Era il 27 giugno 1992 quando ho visto i
Guns N’ Roses per la prima volta. Stadio delle Alpi, Torino, allora la band era all'apice della carriera dopo l'uscita dei due monumentali album
Use Your Illusion I e
II, e con un tour mondiale durato oltre due anni.
Sono passati 31 anni da allora e, tra i motivi che mi portano nuovamente a vedere i
Guns N’ Roses dopo tanto tempo, non lo nego, c'è anche una celebrazione dei ricordi, degli anni passati, l’affermazione del fatto che dopo tutto, dopo le infinite vicissitudini più o meno belle, siamo ancora qui, cambiati certamente, ma ancora con la voglia di divertirci, di emozionarci, di sentire le casse che rimbombano nel petto.
All'uscita dalla metro lo scenario che mi si staglia davanti agli occhi è a dir poco spettacolare. Sotto un cielo color sabbia il
Circo Massimo si apre in tutta la sua estensione, le rovine delle Terme di Massenzio fanno da rigide sentinelle e una fiumana di persone proveniente da ogni direzione (e da ogni parte d’Italia e non solo) si riversa all'interno dell'area.
Il posto è davvero suggestivo e credo che per una band suonare in tale contesto sia un’esperienza indimenticabile, sebbene dal punto di vista del pubblico, a meno di non essere all’interno del pit, il
Circo Massimo non sia tra le migliori location per visibilità e acustica.
Arrivo con calma a pomeriggio inoltrato, i
Pretenders sono già sul palco a scaldare il pubblico, a dir la verità già infuocato e provato per l’afa e il caldo asfissiante.
Mentre decido se soffrire l'arsura o concedermi una birra alla vergognosa cifra di 8 euro la band, capitanata dalla grintosa
Chrissie Hynde, offre un piacevolissimo intrattenimento, sfoderando tra i successi ben noti pezzi di un rock sincero, autentico, suonato con la giusta attitudine.
Un accompagnamento che non ha mai annoiato sebbene tutte le persone fossero in fremente attesa dei leggendari
Guns.
Finalmente, dopo mezz'ora di fila, riesco a prendere la tanto agognata quanto carestosa birra e cerco di trovare una posizione decente per godermi il grande evento.
Ahimé... ben presto arriva l'amara constatazione che il
Circo Massimo non è proprio l'ideale per un concerto. Riesco ad avvicinarmi solo al grande maxi schermo centrale, che tra l’altro rimanda immagini non in sincrono con l’audio, e del palco riesco a vedere giusto le luci.
Alle 20:45, puntualissimi, si illuminano i grandi schermi del palco che proiettano animazioni digitali ricordandomi che non siamo più nel 1992 ma nel 2023. L'emozione mi travolge.
L'attesa è grande, lo percepisco tra le persone che sono tutte intorno a me. La domanda che gira e serpeggia tra il pubblico, e che mi faranno anche in seguito, è solo una: “Ma Axl... ce l'ha la voce?”
Si... Axl ce l'ha la voce, non più graffiante e acuta come più quella di un tempo, ma l'energia e lo sguardo non sono cambiati. Sul palco Axl è un leone, e del leone ha gli occhi, sembrano voler tenere tutto sotto controllo. Poche volte si concede un sorriso, ma quando succede, è un sorriso sincero.
Il concerto si apre con grande impatto,
It’s So Easy,
Mr. Brownstone e
Bad Obsession arrivano uno dopo l’altro per mettere subito le carte in tavola. Qualche problema audio al microfono che ogni tanto sembra perdere il collegamento ma i
Guns comunicano grande energia ed il pubblico è entusiasta.
Non posso esimermi dal sorridere... alle mie spalle sento le persone che vanno in visibilio ogni volta che
Axl spara un acuto o parte di corsa lungo l’immenso palco urlando “Bravooooo!” e mi dico, con una certa tenerezza, si, forse avevamo bisogno di conferme. Ma le conferme ce le danno i
Guns, con la loro energia, la loro musica, con il loro show travolgente che non lascia spazio alla nostalgia, ma ci fa semplicemente godere di ottima musica, ed è ciò che volevamo.
Dopo il primo attacco frontale i
Guns spaziano sulle ultime produzioni con il brano
Chinese Democracy, seguito dalla cover dei
Velvet Revolver Slither e all’esclamazione di
Axl “it’s bunga bunga time” il
Circo Massimo risuona delle note di
Pretty Tied Up.
Ma ecco che l'attenzione si sposta su
Slash, è lui il fenomeno e il protagonista della serata, mandando in estasi il pubblico del
Circo Massimo.
Gianluca ”Graz” Grazioli mi dice che
Slash è snobbato dagli altri chitarristi di livello, come se non fosse all’altezza. Non me ne capacito. Ascoltarlo significa lasciarsi travolgere dal fuoco, dal calore liquido che sprigiona dalla sua chitarra. Le sue dita nodose, tozze, sembrano quasi immobili sulla tastiera, movimenti impercettibili che diffondono l’energia del rock con il calore del blues, note fatte di passione e sudore.
Arriva
Welcome to the Jungle, certamente uno dei brani più attesi, il pubblico urla talmente forte il ritornello che non riesco a sentire altro, segue a ruota
Reckless Life e
Double Talkin’ Jive in cui
Slash, monolitico, gigante, nella sua t-shirt bianca dell'ispettore Callaghan ormai ridotta ad uno straccetto bagnato incollato alla pelle regala emozioni. Restiamo incantati dalla sua chitarra (chitarre, ho perso il conto di quante ne abbia suonate sul palco), magnificamente supportato da
Richard Fortus alla ritmica (non solo straordinariamente somigliante all’originario
Izzy Stradlin, ma anche grande chitarrista perfettamente a suo agio ed inserito nel contesto) e
Duff McKagan al basso.
Lo spettacolo scivola dolcemente nella splendida
Estranged che porta alla ribalta la toccante esecuzione di
Dizzy Reed, tastierista originale della band, seguita a ruota da una emozionante
Live and Let Die che chiude la prima ora di concerto.
Ma lo show è ancora lungo e siamo solo all'inizio. Arriva
Down on the Farm, un'altra cover tratta da
The Spaghetti Incident, ritmata da quel sapore punk con cui i
Guns sembrano essere sempre molto a loro agio, seguita dal ritmo rocambolesco di
Rocket Queen, dove in effetti il falsetto di
Axl suona un po’ sgradevole, ma i fraseggi ed i dialoghi tra
Richard,
Dizzy e
Duff spostano subito l’attenzione sulla grandezza della loro musica per poi lasciare spazio a
Slash che, con la sua Talk Box, regala uno dei momenti più intensi del concerto, pura anima del rock che dialoga con la sua chitarra e la costringe a suoni distorti e deviati ma di grande armonia e coinvolgimento, per poi farsi perdonare accarezzandola con il suo bottleneck… da brividi.
Dopo
You Could Be Mine è il momento di
Duff McKagan che canta
T.V. Eye degli
Stooges, perfettamente a suo agio in un’ottima interpretazione che sa coinvolgere l’intera platea del
Circo Massimo.
This I Love, ballatona tratta da
Chinese Democracy, ha placato il ritmo per qualche minuto, non particolarmente apprezzata da parte mia, per poi riprendere alla grande con
Absurd, che vede
Axl in gran forma. Ci si sarebbe aspettati un calo di voce con il proseguire del lungo concerto, al contrario, inaspettatamente, la parte migliore di sé pare che
Axl l’abbia data proprio nella parte finale dello spettacolo, in un crescendo mozzafiato.
Il grande schermo sul palco proietta l'immagine della bandiera ucraina, è il momento di una toccante
Civil War. Un altro lunghissimo assolo di
Slash, la
Blues Improvisation Suite, manda in visibilio il pubblico, chiudendo anche la seconda ora di concerto ma siamo ben lungi dalla fine, ed è il momento di quelle che sono forse le note più attese della serata, quelle meravigliose, calde, indimenticabili note iniziali di
Sweet Child O' Mine, e di nuovo non sento più niente se non un pubblico di 45 mila persone che urla e canta a squarciagola.
Arrivano i grandi classici, uno dopo l’altro,
November Rain (ho visto persone con le lacrime agli occhi),
Knockin' on Heaven's Door,
Night Train,
Patience. Con vergogna inizio ad accusare la stanchezza, sogno il Voltadol che prenderò a casa per il mal di schiena ma mi carico guardando i
Guns N’ Roses che invece non mostrano il minimo segno di stanchezza, anzi sembrano più carichi che mai. E poi arriva, è lei,
Paradise City, tutti impegnano le loro ultime energie dopo tante ore in piedi sotto un caldo soffocante per cantare e saltare al ritmo di uno dei pezzi più belli mai scritti nella storia del rock.
Le immagini digitali lasciano il posto a quello che è il logo storico della band. Mancano 5 minuti a mezzanotte, è finita. La carica di energia ed adrenalina si spegne lentamente nelle ovazioni finali. Vedo sorrisi ed emozioni intorno a me. È stato bellissimo.
Senza neanche troppa nostalgia.
SETLIST
- It’s So Easy
- Mr. Brownstone
- Bad Obsession
- Chinese Democracy
- Slither (Velvet Revolver cover)
- Pretty Tied Up
- Hard Skool
- Welcome to the Jungle
- Reckless Life
- Double Talkin’ Jive
- Estranged
- Live And Let Die
- Down On The Farm (U.K. Subs cover)
- Rocket Queen
- You Could Be Mine
- T.V. Eye (Stooges cover)
- This I Love
- Absurd
- Anything Goes
- Civil War
- Sweet Child O' Mine
- November Rain
- Wichita Lineman (Glen Campbell cover)
- Knockin' on Heaven's Door (Bob Dylan cover)
- Night Train
- There Was a Time
- Walk All Over You (AC/DC cover)
- Patience
- Paradise City