(21 marzo 2003) Yngwie J. Malmsteen – 21 Marzo 2003 – Palacisalfa, Roma

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Nessuno ha mai messo in dubbio l’affetto nutrito dal pubblico italiano nei confronti di Yngwie J. Malmsteen, eppure un’affluenza come quella di stasera era difficilmente prevedibile: un Palacisalfa gremito dal pubblico delle grandi occasioni funge da cornice all’ennesima calata italica di uno dei chitarristi più carismatici degli ultimi vent’anni, un atto d’amore difficile da prevedere, soprattutto tenendo ben presente sia la leggendaria pigrizia del pubblico romano, spesso disposto a muoversi di casa solo per grandissimi nomi, sia lo scarso appeal di un album come “Attack!!”, passato praticamente sotto silenzio sin dalla pubblicazione avvenuta parecchi mesi fa.

Un clamoroso spettacolo di luci, orientato prevalentemente sul “viola Deep Purple”, ed una micidiale scarica di sweep, plettrate alternate ed improvvise citazioni di Jimi Hendrix, eseguite a palco ancora deserto come da tradizione, introducono “Rise Up”, brano ottimamente accolto dal caloroso pubblico presente. Orfana di Derek Sherinan, la line up della nuova Rising Force mostra subito di poter fare affidamento, oltre che sul sempre spettacolare leader, abbigliato con spandex e camicia aperta sul villoso petto nonostante una cinquantina di chili in eccesso, anche sul carisma e sul talento di Dougie White, singer di classe ed esperienza.

Nonostante il concerto duri circa due ore sono pochissimi gli estratti dalla passata discografia, sacrificati in favore di numerosi brani nuovi come “Razor Eater”, “Ship Of Fools”, “In The Name Of God”, la strumentale “Baroque & Roll” e “Valhalla”, ad onor del vero molto più convincenti in questa sede, dove la scarna produzione del disco viene sostituita dal ottimo impatto che la nuova Rising Force riesce a creare durante show.
Come al solito Malmsteen non perde occasione per mostrare la propria tecnica, sempre valida anche se non ai livelli di qualche anno fa, improvvisando assoli, sia acustici che elettrici, ricchi di citazioni come la splendida “Black Star” e breve parte dell’inno americano; fortunatamente questa volta Yngwie ha l’accortezza di suddividere i propri spettacoli di virtuosismo in varie tranche piuttosto che eseguirli tutti insieme in circa quaranta insopportabili minuti, come era solito fare nel tour del 2001.

Pochissimi i brani del periodo d’oro, come già anticipato, eseguiti oltretutto in maniera non sempre impeccabile. Troneggia su tutti l’inaspettata “I Am A Viking”, dove Dougie White riesce a non perdere il confronto con Jeff Scott Soto, seguita da “Queen In Love”, “You Don’t Remember, I’ll Never Forget”, inframezzata da una citazione di “Demon’s Eye” dei Deep Purple”, e l’acclamatissima “Rising Force”, posta a conclusione della serata.
Un concerto che mostra alcune lacune di una formazione ancora non perfettamente affiatata, situazione che perdurerà se il guitar hero scandinavo continuerà a cambiare i membri ogni due mesi, ma che soddisfa pienamente gli ammiratori di Yngwie, mostrandolo sotto una nuova e più incoraggiante luce, affievolitasi dopo la mediocrità delle ultime uscite discografiche.

Report a cura di Francesco 'HWQ' Bucci

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