È con sommo piacere che Mercoledì 23 Ottobre mi ritrovo ancora in quel di Milano, questa volta per seguire gli In Flames per la sesta volta. Eh, si, proprio così…è la sesta volta che mi gusto il live set di Friden e soci, ed ogni volta è come se fosse la prima, a livello di emozione e di piacere assoluto.
Come al solito, partenza da Ravenna alle ore 14.00, Ale ed Io, questa volta con capatina a Bologna per raccogliere altri due compari di viaggio, il Cresta e il Ebenzineri…un pokerino niente male, non vi è che dire. Dopo 3 ore di viaggio arriviamo a Milano: incredibile, autostrada sgombra e pit stop all’Autogrill senza intoppi…peccato che le indicazioni per arrivare all’ Alcatraz siano deficitarie, con il risultato che il traffico di Milano ci ingloba e ci risputa dopo 2 ore alla tanto agognata meta.
La prima band che sale sul palco sono i Pain di Mr. Peter Tagtren, figura oramai storica del Metal Svedese, sia a livello di bands (cosa vi ricorda il nome Hypocrisy?) che di produzioni musicali (i celeberrimi Abyss Studios sono i suoi…come dire, i gruppi che produce diventano oro…). La band propone diversi pezzi dall’ultimo ‘Nothing Remains The Same’, tra cui la fantastica cover dei Beatles ‘Eleanor Rigby’, song che il pubblico (già abbastanza numeroso) sembra apprezzare tantissimo. Musicalmente parlando, il combo propone una buona prestazione, ottimo Metal di derivazione svedese inglobato in un concetto industriale niente male, anche se lo stesso Tagtren è in evidente imbarazzo sulle voci più pulite, steccando più di una volta. Peccato.
Dopo un breve cambio palco, è ora la volta dei Soilwork, band che album dopo album è riuscita a conquistarsi prima la fiducia di Nuclear Blast, poi quella della critica e di pubblico. Il combo svedese arriva sul palco a testa alta, dando vita ad un live set al fulmicotone, ove songs come ‘The Flameout’, ‘As We Speak’ o la title track del loro ultimo lavoro, ‘Natural Born Chaos’ si miscelano ottimamente con tracks più old, come ‘Needlefeast’ piuttosto che con ‘Structure Divine’. I 40 minuti a loro disposizione passano rapidamente, sotto i fendenti in perfetto Swedish Style della coppia di lungo criniti Axeman, mentre il rasatissimo Speed Strid non smette mai di incitare l’oramai folto pubblico, che sembra essere completamente catturato dalla prova decisamente spaventosa del five piece. Una prova maiuscola che esalta i fedelissimi della serata e lascia un pochino di rammarico a chi non è potuto intervenire al concerto. Notazione: il singer Strid è impressionante sulle screaming vocals, ma non è da meno sul pulito, che lascia impietrito più di una volta chi come me, aspettava al varco l’enorme singer svedese…ho ancora nelle orecchie il ritornello di ‘Needlfeast’…spettacolare!
Poco dopo le 21.00 salgono sul palco gli In Flames. Prima cosa da notare sono sicuramente una I ed una F che giganteggiano in alto, dietro la batteria di Daniel Svensson, unitamente a due mezze stelle posizionate una a destra ed una a sinistra del palco, sulle strumentazioni. Ho un sentore. Diventa subito realtà. Il combo svedese giunge sul palco dopo il lungo intro, ed appena la musica inizia a pompare fuori dalle casse, la IF e le mezze stelle si illuminano a giorno…bel colpo d’occhio, senz’altro, ma chi come me adora i Depeche Mode, un sorrisetto scappa…la malattia chiamata Gahan/Fletcher/Gore ha colpito ancora, questa volta in versione live…anche il look del combo è cambiato per questo tour: divisa bianca, pura, con annessa camicia abbottonata fino al collo…un vestiario chirurgico, come lo è la loro musica. Anche Friden è diverso da prima…la sua folta chioma, una volta libera al vento, ora è racchiusa in dredd sottili…come dire, album nuovo, look nuovo!
Lo show dura un ora e un quarto. Veloce e d’impatto, come nel loro solito, senza troppe smancerie o inutili break. Friden è in perfetta forma, la sua ugola è vetriolica quanto basta, e gli inserti puliti sono perfettamente calati nel contesto della nuova produzione e nella nuova via musicale intrapresa. Il riffings delle chitarre taglia l’aria come una lametta, mentre il drum sound, unitamente a quello del basso è tellurico, anche se non pompatissimo. Vengono passate in rassegna 19 songs, tutte tratte dagli ultimi quattro album del combo svedese (ovviamente non in questo ordine preciso)…’System’, ‘Cloud Connected’, ‘Reroute To Remain’, ‘Trigger’, ‘Drifter’ e ‘Black & White’ dall’ultimo ‘Reroute To Remain’; da ‘Clayman’, Jesper e soci hanno estratto ‘Pimball Map’, ‘Bullet Ride’, la title track ‘Clayman’, ‘Square Nothing’ e l’immancabile ‘Only For The Weak’; dal bellissimo ‘Colony’ si è assistito a ‘Embody The Invisible’, ‘Behind Space ‘99’, ‘Ordinary Story’ e la conclusiva ‘Colony’, mentre da ‘Whoracle’, i nostri hanno presentato solamente ‘Episode 666’ e ‘Gyroscope’. Che strana scelta quella di escludere songs come la hit ‘Moonshield’ o ‘Jotun’ o ancora ‘Stand Ablaze’ (anche se per la verità questa song sono anni che non l’eseguono più) per fare posto all’unica song fuori dai quattro album sopra menzionati, ovvero ‘Clad In Shadow’ dal primissimo ‘Lunar Strain’. Uno show intenso, maledettamente coinvolgente, carico di energia (e come non potrebbe esserlo, visto la tracklist), ove i soliti cori delle persone che giungono ad un concerto degli In Flames non possono attendere, rincorrendo le parti più ariose e la melodia di fondo…e per il finale, il colpo chic non manca: ecco il cannone che spara nell’aria migliaia di rettangolini di carta grigia luccicante, che supportati da un ottimo gioco di luci (costantemente utilizzate per tutto lo show), assume le sembianze della pioggia…veramente un finale degno delle miglior Glam Band!
Unico neo di tutto il concerto: un suono non perfetto unito ad un volume fotonico (questo vale soprattutto per gli In Flames)…molte volte mi chiedo perché vi sia questo rincorrere il volume più alto permissibile…la ricerca dell’estremo molte volte produce effetti negativi. Come stasera. Fatta questa dovuta considerazione, vi dico che gli In Flames tour dopo tour innalzano sempre più il loro livello, sia come musicisti che come live band, oramai al top. Li sto già attendendo per il prossimo tour…e sarà per me la settima volta. E sarà come la prima.
Ora è tempo di tornare. Il nostro unico scopo è quello di non passare davanti a San Siro, stadio in cui il Milan e Bayern Monaco si giocano la qualificazione per il passaggio del primo turno di Champions League…neanche a dirlo, seguendo i cartelli per l’autostrada, dove passiamo? Proprio di fianco all’enorme, imponente, e per l’occasione serale, spettacolarmente illuminato stadio! Per fortuna passiamo due minuti prima del triplice fischio dell’arbitro…ci è andata bene. Prossima fermata, Ravenna.
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