Tappa allo
Slaughter Club assieme a Tiziana per la
14esima edizione del
Black Winter Fest.
Inizialmente prevista per gennaio, la giornata è stata posticipata ad aprile a causa dei problemi di salute che avevano afflitto
Nattefrost, leader dei
Carpathian Forest.
Arriviamo alla location che
Infernal Angels e
Death Dies hanno già suonato. In attesa dei
Kurgaall entriamo nel club e notiamo già una discreta presenza di pubblico.
A differenza di altre occasioni fare il biglietto è più agevole e nonostante la buona predisposizione degli stand all'esterno e all'interno del locale (vinili, cd e magliette, essenzialmente), il problema si verificherà quando i presenti vorranno rifocillarsi: fila interminabile alla cassa che, posta alla sinistra dell'ingresso, impediva quasi agli astanti di entrare. Ovviamente niente di sconvolgente e i ragazzi del club sono sempre molto gentili e disponibili, ma si potrebbe ipotizzare, almeno per eventi di questo richiamo (alla fine saremo state oltre 200 persone) una logistica diversa.
I Kurgaall sono un gruppo piemontese autore di un black metal rozzo e "ignorante"; capitanati dal vocalist e fondatore
Lord Astaroth, che dava agli astanti dei "motherfuckers" ad ogni inizio di canzone, hanno prodotto una performance convincente, presentando anche pezzi dal più recente e blasfemo
Ordo Sancti Daemoni. A mio giudizio volumi al limite del sopportabile.
Dopo di loro salgono sul palco i ravennati
Hierophant. Qua l'atmosfera si fa più sulfurea e tutta l'esibizione sarà caratterizzata da luci rosse e gruppo mai illuminato. Un muro sonoro di circa 40 minuti in cui le pause fra un brano e l'altro saranno ridotte al minimo. La lro proposta è meno cruda di quella dei Kurgaall ma l'impatto è comunque violentissimo, dato che la loro mistura di black/death è stata ottima e molto apprezzata dai presenti. Complimenti anche a loro.
Sicuramente le bands italiane non hanno sfigurato durante la kermesse.
E, mi assumo la responsabilità di ribadirlo, dopo la performance degli
Inferno, arrivata dopo il lotto di gruppi del Belpaese.
Qui le luci sono state blu per tutto il tempo, volte a conferire un'aurea di mistero ai membri del gruppo incappucciati. Per me, tanto fumo e poco arrosto. Brani che sembravano delle intro portate avanti allo sfinimento, la voce di
Adramelech che, almeno dove ero io, non si sentiva tranne per qualche rantolo sporadico. Un black atmosferico insipido. Una performance per me non all'altezza. Parere personale.
E se dopo arrivano i
Kanonenfieber non c'è partita. Per la prima volta in Italia, il gruppo fondato nel 2020 da
Noise (cantante tuttofare accompagnato da musicisti ospiti in sede live, tutti mascherati) e autore di un black/death melodico, ha prodotto una performance coinvolgente di altissimo livello, apprezzatissima da tutti i presenti, sentendo vari i commenti sparsi. Veramente una gradita sorpresa, dato che sono stati aggiunti a pochi giorni dal festival al posto dei defezionari
Afsky.
Sale l'attesa per l'arrivo dei
Carpathian Forest sul palco e dopo una mezz'ora di preparativi
Nattefrost e i suoi sodali fanno il loro ingresso trionfante. Viene riproposto per il venticinquennale di pubblicazione il loro album più famoso e di successo ossia
Black Shining Leather. Il pubblico è tutto per loro, autori di un concerto assassino, dove Nattefrost ha tenuto degnamente la scena, duettando alla fine su un brano con il cantante dei nostrani
Cultus Sanguine, suo amico di vecchia data e che ho avuto modo di conoscere durante il festival (grazie per il Jack Daniels offerto, Joe).
Dopo un'ora abbondante i nostri salutano i numerosi presenti e noi ritorniamo a casa pienamente soddisfatti perché abbiamo vissuto uno splendido festival, ben organizzato e sempre molto gradito dai blacksters nostrani.
Alla prossima edizione!
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