Con la pubblicazione di "Hesperia" gli Stormlord hanno fatto un ulteriore passo avanti nella loro evoluzione, concependo e realizzando un disco in cui hanno messo davvero parecchio impegno sia per la parte musicale che per i testi. Nella recensione abbiamo accennato alla storia che sta dietro questo concept album, esaltata da una musica davvero ispirata, epica e aggressiva, che mantiene quel carattere mediterraneo che ormai la contraddistingue. Abbiamo ora la possibilità di parlare con Francesco Bucci (basso, testi), Cristiano Borchi (voce) e Gianpaolo Caprino (chitarra, tastiere) che in un'intervista fiume, ci svelano tutto del nuovo lavoro, anche l'esametro dattilico.
Dopo un disco magistrale come "Mare Nostrum", accolto con pareri favorevoli da critica e pubblico, non dev'essere stato facile mettersi al lavoro per questo nuovo capitolo. Cinque anni di attesa per un nuovo lavoro sono comunque tanti, quanto in questa attesa hanno inciso gli impegni quotidiani e quanto la giusta ispirazione?
Francesco: Innanzitutto ti ringrazio per i complimenti e per la disponibilità. Chi ci segue sa bene che siamo una band che ha la tendenza a prendersela comoda e di questo non posso che scusarmi con tutti quegli ascoltatori che da anni ci seguono con affetto e che sono costretti a sopportare attese interminabili fra un disco e l’altro.
Le motivazioni dietro queste tempistiche dilatate sono diverse. Innanzitutto il nostro non è un genere semplicissimo da gestire poiché gli arrangiamenti, i testi e la pre-produzione richiedono molta cura, inoltre cerchiamo sempre di portare il sound ad un livello superiore album dopo album, rimanendo fedeli al nostro stile ed, al tempo stesso, tentando di proporre al pubblico delle soluzioni fresche ed un approccio diverso.
Devi tenere conto, inoltre, che la nostra band si regge essenzialmente sulla passione e sulla dedizione dei singoli membri (che spesso sono presi da problematiche quotidiane come lavoro e famiglia e, nonostante ciò, continuano a mettere ogni stilla di energia nel progetto Stormlord). Per questo motivo, non avendo particolari tornaconti economici, possiamo focalizzarci esclusivamente sulla riuscita del prodotto rispetto alle nostre attese. In altre parole, ogni singola nota deve soddisfarci al 100%, altrimenti preferiamo perdere un po’ di tempo in più per non correre il rischio di pubblicare qualcosa che non rispecchi le nostre intenzioni.
Anche l’eccellente responso di “Mare Nostrum” ha avuto il suo peso, non posso negarlo; volevamo a tutti i costi produrre un degno successore per un disco che ci aveva dato così tanto, ma non eravamo intenzionati a sfornare una mera copia perché una soluzione simile avrebbe deluso sia il nostro pubblico che noi stessi.
Abbiamo preferito, quindi, imbarcarci in un progetto ancora più complesso affrontando la composizione del nostro primo concept album, certi che l’imponenza di un simile lavoro ci avrebbe responsabilizzati dando una decisa scossa alla nostra ispirazione.
Così è stato ma, onestamente, non ci saremmo mai aspettati una simile mole di lavoro altrimenti avremmo optato per un bel disco di cover!
In ultima battuta, come avrai notato siamo andati incontro agli ennesimi cambi di line up e, per essere sicuri che questa volta le cose funzionassero, abbiamo sottoposto ad un lungo rodaggio in sede live sia Andrea Angelini (chitarrista, che comunque conoscevamo da lungo tempo e con cui avevo già collaborato nell’ambito del mio side project Outbreak) e Riccardo Studer (tastierista).
Insomma, non siamo mai rimasti con le mani in mano ed abbiamo gettato le fondamenta per un’armonia di interessi e musicale che, mi auguro, ci permetterà di lavorare sul materiale nuovo con tempistiche più brevi rispetto al passato.
C'è un impegno lirico e di ricerca davvero notevole per questo vostro primo concept album, considerando anche un tema complesso come quello dell'"Eneide" di Virgilio. Sono stati seguiti i libri originali o c'è stata una vostra reinterpretazione? Chi si è sobbarcato il lavoro?
Francesco: Sono io sia la vittima che il carnefice, lo confesso; carnefice perché ho angosciato costantemente gli altri ragazzi con la mia visione dell’opera nel tentativo di far coincidere musica e testi, vittima perché il lavoro di studio e di organizzazione di questo concept mi ha lasciato stremato.
In realtà l’idea di comporre un concept album risale a parecchi anni fa e rappresenta, a mio parere, un passo naturale per una band come Stormlord, che del sound epico e teatrale ha fatto la propria bandiera. Se non sbaglio la prima volta che parlai di questa idea, fu durante il tour europeo del 1999, con il nostro ex tastierista Simone, quindi immagina da quanti anni questo progetto bolliva in pentola.
Sono sempre stato ben conscio, però, che un lavoro del genere avrebbe richiesto una maturità ed una preparazione, dal punto di vista sia musicale che narrativo, frutto di un’esperienza che ai tempi ancora non avevamo e non potevamo avere.
Quando si è trattato di mettere mano al nuovo album, invece, ho sentito che era arrivato il momento di provarci seriamente, quindi ho proposto l’idea ai ragazzi della band i quali hanno raccolto la sfida con entusiasmo.
L’idea di cimentarmi con l’”Eneide”, il poema epico scritto dal sommo Publio Virgilio Marone fra il 29 ed il 19 a.C. è nata nel corso di una chiacchierata con il mio amico Flavio, chitarrista dei Lahmia, e si è immediatamente rivelata perfetta per Stormlord.
In particolare ero ansioso di confrontarmi con una personalità sfaccettata come quella di Enea, il principe troiano protagonista dell’opera; egli non è un invincibile supereroe come Achille, né un personaggio dall’incrollabile sicurezza con una risposta per qualsiasi domanda. Piuttosto, il protagonista è un uomo come noi che si ritrova, per volere degli dei e dei suoi Padri, a sopportare un grosso fardello latore sia di gloria imperitura sia di sudore, sangue e lacrime.
I due obiettivi principali alla base del progetto sono stati, sin dall’inizio, la voglia di continuare a trarre ispirazione dalle tradizioni Classiche dell’area Mediterranea, che hanno sempre contraddistinto i testi degli Stormlord e che, oggi più che mai, sentiamo nostre, e la volontà di affrontare tale concept non come una didascalica esposizione dell’opera di riferimento, piuttosto come un’occasione per esprimere e sviluppare alcune riflessioni – anche personali - stimolate dal lavoro di Virgilio.
“Hesperia” è una parola di origine greca che significa “terra del tramonto” o “terra occidentale”, utilizzata dagli antichi greci per indicare la penisola italica, e richiama il viaggio, trattato nei primi sei libri dell’Eneide, compiuto da Enea e dagli esuli della distrutta Troia per raggiungere le coste del Lazio e porre le basi per la futura nascita dell’impero di Roma.
I testi sono scritti in tre diverse lingue, italiano, inglese e latino, ed analizzano il personaggio di Enea e la sua relazione con il Volere Divino ed il Fato sia dal punto di vista ultraterreno - l’eroe era figlio della dea Venere e del mortale Anchise, quindi un semidio a tutti gli effetti - che da quello umano; l’intera storia può essere vista come una sorta di flashback nell’ambito del quale Enea riesamina e medita su alcuni episodi della sua vita che lo hanno portato ad affrontare sentimenti di amore, odio, scoramento e vendetta, untiti al suo rispetto per gli antenati ed alla speranza riposta nelle nuove generazioni.
Credo che il messaggio dietro il concept di “Hesperia” differisca dalle tematiche trattate dalla maggior delle band dedite al metal estremo. Mi spiego meglio: sappiamo bene che l’heavy metal è una musica di reazione, che spesso estrinseca la propria urgenza comunicativa attraverso argomenti piuttosto nichilistici e distruttivi (e, nella maggior parte dei casi, è giusto che sia così).
D’altro canto penso che i difficili tempi in cui viviamo richiedano un approccio capace di andare oltre atteggiamenti quali: “possa bruciare il mondo, io me ne frego!”. Se vogliamo compiere dei progressi dobbiamo trovare il coraggio e la volontà di lavorare duramente per cambiare ciò che non ci piace piuttosto che limitarci a palesare disgusto per la situazione attuale.
Credo che, al giorno d’oggi, un uomo capace di lottare per i propri ideali, anche accettando l’inevitabile carico di delusioni e fatica che ne deriva, sia il prototipo dell’eroe che noi tutti dovremmo imitare.
All'interno del concept c'è addirittura l'utilizzo della lingua latina con parti in metrica, vi siete fatti aiutare da qualcuno o c'è stato un "brainstorming" collettivo?
Francesco: L’idea di utilizzare la metrica originale nell’opener “Aeneas”, l’esametro dattilico, affonda le radici direttamente nel mio passato al liceo Classico.
Purtroppo, vista la mia non più giovanissima età, i ricordi delle regole grammaticali latine si sono piuttosto offuscati e non me lo sono sentita di occuparmi in prima persona della corretta accentazione, quindi ho preferito avvalermi della preziosa collaborazione di due latinisti seri, Maurizio Rosati e Patrizia Marra, che hanno studiato i testi e ci hanno garantito un approccio corretto all’utilizzo di detta metrica.
Viene da chiedersi se la musica contenuta nell'album, così maestosa, potente ed evocativa come mai prima d'ora, sia stata creata di pari passo con i testi per inserire il tutto in una giusta ambientazione o se sia stata composta una volta ultimata la parte lirica. Che ci dite?
Francesco: In realtà ho composto i testi in due tranches, ma l’idea di lavorare su un concept album è arrivata quasi subito. Innanzitutto ho esaminato attentamente le prime idee che ci siamo trovati fra le mani e, da esse, ho tratto ispirazione per affrontare lo studio dell’Eneide. Dopo qualche mese passato a rispolverare il poema Virgiliano nella sua completezza ho iniziato ad abbozzare il concept e, contestualmente, ho diviso per brani le tematiche di cui avrei desiderato occuparmi. Ne ho parlato con Gianpaolo (Caprino, chitarrista, tastierista e principale compositore) e da quel momento è iniziato un meraviglioso processo di ispirazione circolare. Le tematiche che gli proponevo lo ispiravano a concepire del nuovo materiale su cui, in seguito, lavoravamo sino a creare una canzone, mentre le atmosfere del disco che iniziavano a formarsi mi guidavano verso una maggiore strutturazione dei testi e delle tematiche trattate.
Quanto Giampaolo Caprino, uno dei principali arrangiatori della band, è appassionato di colonne sonore? Lo chiedo perché si sente un grandeur davvero da kolossal epico, ma mai stucchevole come accade in molte (troppe) band sinfoniche.
Gianpaolo: Questo è un ottimo complimento che fai, in effetti sono un appassionato di colonne sonore dei grandi Maestri e trovo che da esse ci sia molto da imparare.
Negli ultimi anni ho ascoltato molto James Horner e soprattutto Basil Poledouris ("Conan" 1982 - 1983); quest’ultimo, in particolare, mi ha aperto molto mentalmente.
Mi occupo da non poco tempo del songwriting in Stormlord, degli arrangiamenti e delle strutture, collaborando soprattutto con Francesco Bucci.
Ogni disco per me è una nuova ricerca di sonorità, ambientazioni, immagini e sapori. Con l'immaginazione cerco di coinvolgere più sensi possibili perché il disco non solo deve raccontare, ma deve anche far vivere in prima persona una determinata storia, proprio come funziona nel cinema, soprattutto nel genere musicale che stiamo trattando. E' un lavoro difficile che ha bisogno di molto tempo, calma e pazienza.
Ho composto anche molta musica elettronica in passato, dove la ricerca del suono e il tema ’indovinato’ sono il lavoro principale, gli effetti sonori possono essere percussioni e possono essere la sezione melodica, entrambi fanno parte della canzone miscelandosi con lo stesso significato ed importanza. Per Stormlord questo discorso non è distante, proiettando cosi lo stesso approccio nel metal e nell’epicità.
Per concludere, aggiungo che è stata la passione per la ricerca della melodia giusta nel raccontare l'"Eneide", trovare le idee per ricreare atmosfere remote, trovare gli oggetti più insoliti e strumenti più antichi, cercando di non cadere in possibili errori anacronistici, a dare a questo disco un particolare mood.
L'artwork del disco è davvero notevole e rappresenta bene l'intero "viaggio" in musica che avete creato. Chi l'ha realizzata? Avete dato una direzione precisa?
Francesco: Il concept di ‘Hesperia’ si sviluppa intorno ai primi sei libri dell’"Eneide", ovverosia il racconto del pellegrinaggio che porta Enea ed i suoi compagni a fuggire dalla morente Troia per approdare, dopo mille peripezie, alle sponde del Lazio dove un giorno nascerà la culla dell’impero Romano. Il tema del viaggio e del mare, che abbiamo trattato in questa sede, erano al centro anche di "Mare Nostrum" e rappresentano la chiave per capire le tematiche dei miei testi, tesi all’analisi delle nostre tradizioni ed all’estremo rispetto e fascinazione per tutte quelle culture (principalmente quelle dell’area mediterranea, Maghreb e Grecia in particolare, ma anche l’Arabia e l’India) che ci hanno influenzato e che, con il loro bagaglio di esperienza, hanno contribuito ad arricchirci spiritualmente e culturalmente.
L’intero artwork, incentrato appunto sul viaggio di Enea, è stato curato dal brillante illustratore ungherese Gyula Havancsák (noto per il suo lavoro con Destruction, Stratovarius, Grave Digger, Tyr, Annihilator e molti altri), lo stesso artista che già si era occupato dell’artwork di "Mare Nostrum".
Il dipinto, realizzato da Gyula seguendo le nostre indicazioni, mostra la flotta di Enea nell’atto di approcciarsi alle coste del Lazio; da una parte questa è un’immagine gloriosa poiché la ricerca di “Hesperia” sta per giungere alla fine ed il fato di Roma, rappresentato dall’aquila, sta per essere scritto. D’altro canto, il futuro di quei marinai è ancora sconosciuto e coperto dalle stesse nuvole minacciose che vedi all’orizzonte: il destino di questo futuro impero giace unicamente nelle mani della gente guidata da Enea e nella loro forza di volontà.
Così è anche la nostra vita, sempre in bilico fra raggianti momenti di splendore e profondi abissi.
Quali sono gli strumenti "non convenzionali"/strani che sono stati utilizzati per unire l'epicità del poema dal sapore mediterraneo al vostro extreme epic metal? Sono stati suonati da voi o da qualche ospite?
Francesco: Questo disco è stato reso possibile anche grazie ai musicisti talentuosi e disponibili che ci hanno onorato della loro presenza e che, ancora una volta, colgo l’occasione per ringraziare ed elencare.
Su “Hesperia” sono presenti Simone D'Andrea (che i più attenti di voi ricorderanno fra le fila dei romani Ade), che ha suonato darbouka, doholla, udu drums e saz, Mirko Palanchini alla mandola e Daniele Melis alle benas (un antico strumento sardo), senza dimenticare i nostri storici collaboratori e, soprattutto, amici Elisabetta Marchetti (Riti Occulti) e G/Ab Svenym Volgar dei Xacrestani (Deviate Damaen) alle voci liriche ed ai narrati.
Peraltro questo disco contiene una piccola dose di Gloria di Metal.it dato che l’utente del forum noto come Ultimo Bardo è Mirko Palanchini, che ha suonato la mandola su "Motherland" e "Those Upon The Pyre", e che ho conosciuto proprio sul forum di metal.it. ”
La voce di Cristiano è davvero ottima, come peraltro dimostrato anche in occasione del precedente lavoro. Ha approfondito lo studio della voce con lezioni o è semplicemente maturato come una buona bottiglia di vino?
Cristiano: Grazie per i complimenti. Credo che la chiave di tutto stia nell’esperienza accumulata negli anni e nel non porsi limiti mentali sul tipo di voce che si sta usando. E’ vero che stiamo parlando di un suono innaturale, ma è altrettanto vero che non significa che non lo si possa utilizzare in maniera variegata. In un certo senso è come la chitarra: il fatto che sia distorta non vuol dire che si possa fare un solo accordo! Credo che alcuni cantanti estremi sottovalutino il potenziale di questo tipo di voce, che è coltivabile come ogni altro strumento. Capito questo, ti rendi conto che i margini di miglioramento sono virtualmente infiniti.
Parti atmosferiche, momenti più spinti, melodie di chitarra e linee di basso indovinate, cori magistrali... tutto ben dosato, equilibrato ed incisivo. I The Outer Sound Studios di Roma e Giuseppe Orlando sono gli artefici di questo equilibrio oppure la chiave è la coesione trovata tra i membri del gruppo?
Francesco: Collaboriamo con Giuseppe oramai dal lontano 2000, quando entrammo negli Outer Sounds studios per registrare il nostro secondo EP “The Curse Of Medusa”, quindi puoi immaginare quanta stima e fiducia riponiamo in questo produttore. Nel corso degli anni Giuseppe ha potuto assistere alla crescita del nostro sound ed ha saputo fotografare sapientemente le varie fasi della nostra carriera dando ad ogni disco la veste più consona; insomma lavorare con lui è come avere a che fare con un membro aggiunto della band… un membro che, incidentalmente, è anche uno dei migliori producer europei.
Dal canto nostro siamo dei maniaci del controllo e cerchiamo sempre di entrare in studio con le idee chiare per non perdere troppo tempo. Soprattutto nel caso di "Hesperia" abbiamo curato in maniera maniacale la preproduzione e, grazie all’abilità del nostro chitarrista Andrea Angelini (il quale oltre ad essere un talentuoso musicista è anche un ingegnere del suono di tutto rispetto), abbiamo prodotto diverse versioni demo di tutte le canzoni contenute nel disco, proprio per essere certi che il prodotto fosse all’altezza delle nostre aspettative e non sorgessero inconvenienti una volta entrati agli Outer Sound Studios.
E’ stato un lavoro faticoso, non lo nego, ma quando si decide di affrontare un progetto ambizioso come un concept album è doveroso curare ogni dettaglio affinché il risultato sia all’altezza delle aspettative.
Ci sono alcune belle canzoni come "Bearer of Fate" e "My Lost Empire" dove David (Folchitto, batterista) fa un gran lavoro e sono un po' più incazzate delle altre, forse maggiormente legate al recente passato, come una sorta di ponte con l'evoluzione del vostro suono. Condividi? È una cosa voluta?
Francesco: Hai indicato i brani più veloci del lotto che, in un certo senso, si contrappongono al feeling più orchestrale del resto del disco. Non direi che si ricollegano al passato più o meno delle altre, quindi, piuttosto che rappresentano il lato più aggressivo del sound Stormlord. L’evoluzione che stiamo affrontando non prevede l’abbandono di pezzi veloci e d’impatto, questo sia ben chiaro.
Parlando della batteria, credo che "Hesperia" sia il disco della consacrazione di David, che già in questo momento, grazie alle sue numerosissime collaborazioni, è considerato uno dei migliori batteristi della scena nazionale e non solo. Con "Hesperia" David ha dato una prova di stile magistrale, concentrandosi sulla musicalità dei pezzi più che sulla velocità fine a sé stessa (campo in cui, ormai lo sapete tutti, ha ben pochi rivali) e donando alle canzoni una pulsazione ritmica coinvolgente.
Ci potete dire qualcosa sul deal raggiunto con la Trollzorn Records? Non vi trovavate bene con la Scarlet e con la Locomotive?
Cristiano: Questa volta ci siamo voluti orientare su un tipo di etichetta che fosse addentrata nel nostro filone, e devo dire che TrollZorn si è rivelata un’ottima scelta. Sono dei ragazzi molto motivati che credono in quello che fanno, finora ci hanno supportato con ogni mezzo possibile. Onestamente non mi viene in mente nulla che potrei rimproverargli.
Fermandoci un attimo ad analizzare la vostra discografia, è innegabile la costante crescita stilistico-musicale avuta durante gli anni, come giudicate "Supreme Art of War" a distanza di tanto tempo? Dove vi vedete tra qualche anno?
Cristiano: Ho un legame affettivo molto forte verso quell’album, per certi versi si è trattato di una vera e propria scommessa. All’epoca a nessuno sarebbe mai venuto in mente di inserire flauti, trombe e quant’altro ci sia di epico in un contesto estremo, e con tutti i nostri limiti dei tempi ne è uscito un lavoro genuino e pieno di energia, dov'è l’intenzione a far funzionare il tutto. Ora sono passati quattordici anni da quell’esordio, e siamo ovviamente cambiati e maturati musicalmente, ma lo spirito di fondo che muove la nostra musica è lo stesso. Non so dove saremo tra qualche anno, ma sicuramente saremo con uno strumento in mano!
Il DVD del 2007 "The Battle of Quebec City" è stato un bel traguardo, coronamento di un intensa attività. Lo giudicate ben rappresentativo? Come ve la cavate attualmente sul fronte live? Riuscite a buttare giù qualche data con facilità o è sempre complicato suonare dal vivo?
Francesco: Sono molto affezionato al DVD che hai nominato perché rappresenta sia uno dei momenti più emozionanti della nostra carriera musicale, il tour oltreoceano, sia perché separa nettamente due momenti della nostra carriera. Con "The Gorgon Cult" avevamo realizzato un disco ottimamente prodotto e con alcuni brani come "Wurdulak", "Dance of Hecate" e la title track, che tuttora reputo fra i migliori del nostro repertorio. Contestualmente, però, avevamo iniziato ad allontanarci da quello stile così personale che ci aveva contraddistinto sin dal disco d’esordio per sperimentare sonorità più oscure. "The Battle Of Quebec City" mostra probabilmente il lato più aggressivo degli Stormlord, non a caso è presente una cover degli Slayer, "Raining Blood", che alla luce dei tristi avvenimenti che hanno riguardato Jeff Hanneman siamo felici di aver incluso in una nostra release ufficiale.
Da "Mare Nostrum", invece, abbiamo cercato di riprendere contatto con le nostre radici più epiche aprendoci, nel contempo, alla sonorità tradizionali della nostra terra.
Data l’evoluzione del nostro show, che ora si presenta decisamente più teatrale, sarebbe meraviglioso poter girare un altro DVD per mostrare al mondo come sono gli Stormlord nel 2013. Purtroppo in questo momento, date le disastrose condizioni del mercato discografico, è difficile persino pubblicare un CD, quindi figurati quanto sia complesso avere a che fare con un DVD.
Insomma, se siete curiosi di vederci suonare del vivo non potete fare altro che venire ai nostri show, per esempio il 18 ottobre a Roma e il 19 a Milano.
Per quanto riguarda la facilità di reperire i live, noi siamo un gruppo con un certo zoccolo duro di fan che ci siamo guadagnati nel corso di una carriera più che ventennale, motivo per cui riusciamo a trovare delle date o dei piccoli tour, in particolare all’estero. Purtroppo la crisi sembra essersi abbattuta come un maglio sulla scena underground ed i promoter locali sono letteralmente terrorizzati dalla possibilità di sbagliare una serata rimettendoci di tasca propria; questa situazione, ovviamente, va a colpire tutti quei gruppi esordienti che hanno il coraggio di portare in giro la loro musica inedita, rifiutando i giri delle cover band, e che spesso si trovano costretti a suonare solo per la gloria in catapecchie cadenti e con lo stomaco (ed il portafoglio) completamente vuoti.
Dal canto nostro, quando suoniamo come headliner ed abbiamo la possibilità di scegliere, cerchiamo di farci accompagnare da quelle realtà che riteniamo più meritevoli ed interessanti.