Un Palalido gremitissimo, traboccante di metal-kids in ogni settore, accoglie l'unica data italiana del tour 2003 degli Stratovarius. A scaldare la serata ci penseranno i Thunderstone, anche loro finlandesi, e gli statunitensi Symphony X.
Purtroppo un traffico incredibile (forse dovuto anche al concomitante derby della Madonnina, che sarebbe iniziato di lì a poco) mi ha impedito di arrivare al Palalido in tempo per assistere alla performance dei Thunderstone.
Pochi minuti dopo le 20 le luci si spengono e sul palco salgono i Symphony X, desiderosi di dimostrare il loro valore dopo la sfortunata esperienza del Gods of Metal 2002, quando per inconvenienti tecnici riuscirono a suonare soltanto una ventina di minuti. L'apertura è lasciata all'opener di V, una "Evolution (The Grand Design)" in grado di infiammare il pubblico e di farmi subito capire che sarebbe stata una serata memorabile. Allen si dimostra in forma strepitosa sin dalle prime note, Romeo e Pinnella non sono da meno: i funambolici duetti chitarra – tastiera vengono riprodotti con impressionante fedeltà, e la sezione ritmica Rullo – LePond non sbaglia un colpo. Allen conferma di essere anche un ottimo front-man, coinvolgendo il pubblico con grande entusiasmo. Qualche problema di suono, dovuto anche all'acustica del Palalido, non intacca la qualità dell'esibizione del combo statunitense. Si respira un'aria di magia, è la terza volta che ho il piacere di vedere i Symphony X dal vivo... ma ciò che riescono a mettere in scena è ogni volta più impressionante! I cinque passano poi a presentare le prime canzoni del nuovo disco, “The Odyssey”. “Inferno (Unleash the Fire)” e “Wicked” confermano l'impressione avuta in sede di recensione, cioè che il gruppo abbia cercato di indurire ulteriormente il proprio sound: le ritmiche di Romeo si fanno più taglienti ed efficaci mentre Allen sale in cattedra, rendendosi protagonista di un assolo vocale che gli vale l'ovazione del Palalido. Quando il frontman annuncia la successiva canzone, l'emozione fra i presenti è grande: le due parti di “The Accolade” vengono suonate una dopo l'altra, dando vita al momento più intenso dell'esibizione dei Symphony X. Segue la trascinante “Out of the Ashes”, che mette in mostra la vena più neoclassica e malmsteeniana di un ottimo Michael Romeo. E' poi il turno di “Awakenings”, una delle track più interessanti di “The Odyssey”: dopo una breve introduzione di Allen, che sottolinea quanto essa sia stata importante per il songwriting dell'ultimo disco, la canzone viene riproposta in maniera estremamente fedele, con una grandissima prestazione di Michael Pinnella alle tastiere. L'esibizione si conclude nel più classico dei modi, con il collaudatissimo duo “Sea of Lies” - “Of Sins and Shadows”, che corona nella maniera migliore una prestazione superlativa da parte dei Symphony X.
La speranza è ovviamente quella di poterli rivedere presto nel ruolo di headliners in un nuovo tour... speriamo di non dover aspettare troppo!
Quando sul palco salgono gli Stratovarius il Palalido è pieno fino all'inverosimile. Una splendida scenografia fa da cornice all'ingresso sul palco dei finnici, mentre sul telone alle loro spalle vengono proiettate immagini legate alle canzoni che i nostri andranno a suonare. L'inizio del concerto è affidata alla controversa “Eagleheart”, singolo estratto dall'ultimo “Elements Part I”, una canzone diretta e veloce che però anche in sede live si dimostra di una pochezza imbarazzante. Le cose migliorano decisamente con “Find Your Own Voice”, tipica Strato-song interpretata magistralmente da un Kotipelto in forma impressionante. Un'ovazione del pubblico accoglie “The Kiss of Judas”, uno dei migliori pezzi del celeberrimo “Visions”, cantata a memoria da migliaia e migliaia di fan estasiati. La successiva “Speed of Light” (tratta da “Episode”) mette in luce la buona tecnica strumentale degli Stratovarius, con una menzione particolare per Jens Johansson, sempre strepitoso dietro la tastiera. La prestazione di Timo Tolkki è decisamente convincente, mentre in alcuni frangenti Jorg Michael pare un po' impreciso. La canzone che segue è “Soul of a Vagabond”, tratta sempre dall'ultimo disco, episodio interessante e lodevole per il suo tentativo di prendere le distanze dai clichè del genere, ma che in sede live (anche a causa delle numerose e pesantissime orchestrazioni) non è di grande impatto. Quando riconosco le note iniziali della canzone successiva, una lacrimuccia di commozione si fa strada sulle mie guance. La monumentale “Destiny”, miglior episodio del discusso album che ne porta lo stesso titolo, ci presenta un Kotipelto ispirato e abilissimo nel riproporre le linee vocali della song; sul finale della stessa parte immediatamente il ritornello della recente “Fantasia”, il cui testo scorre sul telone alle spalle del gruppo, nel tentativo (più o meno riuscito) di coinvolgere il pubblico nel coro. Segue “Father Time”, il mio pezzo preferito degli Stratovarius, suonato in maniera decisamente energica: il cavallo di battaglia è accolto con un boato dal pubblico, che si esalta nel cantare il coro successivo all'assolo di Tolkki. Successivamente i finnici hanno l'ottima idea di proporre un medley delle canzoni più vecchie della loro discografia (precisamente “Fright Night”, “Hands of Time”, “We Are the Future”, “Dreamspace”, “Tears of Ice” e la stupenda “We Hold the Key”), che però a giudicare dalle facce di molti dei presenti sono poche conosciute dai fan dell'ultim'ora. Va comunque apprezzata l'iniziativa degli Stratovarius di suonare qualcosa di diverso dal solito! Se avete ascoltato “Visions of Europe” sapete bene che uno dei momenti più emozionanti di un concerto degli Strato arriva con “Forever”, la dolcissima ballad che concludeva il fortunato “Episode”: e anche in questa occasione il buon Kotipelto coinvolge i presenti nel canto, con numerosi accendini a creare la giusta atmosfera. Il risultato è buono, anche se lontano anni luce da altri esperimenti di questo tipo (qualcuno ha detto “The Bard's Song”?!). Nuovo momento strumentale per gli Stratovarius: la trascinante “Stratofortress” entusiasma i metal-kids presenti con la sua incredibile velocità, mentre due simpaticicissime alci (o meglio, due roadie travestiti) improvvisano un gustoso balletto sul palco, di fianco al gruppo che suona divertito. La canzone successiva è la title-track dell'ultimo disco, “Elements”, seguita dalla conclusiva “Will the Sun Rise?”. Gli Stratovarius lasciano il palco per il consueto “encore”: dopo pochi minuti di incitamento da parte del pubblico i cinque finnici tornano sul palco, pronti a suonare ancora qualche pezzo. Tocca a “Season of Change”, alla famosissima “Paradise” (e qui le due alci decidono di deliziarci ancora con un balletto, nonostante l'atmosfera della canzone non sembri particolarmente appropriata) e a “Hunting High and Low”, singolo del precedente album “Infinite”. A questo punto gli Strato decidono di abbandonare lo stage per il secondo encore: tocca all'ultima canzone del setlist, la bellissima “Black Diamond”, canzone - simbolo degli Stratovarius, che chiude nel migliore dei modi una serata incredibilmente intensa e coinvolgente.
Come conludere questo report? Ho avuto l'opportunità di assistere ad un concerto magnifico, con un'ottima prestazione da parte di entrambi i gruppi. I Symphony X hanno dimostrato di essere uno dei migliori gruppi al mondo (e questo tour porterà sicuramente molti nuovi fan), offrendo una performance di impressionante spessore tecnico: è un vero peccato che la loro esibizione si sia dovuta limitare ad un'oretta scarsa. Speriamo presto in nuovo tour da headliner!
Da parte loro, gli Stratovarius hanno risposto con un grandissimo concerto, soprattutto dal punto di vista del coinvolgimento: purtroppo la scarsa originalità nel songwriting degli ultimi dischi comincia a pesare anche dal vivo (non vi dico quante volte mi sono ritrovato a cantare i versi di una canzone mentre il gruppo ne suonava un'altra...), ma questo non sembra aver intaccato la fedeltà dei fan del combo finlandese, anzi. Rispetto all'esibizione di tre anni fa (quando di spalla c'erano Rhapsody e Sonata Arctica) il pubblico del Palalido è stato decisamente maggiore, e non credo che il richiamo “commerciale” dei Symphony X fosse maggiore di quello dei Rhapsody.
Complimenti dunque ai gruppi per averci regalato un concerto di questa qualità, speriamo di potere assistere presto ad altre esibizioni di questo livello... da Milano è tutto, a voi studio!
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