Perfettamente in linea con le temperature polari della serata, tipicamente gelide e nordiche, va di scena in questo venerdì di metà dicembre al The Factory di Verona, una serata all’insegna del metal estremo, in bilico tra il death e il black, che proprio a quei paesi scandinavi del nord Europa è fortemente debitore. Nello specifico, il bill di questo “Nero Natale” si compone di tre grandi realtà italiane: in apertura gli emergenti
Asaar, a seguire i noti e conosciutissimi
Ulvedharr, (entrambe le band sono dedite e inclini alle varianti del death metal) ed in chiusura e come gruppo headliner vengono posizionati i
Whiskey Ritual, con un sound decisamente diverso e molto più black metal old school, che si mescola con il rock’n’roll: tradotto, black’n’Roll ultras!
I presupposti per una serata scoppiettante ci sono tutti, anche se nonostante gli sforzi messi in campo per organizzare questo evento siano stati molteplici, il risultato in termini di affluenza non è stato eccezionale ed esaltante come era lecito attendersi per queste serate così invitanti e succose e proposte a cifre piuttosto contenute che dovrebbero essere imperdibili quantomeno per chi abita in zona e si professa (più a parole forse) cultore del metal estremo. Vecchi discorsi nei quali non mi addentro in questa sede, pur avendo un idea molto precisa in merito. Ringrazio l’agenzia organizzatrice dell’evento
Hero Booking, e in particolare l’amico
Alberto Pio Fontana, per avermi ospitato in veste di cronista a questo Natale veronese a forti tinte oscure e sataniche…
Gli
Aasar sono una giovane deathmetalcore band, nata nel 2019, con un sound ben strutturato e piuttosto moderno come inclinazione. Nei loro pezzi si racchiudono influenze che vanno dai Dark Tranquillity ai Children Of Bodom, passando per gli Amon Amarth con un pizzico di death vecchia scuola. Davvero interessanti e promossi a pieni voti.
Dopo un cambio palco abbastanza rapido, il testimone ora passa ai co-headliner
Ulvedharr, una band proveniente delle valli bergamasche piuttosto conosciuta, dedita a un death/thrash feroce e violento, dove la voce in growl la fa da padrona, con chiari rimandi ai vecchi Pantera di Phil Anselmo. A proposito di voce, la serata in questione per Fabrizio “Art” si preannuncia più emozionante e speciale rispetto a tutti gli altri amici della sua band: ci comunica che dopo ben undici anni trascorsi dietro al microfono, svariati live e festival in giro per l’Italia ed estero con gli Ulvedharr, per scelte personali di vita ed in assoluta serenità ed armonia con il resto della band, quello di stasera sarà il suo ultimo concerto e seppur visibilmente commosso dopo un ovazione di meritati applausi non si risparmia minimamente e da grande professionista mette in atto una prova maiuscola e sopra le righe, congedandosi nel miglior modo possibile, lasciando sicuramente un ricordo positivo a tutti i fan accorsi, molti proprio dalla Lombardia per l’occasione speciale; sarà molto ardua sostituire al meglio un personaggio del suo carisma.
Ovviamente tutto ciò non sminuisce minimamente la prestazione degli altri membri, tecnicamente tutti come sempre mostruosi ed ineccepibili, con una scaletta che spazia tra i loro cinque album in studio (di cui 2 Ep). Gli Ulvedharr sono tra i principali esponenti del genere death metal in Italia oggi e sinonimo di garanzia assoluta! Dalla prima volta che li vidi al Pagan Fest nella vecchia location dei Laghi di Margonara, all’ultima edizione svoltasi nella nuova location a S.Polo D’Enza lo scorso agosto, me li ritrovo di volta in volta in crescita costante e sempre più consapevoli dei loro mezzi. Anche stasera al The Factory non hanno sbagliato un colpo e fatto sconti a nessuno, mettendo a ferro e fuoco la tranquilla e dormiente San Martino Buon Albergo!
Purtroppo la loro esibizione, senza nessuna colpa e responsabilità, è stata penalizzata da evidenti e fastidiosi problemi tecnici, che hanno portato ad interruzioni continue del loro show. Un vero peccato, ma che non andrà fortunatamente influire minimamente sul giudizio positivo finale.
E venne notte fonda al The Factory..la luna si fa sempre più oscura e black. Allo scoccare della mezzanotte appaiono incappucciati nella penombra delle luci soffuse, quattro ultras da Parma…il loro nome è
Whiskey Ritual! A capo della congrega parmense un celebre occultista,
Dorian Bones (anche vocalist dei
Caronte), spalleggiato dal carismatico e famoso bassista
Demeter (anche
Death SS e
Distruzione), che con altri tre “ceffi poco raccomandabili” (due chitarristi e un batterista talentuosi) danno vita a questa nuova band che suona del marcio, malsano, e fottuto black’n’roll, ovvero una combustione micidiale e violenta di black, hardcore punk e rock’n’roll!
La loro musica infatti non è roba adatta ai deboli di cuore, ai raffinati o ai romantici, ma di contro è perfetta per i ”politicamente scorretti”, per i ribelli, per chi va contro corrente, per chi è contro il sistema, e soprattutto contro dogma imposti! Mazze ferrate, tirapugni, catene, galera, chiese bruciate, falsi profeti, alcool, sesso e satana sono gli argomenti dei quali prediligono parlare nei loro testi gli ultras del black (come amano autodefinirsi), ovvero i fan più estremi della scena black metal ai quali sono dedicati i loro pezzi.
Dopo qualche ritardo dovuto alla regolazione dei suoni da parte del fonico, si parte a manetta e con l’acceleratore a tavoletta! Un po’ perché molti purtroppo non li conoscevano o non li avevano mai visti in azione, un po’ perché il pubblico è diventato sempre più passivo, ci è voluto un bel po’ prima di scuotere gli animi, nonostante gli inviti da parte di Dorian di avvicinarsi al palco e fare casino: fortunatamente, almeno verso la fine, la gente ha iniziato a rianimarsi e a pogare. A sorpresa, si parte con un brano piuttosto datato, ovvero “
Too Drunk For Love”, da “
Blow With The Devil”, ma la scaletta giustamente sarà incentrata per più della metà sull’ultimo album ”
Kings” e su “
Black Metal Ultras”, manifesto e slogan vero dei Whiskey Ritual.
Da quest’ultimo, oltre che la title track citata, vengono eseguite “
Knockout”, “
666 Problems”, e “
Satanik Commando”, con una dedica particolare per chi è finito in galera per la causa del black metal…una sorta di omaggio ai padri fondatori insomma. Ci dicono che chi ci fa torti la deve pagare sempre, “
Eye For An Eye”, (occhio per occhio) e che chi sta la' fuori in strada e combatte la battaglia merita rispetto, ed è tutta per loro “
Trve Escort“(entrambe da “Kings”). “
Black’n’Roll” da “
In Goat We Trust” viene vomitata con tutta la rabbia possibile, accompagnata con il classico braccio alto e pugno chiuso. “
Kings” e una controversa e provocatoria cover punk “
GG Allin” chiudono il conto in pieno stile Whiskey Ritual, dove non esistono prigionieri, ma solo caduti in guerra per la giusta causa…del Black metal ovviamente! Di un altro livello…TOTALI!