Cycles of Pain TourOnde evitare di macchiare l’
incipit del
report con tinte polemiche parto dalla fine: quello di sabato 23 marzo è stato un bellissimo concerto.
Bene, ora posso dar voce alle lamentele: com’è possibile destinare due sole persone all’ingresso del locale, quando per accedere non è sufficiente esibire il biglietto, ma serve anche dotarsi della tessera
Arci, che deve ovviamente esser pagata e compilata? Onestamente non saprei; fatto sta che anche chi, come il sottoscritto, giunge al
Tom a 19.20, e quindi ben 40 minuti prima rispetto all’inizio delle ostilità, non avrà modo di salire la fatidica scalinata prima di un’ora (!), perdendosi così buona parte del
set del primo gruppo spalla.
Per quest’anno l’incombente del tesseramento è adempiuto, e dunque non si ripresenterà il problema; nel 2025, memori del precedente, valuteremo se presentarci con 7 ore d’anticipo come il
Rag. Fantozzi alla stazione dei treni…
BLACK MOTEL SIXOk, accantoniamo le controversie, benché dispiaccia ascoltare giusto una canzone e spicci della compagine laziale. Compagine che, per amor di verità, non conoscevo, e che c’entra musicalmente pochino col contesto, ma che dimostra comunque grande professionalità di fronte ad un pubblico giocoforza sparuto.
Il loro è un
groove metal d’assalto, arcigno e quadrato, che innalza un muro di suono costante e intimidatorio… forse anche troppo, visti i volumi da denuncia penale.
La nitidezza, come immaginerete, ne risente, ed analoga problematica affliggerà i padiglioni auricolari degli astanti per l’intera serata.
I
Black Motel Six, dal canto loro, francamente se ne infischiano, e riescono comunque a regalare una performance fatta di grinta e sostanza, uscendo di scena fra gli applausi. Sfortunati, ma meritevoli di approfondimento.
GREAT MASTERIn perfetta linea con la tabella di marcia irrompono sulla scena i veneti
Great Master, reduci dal successo di critica del loro ultimo
full “
Montecristo” (incensato anche dal nostro Sommo
Graz).
E proprio dal
concept ispirato al mastodontico romanzo di
Alexandre Dumas -che, per puro caso, sto rileggendo con gran piacere proprio in queste settimane- vengono estratti i primi due episodi, “
Back Home” e “
The Left Hand Joke”.
Il volume, benché ancora ragguardevole, pare essersi un pelo mitigato, e così anche le sonorità, legate ora ad un
power elegante, dalle piacevoli influenze
classic.
I Nostri sanno suonare, possono contare su buone dosi di esperienza (parliamo di una compagine fondata nel ’93) e di composizioni da cui attingere (ben 6 dischi all’attivo). Tuttavia, fatta salva la notabile eccezione del
frontman Stefano, visibilmente a suo agio sulle assi del palco, si assiste ad una
performance nel complesso piuttosto ingessata.
Si può senz’altro concedere l’attenuante generica dello scarso spazio di manovra; cionondimeno, staticità e linguaggio del corpo compassato dei musicisti hanno la colpa, almeno ai miei occhi, di prosciugare parte del fattore coinvolgimento (gli
outfit simil-pirateschi, ahimè, non risolvono la problematica).
Fortuna che un’esecuzione strumentale priva di inciampi riesca comunque a donare a brani di valore come “
War” o “
Traveller of Time” la miglior veste possibile; i presenti, in effetti, dimostrano di gradire, e tributano ai
Great Master gli onori che meritano.
Non lo ricorderemo forse come uno
show in grado di infiammare i cuori e sconvolgere gli animi, ma come una esibizione solida e competente senza dubbio.
A risentirci.
DRAGONHAMMERDovessi inquadrare i
Dragonhammer in poche parole rimarrei nel solco della quadrupla D: derivativi, didascalici, dannatamente divertenti.
Già, perché da un gruppo con quel
monicker si sa fin troppo bene cosa attendersi:
power epico a sfondo
fantasy, dalle tinte trionfali, dotato di
chorus enfatici e ritmi impetuosi.
Se dunque gli ingredienti della ricetta sono noti, meno sicuro è il gusto della portata.
La compagine capitolina, d’altra parte, dimostra di sapere come deliziare i palati dei presenti, proponendo un’esibizione energica, senza fronzoli e genuinamente appassionata.
Non guasta affatto l’ottima interpretazione di
Mattia, dotato di grande estensione vocale e di un timbro perfetto per il genere proposto; ma in generale tutta la
band dimostra di saperci fare in sede
live, come testimoniato dalla resa di coinvolgenti cavalcate quali “
Blood in the Sky” o “
Children of the Sun”.
Un pubblico che non definirei esattamente adolescenziale (non si tratta di una critica: chi vi scrive è il primo ad inserirsi nella categoria “obsoleti”) omette forse un po' di pogo nei momenti più concitati ed esaltanti, ma si tratta di quisquilie; l’incitamento per i Nostri non manca affatto, e trovo sia giusto così.
Anche in questo caso plaudiamo ad una compagine che non cambierà le sorti della nostra musica prediletta, ma che si è dimostrata ampiamente in grado di intrattenerci e, perché no, conquistarci.
ANGRAEccoci qui, pronti per il piatto forte.
Sotto il profilo
live, lo ammetto, non so bene cosa aspettarmi dagli
Angra. L’ultima volta cui assistetti ad un loro concerto, tanto per farvi capire il livello di vecchiaia che mi affligge, si pagava in lire, e la
line-up annoverava ancora
Kiko ed il povero
Andre.
Di acqua sotto i ponti, nel frattempo, ne è passata eccome, ma alcune certezze rimangono inalterate. Eccone una: se cominci uno
show con la celestiale doppietta “
Nothing to Say” - “
Angels Cry” sei già a metà dell’opera.
Se poi, poco dopo, snoccioli anche una “
Lisbon” a sorpresa, significa che punti all’
overkilling emotivo.
Non che le composizioni più recenti sfigurino: “
Vida Seca”, ad esempio, incanta anche in sede
live, così come la contagiosa linea vocale di “
Dead Man on Display”.
A proposito di vocalità: siamo sicuri che
Fabio Lione abbia compiuto i fatidici 50?
Anche per lui vale il discorso imbastito poco fa per gli
Angra: non lo incrociavo in sede
live da oltre vent’anni, ossia, se ben ricordo, da una esibizione in seno ai
Vision Divine in una obliata location nel bresciano.
Ebbene: in termini di tonalità, di resistenza e di presenza scenica sembra sia trascorsa una settimana al massimo.
Chapeau.
Anche la sezione ritmica, a voler ben vedere, funziona a meraviglia:
Felipe Andreoli, con la sua adorabile espressione imbronciata, non smette di macinare note con ineffabile precisione. Il
drummer Bruno Valverde, dal canto suo, riesce letteralmente a strabiliare per come combina tecnica e potenza.
Poco conta che il volume lambisca ancora i confini del delinquenziale, e che alcune finezze strumentali finiscano per smarrirsi in un amalgama sonoro a tratti convulso: la perizia e la classe dei Nostri escono comunque dalle casse con chiarezza cristallina.
Un plauso, sotto tale profilo, va alla coppia di asce formata dal decano
Rafa Bittencourt e
Marcelo Barbosa, davvero prossima alla perfezione tanto nelle ritmiche quanto in fase solista. Che poi quest’ultimo si scambi sorrisi maliardi con mia moglie, a bordo palco in veste di fotografa, è tutt’altro discorso, e nulla leva alla sua innegabile bravura -anche se rosico-.
Stupidaggini a parte, sia che si cimentino con rasoiate del calibro di “
Ride Into the Storm”, sia che privilegino atmosfera e raffinatezza con “
Cycles of Pain” e “
Bleeding Heart”, i brasiliani non mostrano il benché minimo segno di cedimento.
Anzi: la chiusura, con “
Waiting Silence”, è addirittura in crescendo, con un
Lione che sembra misteriosamente migliorare col passare dei brani.
Parlavamo di certezze, ed eccone un’altra: se ti ripresenti per i
bis, e chiudi l’esibizione con l’accoppiata “
Carry On” / “
Nova Era”, non puoi che congedarti dal pubblico con uno scroscio di applausi ed acclamazioni.
Ed in effetti è proprio ciò che accade.
Un ringraziamento, dunque, ai
promoter ed agli
Angra stessi per esser passati dalla “mia” Mantova; rivediamoci quanto prima, mi raccomando.
Live report di Marco Caforio
Foto di Giulia BianchiGREAT MASTER setlist:
1-
Back Home2-
The Left Hand Joke3-
War4-
Montecristo5-
Your Fall Will Come6-
Traveller of Time7-
Man from the East8-
Another StoryDRAGONHAMMER setlist:
1-
Seek in the Ice2-
Legend3-
Blood in the Sky4-
The End of the World5-
Children of the Sun6-
Silver Feathers7-
Dragon HammerANGRA setlist:
1-
Nothing to Say2-
Angels Cry3-
Tide of Changes - Part I4-
Tide of Changes - Part II5-
Lisbon6-
Vida seca7-
Dead Man on Display8-
Rebirth9-
Morning Star10-
Ride Into the Storm11-
Cycles of Pain12-
Bleeding Heart13-
Waiting SilenceEncore:
14-
Carry On15-
Nova Era