È stato in quel preciso momento, in quell'istante di stupore che si è materializzata la grandezza di una band che ha segnato la storia dell'heavy metal, del rock, della musica.
In quell'attimo in cui Bruce, dopo aver chiesto ai trentacinquemila presenti chi fosse nato nell'anno di pubblicazione di '
Seven Son of a Seventh Son', ha esclamato uno stupito "
Really!!?".
Le mani al cielo che si sono alzate sono state talmente tante che il frontman di Worksop non poteva far altro che meravigliarsi di fronte ad un pubblico talmente eterogeneo nonostante la longevità della 'Vergine di Ferro'.
Perché se da una parte c'erano coloro che per la prima volta li hanno ascoltati e visti negli anni '80, dall'altra, per mera questione anagrafica, c'erano quelli che, nati nel 1988, sono partiti inevitabilmente da '
Brave New World', da '
Dance of Death', recuperando con il tempo gli albori discografici dei ragazzacci britannici.
L'esecuzione seguente di '
Can I Play with Madness' (unico brano in setlist del settimo album della band), cantata a squarciagola dalle anime grondanti di sudore stipate nell'ippodromo meneghino, ha certificato come Steve, Bruce, Dave, Adrian, Nicko e Janick siano entrati per sempre in ogni cuore che pulsa metallo, facendo scorrere nelle vene una storia divenuta ormai leggenda.
E da questo spunto parte inevitabilmente la provocazione.
Ci si lamenta della qualunque, come fosse diventato lo sport nazionale.
Additiamo le nuove generazioni, quelle che non hanno avuto la possibilità di far solcare una puntina su di un 140 grammi, di ascoltare musica di merda, di non apprezzare il rock e i suoi derivati, salvo poi stupirsi, come fatto ieri sera da Bruce, che proprio quei ragazzi sono andati in visibilio per '
Iron Maiden', per '
The Trooper', per '
Stranger in a Strange Land'.
A quel punto appaiono coloro che hanno avuto la fortuna di vivere quei periodi musicali esternare patetiche reminiscenze nostalgiche del tempo che fu, fregiandosi di aver visto gli idoli di oggi quando l'età gli permetteva di mangiarsi il palco; per dovere di cronaca: ieri sera gli
Iron Maiden al completo non solo si sono divorati il palco, ma alla veneranda età media di 65 anni hanno dato paga alle più giovani band del panorama internazionale.
Sarebbe dunque bene fare pace con sé stessi.
Ammettere di non valere una gamba di Steve o di Bruce e, invece di fare gli ummarel musicali, trasmettere ai giovani quella passione e quei ricordi che hanno creato le leggende del rock.
Da qui nascono i figli delle polemiche che poche ore dopo il termine del live di Milano si sono riversate sui social tematici e nei discorsi affrontati durante il viaggio di ritorno.
Il volume era basso, la birra era cara, c'erano le zanzare, volevo 'Run to the Hills', hanno suonato un'ora, Bruce ha parlato troppo e non ha più la voce di un tempo, la scenografia era da festa dell'Unità, li ho visti nel 1492 e non ci vado più. Il francesismo parte inevitabile: che coglioni, che due coglioni!!!
Un ippodromo, come tutte quelle aree similari, non è adatto ad eventi di un certo tipo. Lo si sa in partenza. Il dito da puntare sarebbe da indirizzare a chi da spazio all'interno di stadi come San Siro ad artisti come i Pinguini Tattici Nucleari e non a band come gli Iron Maiden, perché diversamente il risultato è già scontato in partenza.
Nel momento in cui si accetta di fare chilometri, di sudare come bestie in arene non adatte per vedere i propri idoli si abbia almeno la coerenza di non rompere i coglioni.
La birra era cara, ed è vero, poi però sono gli stessi che spendono uguale se non di più per fare l'apericena.
C'erano le zanzare, e da che mondo e mondo in pieno luglio, con oltre 30 gradi ed un'umidita da far invidia al Monte Waialeale, le zanzare impazzano, a Milano come in ogni altra zona dello stivale.
Volevo ascoltare questo e volevo ascoltare quello. In prima istanza il tour attuale è imperniato su '
Somewhere in Time', dal quale sono stati estratti '
Caught Somewhere in Time', '
Stranger in a Strange Land', '
Heaven Can Wait', '
Alexander the Great' e '
Wasted Years', cinque delle otto tracce del capolavoro del 1986. E voglio dire: capiterà di nuovo?
Anche al sottoscritto può essere mancata '
Run to the Hills' o '
The Number of the Beast', '
Purgatory' o '
2 Minutes to Midnight', ma se dovessimo fare una lista dei brani della 'Vergine di Ferro' che vorremmo ascoltare come minimo ci troveremmo ancora in zona San Siro con Dave e Adrian attaccati ai jack e alle bombole dell'ossigeno.
Bruce qui e Bruce là.
Anno di nascita 1958, un passato con un tumore alla gola affrontato e sconfitto. Serve aggiungere altro?
Una cosa si: sul palco del '
The Return of the Gods' è stato una bestia, ancora in grado di avere la meglio su età, voce e l'Eddie concepito tra insegne luminose ed ologrammi da
Derek Riggs.
Per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di vedere i Maiden quando Colombo scopriva l'America un unico consiglio: non rompete più i coglioni.
Perché nella notte milanese i sei britannici hanno unito il vecchio con il nuovo, hanno messo tutti quanti noi a bordo della DeLorean portandoci in un passato che mai come allora ci ha trasportato in un futuro che per sempre rimarrà eterno.
Eterno e leggendario come gli Iron Maiden.
Setlist:
Caught Somewhere in Time
Stranger in a Strange Land
The Writing on the Wall
Days of Future Past
The Time Machine
The Prisoner
Death of the Celts
Can I Play With Madness
Heaven Can Wait
Alexander the Great
Fear of the Dark
Iron MaidenEncore:
Hell on Earth
The Trooper
Wasted YearsReport a cura di Fabio Zagari