowers of Doom” per Heavy Psych Sounds Records, la band torinese ha condiviso il palco con nomi di peso come
Bongzilla,
Napalm Death,
Pentagram.
Il loro è un doom profondo, avvolgente, ti lavora ai fianchi fiaccandoti fino a farti perdere la parte razionale. Mentre sei lì che quasi tocchi la fronte a terra per seguire le martellate sputate dagli ampli e senti tonnellate di bassi nello stomaco, arrivano i riff lisergici a completare l’opera.
Vedi tutto verde petrolio e rischi un attacco di panico pensando di avere un problema, ma poi realizzi di essere semplicemente atterrato sul pianeta Tons. Ti rilassi, trascendi e ti godi il viaggio finché non arrivano le parti cantate. Cattiveria e violenza ti scrollano e gli occhi si aprono ma intorno a te è tutto ancora verde petrolio. Meravigliosi Tons!
HIGH ON FIRECi siamo, davanti al primo gradino c’è il nocchiere, nudo come sempre. Grandi respiri e grandi sputi prima di mollare gli ormeggi. Sigaretta in bocca, è il momento. Pike respira, porta le mani alle ginocchia e si piega come se fosse senza forze. Poi appena il piede sfiora il primo gradino del palco gli occhi s’illuminano, la schiena si raddrizza e diviene monolitica. Vivo e carico imbraccia la chitarra. Saluta con espressione paterna e fraterna allo stesso tempo.
Sotto palco c’è bella gente che felice ricambia l’amore e il saluto. Mi guardo intorno e noto che siamo sporchi e maledetti, forse è proprio per questo che Matt ci tratta come se fossimo i mozzi del veliero che stasera lui condurrà alle porte degli inferi. Alza il plettro e taglia gli ormeggi, nessuna possibilità di ritorno.
High On Fire è un insieme di cose: speed, hard rock e punk secondo il verbo di nostro Signore
Lemmy, sapori death alla
Slayer, momenti doom in cui i suoni arrivano lenti, bassi e ripetitivi, percorsi stoner lisergici, il tutto caratterizzato da un insano ma magistrale andamento irregolare della ritmica. Matt e la sua voce sono il filo che unisce tutto donandogli una forma ed un essenza peculiare.
HOF conferma che il risultato non è la somma delle parti. È impossibile relegare la proposta in una categoria, come è impossibile mettere in gabbia Matt che, tra un problema di salute e una riabilitazione, continua a proporre un heavy metal intenso e violento che difficilmente concede distrazioni al pubblico. Ti paralizza e poco dopo ti ritrovi a viaggiare a velocità siderale come una scimmia spaziale impazzita a bordo della sua astronave alla deriva.
La serata prosegue così fino all’ultima nota. Momenti bellissimi, grazie Matt.
Sperando di poter rivedrere presto High on Fire mi incammino verso l’uscita in compagnia di un goblin mentre centinaia di occhi catatonici ci osservano nascosti tra la boscaglia.
Adoro tutta la produzione di HOF e suggerisco, a chi non ha mai incrociato la nave fantasma di Pike, l’ascolto di “
De Vermis Mysteriis”, album uscito nel 2012 per E1 Music. Ne uscirete sanguinanti e laceri, ma d’altronde non siamo qui per questo?