(14 settembre 2024) Metalitalia Festival 2024 (Day One)

Info

Provincia:MI
Costo:60,00 euro
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Il Metalitalia Festival, lo sanno bene gli appassionati del genere in Italia, è un appuntamento fisso che tante gioie e soddisfazioni dà di volta in volta, non solo musicale con la presenza di questa o quella band, ma anche nel rivedere certe persone che magari non si vede spesso.
Dopo un’edizione molto discussa e dibattuta nel web, quest’anno sono state imbastite due giornate che strizzavano l’occhio alle sonorità più classiche e ottantiane del Metal, con un certo numero di chicche e scelte che se vogliamo sono state anche coraggiose.
Entrambe le giornate, a parere dello scrivente, sono state imperdibili per un certo target di pubblico e in più si è fatto pure un gustoso Warm Up (al Bloom di Mezzago), che ha pescato alcune realtà di pregio dell’underground Italiano con gruppi (come i deathgrinders Grumo) che meriterebbero di suonare ad una delle successive edizioni del Fest principale.
Della seconda giornata ve ne parlerà più nel dettaglio il buon “Ermo”, mentre io mi appresto a dire com’è andata la prima.

La prima giornata delle kermesse è una ghiotta occasione per i thrashers della penisola, ma che ha avuto anche qualche piccola e apprezzabile sbandata: gli apripista della giornata sono i giovani Husqwarnah di cui ho già avuto l’occasione di scrivervi in passato su queste pagine. Proprio in questi giorni la Time To Kill licenzia il secondo album “Purification Through Sacrifice”. Cosa aggiungere rispetto a quanto detto in precedenza? Fondamentalmente nulla, questi ragazzi fanno un Death Metal vecchia scuola che si ciba di un certo tipo di pulsazioni sweedish, ritmiche possenti ed un suono massiccio che potrebbe far felici le vedovelle dei Bolt Thrower o i fans dei primi Entombed. Nulla di nuovo sul fronte occidentale, ma quando si sanno scrivere i pezzi e si sa come tenere un palco, non è assolutamente un problema.
Poi se si pensa a come si è evoluto un certo Death Metal, un ritorno alle origini rivisto con una sensibilità moderna è quasi terapeutico.


Con gli Ural si viene catapultati in un scenario sonoro completamente devoto al Thrash Metal più classico che pare essere fatto da gente che ha completamente bandito il "Black Album" e relativi emuli dalle proprie vite. Se ciò sia un bene o un male sta a voi deciderlo, sta di fatto che il gruppo italiano ha fatto un concerto apprezzabile. Avete presente un certo linguaggio abusato da certa stampa Metal? Ecco, espressioni del tipo “assoli al fulmicotone”, “batteria terremotante”, “voce belluina” e via discorrendo, in sede di recensione con gli Ural si sprecherebbero, ma troverebbero un senso. Un set breve, che è letteralmente volato via.

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Prima band straniera, gli spagnoli Angelus Apatrida che sono in giro da più di vent’anni ormai. Come con gli Ural è giusto sottolineare la bontà dei suoni che valorizzano l’amalgama sonoro. Qualche vago sentore di un certo Metalcore appare in un paio di canzoni con ritornelli eccessivamente ruffiani, ma questo neo scompare in un marasma Speed che a volte ricorda vagamente i migliori Exciter o quel Thrash sgangherato da periferia abbandonata che musicalmente deve un tributo enorme agli Exodus. Ovviamente i paladini dell’innovazione avranno da ridire, però c’è poco da fare: gli Angelus Apatrida per quanto derivativi siano, fanno dei buoni concerti e anche in quest’occasione non si smentiscono.




Altra divagazione con quello che è uno degli orgogli dell’estremismo musicale nostrano: i Cripple Bastards. Band molto discussa all’interno di certe frange di appassionati e ancora oggi tirata in ballo con certe polemiche, la storica band Grind si è inimicata certe fasce di ascoltatori, ma al tempo stesso, con il passare degli anni ha saputo rinnovare la propria fan base inglobando più giovani e metalheads.
I tempi di “Your Lies In Check” sono davvero un vago ricordo, con un gruppo che per quanto brutale e iracondo sia, è di un’innata professionalità sopra le assi di un palco.
Attitudine live per certi versi accostabile ai Ramones, le pause tra una canzone e l’atra si riducono al minimo per qualche ringraziamento e poi si riprende spediti ad una velocità smodata tra le solite schegge Noisecore iniziali e un Grind più o meno “ingentilito” da certo Death Metal degli ultimi lavori.
Assoluta garanzia di qualità, i Cripple Bastards ribadiscono (come se ce ne fosse bisogno…) come sono diventati la punta di lancia del Grindcore made in Italy.
Poi avere l’occasione di ascoltare questo gruppi con questi suoni, beh è quasi commovente.
Certo, i detrattori possono continuare a dire quello che vogliono, ma si sa che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

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Se ve lo state chiedendo, sì, in linea di massima tutte le esibizioni sono state soddisfacenti per gli estimatori dei vari gruppi nel cartellone.
Cosa rimarcata a chiare lettere pure dagli Xentrix, una chicca davvero succulenta per gli amanti del genere, nonché tra le punte di diamante del Thrash britannico.
Si festeggiano i 35 anni del debutto “Shattered Existence” con un Thrash dinamico e con un certo afflato per l’Heavy Metal (di matrice britannica, obviously).
Ritmi meno irruenti, non si disdegna la melodia, il riffing è bello corpulento e i cambi ritmici quando presenti danno quel quid in più. Nelle prime canzoni il chitarrista solista si sentiva poco, ma la cosa è stata fortunatamente risolta in tempi abbastanza brevi. Per quanto mi riguarda, tra i migliori della giornata visto il concerto entusiasmante che hanno tirato su.
Applausi meritatissimi.



Dopo gli Xentrix ecco che sul palco del Live Club di Trezzo arriva un’altra chicca, uno di quei nomi che non è affatto scontato vedere nello stivale italico, anzi, tutt’altro… Parlo di quel nome di culto che sono i Morbid Saint e si va in direzione ostinata e contraria rispetto a quanto fatto dal gruppo precedente. Con gli autori di “Spectrum Of Death” e “Destruction System” non si scherza. I più puntigliosi potrebbe dire che i suoni non erano tra i migliori, con voce e batteria in primo piano rispetto al resto, ma poco importa vista la perfomance maiuscola fatta dalla band del Winsconsin, ma poi è anche giusto dire che il concerto in sé non è stato martirizzato da questo come avvenuto invece al Metalitalia Festival di due anni fa con i Bulldozer, oppure lo scorso anno al Luppolo in Rock con i Possessed che hanno visto le loro esibizioni dilaniate da questo piccolo, grande dettaglio.
La mitragliata sonora del Thrash dei Morbid Saint verte sulle ali più estreme del genere trovando sosta solo con la fine del loro set: Thrash ‘till Death, è proprio il caso di dirlo!

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E a proposito di Thrash ‘till Death, ridendo e scherzando, bevendo e girovagando per le varie distro, tra un cambio di palco e l’altro il fest procede per il meglio ed ecco che verso le 21:15 è il turno dei Destruction.
Uno dei tre big del Thrash teutonico, insieme a Sodom e primi Kreator, lo stile dei Destruction sia su disco, che dal vivo è facilmente riassumibile: matrice Slayer, testi in un’inglese sguaiato e storpiato dall’accento tedesco, riffing di chitarre e una batteria sparati a mille allora. Seppur sia da qualche anno che il gruppo teutonico ha smesso di essere interessante in studio, rifilando sempre la solita minestra che via via è diventata sempre più annacquata, dal vivo il giocattolo Destruction funziona e funziona ancora bene. Personalmente ho avuto l’impressione che il gruppo capitanato da Schmier abbia “timbrato il cartellino”, ma vuoi per i loro classici, per un “savoir-faire” tutto tedesco e per i suoni di grande impatto (con un occhio di riguardo per la batteria), una bella fetta del pubblico ne è uscita soddisfatta




Ed ecco che con gli Overkill si arriva all’headliner della serata, al piatto forte di un’offerta sicuramente ricca e interessante per gli amanti di un certo modo di intendere il Metal. Il bello degli Overkill è che nonostante le varie fasi avute nel corso degli anni, hanno sempre mantenuto intatta la loro forte personalità, col loro modo di fare Thrash che tanto guardava all’Hardcore Punk made in Usa, quanto strizzava l’occhio all’Hard & Heavy e allo Us Power. A certi livelli e dopo tanti anni di carriera l’esperienza e il mestiere giocano un ruolo fondamentale, il saper fare qualche pausa tattica o coinvolgere il pubblico sono cose che fanno la differenza tra fare un buon concerto e un ottimo concerto.
Sulla scaletta che dire? Con una discografia così nutrita è davvero impossibile mettere d’accordo tutti, però oso dire che non ci si può lamentare: la fase groovosa non è stata dimenticata (molto intense “Necroshine” e “Under One”), gli ultimi anni hanno avuto vari pescaggi ( tra cui ”Mean, Green, Killing Machine”, “Bring Me the Night”, “Scorched” o “Ironbound”) e nel restante carniere cito l’immancabile “Horrorscope”. Spettacolare il bis finale con la tripletta composta da “In Union We Stand” (forse il momento più sentito), “E.Vil N.Ever D.Ies” e in calce quel classico del Punk che è “Fuck You” che conclude questa prima giornata di festival.
Christian “Speesy” Giesler (che ha militato nei Kreator tra il ’94 e il 2019) ha ben sostituito al basso D.D. Verni, quindi certe polemiche lette in giro per la rete le ho trovate risibili, anche perché a quei livelli non suoni in questa o quella band perché sei bello o simpatico.

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Alla fine della fiera è stata una giornata impegnativa e decisamente soddisfacente, con qualche “umana” imperfezione che dà quel magico sapore alla musica dal vivo.
Il Live Club a Trezzo sull’Adda si conferma una casa accogliente per il Metal, con uno staff professionale e gentile, oltre che un posto comodo da raggiungere anche per chi viene da lontano. Pubblico numeroso e soprattutto bello attivo e partecipe, visto che dai Cripple Bastards in poi c’è stata una bella escalation tra pogo e crowd surfing assolutamente doverosi viste le sonorità proposte, con varie generazioni a confronto.
Altro piccolo neo che alla fine è più una puntualizzazione che altro, sono i prezzi del cibo e del bere all’interno di questa struttura: con tutto l’amore del mondo, 5 euro per una bibita, 9 per la polenta con funghi o formaggio o 10 per certi panini sono davvero molto impegnativi, ma è giusto sottolineare che con il braccialetto che viene dato una volta pagato il biglietto, si può entrare e uscire tranquillamente, quindi se certi prezzi non vanno bene, si può sempre fare un salto in macchina o al Conad lì vicino. E una libertà del genere fa sempre bene evidenziarla visto che in Italia non è mai una cosa scontata.
Quindi che rimane da dire dopo questo fiume di parole? Che è stato un evento musicale davvero ben riuscito, che gusti personali a parte, è stato organizzato molto bene e che vale senza alcun dubbio i soldi del biglietto.
Da amanti di questo meraviglioso genere musicale dovremmo solo gioire di kermesse fatte in questa maniera.




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Report a cura di Seba Dall

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