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Gruppo:Thaclthi

Il debutto dei Thaclthi ha fatto prepotentemente irruzione nella mia top ten di fine anno, e speriamo anche nella vostra. Una piacevolissima sorpresa che nasconde ancora molto mistero. Mistero che il leader Hinthu prova a svelare in questa intervista.

Come nasce il progetto Thaclthi?
Il progetto nasce nel 2012, essenzialmente per mettere in musica atmosfere e idee che da tanto tempo avevo in mente ma, per vari motivi tra cui anche la mancanza di convinzione, mezzi e tempo da dedicarvi, non ero mai riuscito a realizzare. Il progetto all’inizio nasce per necessità come one man band. L’intenzione però non era quella di farlo rimanere tale, infatti ritengo che l’apporto di altre persone (poche ma buone) interessate e motivate sia assolutamente prezioso, e sicuramente il disco non avrebbe potuto suonar così senza di loro.
Sempre nel 2012 si unisce il batterista Rathlth, e soltanto quest’anno, dopo infinite vicissitudini, abbiamo trovato in Thaurx un’appropriata e seria collaboratrice.
I riferimenti all’antica Etruria fanno parte integrante del vostro concept o è solo una sorta di marchio d’origine per rivendicare da dove venite?
Ci tengo a precisare che il progetto Thaclthi non è un concept sul popolo etrusco e non vive solo di quello. Il nome, come anche altri dettagli del progetto, sono stati scelti per non ricadere nella solita trappola esterofila/esotica e/o nordica. A mio parere c’era bisogno di scegliere un qualcosa che prima di tutto mi rappresentasse senza compromessi, e per dichiarare anche da dove provengo, un senso di appartenenza. Oltre che ad emanare un senso di antichità. Poi è innegabile che l’antica civiltà etrusca è alquanto affascinante nel suo profondo mistero, ma di base tutto ciò che è incredibilmente antico, polveroso e dimenticato esercita influenza sulla nostra musica.
La necessità di non dare alcuna notizia di voi da cosa nasce?
Anche se dietro al progetto si celano dei perfetti sconosciuti, ci è parso meglio agire così. Molto spesso si arriva a giudicare un disco, sia positivamente che negativamente, guardando chi ci ha suonato e pensando ai progetti già esistenti in cui Tizio e Caio hanno suonato. Nasce una sorta di pregiudizio, e il nostro desiderio era proprio quello di fare tabula rasa, il più possibile.
Come siete approdati alla Avantgarde Music?
Piuttosto per caso anche perché, personalmente, non avevo grandi aspettative di trovare label interessate. Ma Roberto Mammarella, venuto a sapere che stavamo preparando un disco, si è mostrato fin da subito interessato a sentire il nostro materiale. Mi sembra inutile ribadire qual è stato il suo verdetto. Per adesso siamo molto soddisfatti.
“…Erat Ante Oculos” è davvero un gran disco, ma cosa significa il titolo? E perché in latino e non in etrusco?
Ringrazio per l’apprezzamento innanzitutto. Il titolo significa letteralmente “stava/era davanti agli occhi” ed è tratto da un brano del poema Pharsalia di Marco Anneo Lucano in cui si descrivono le morti dei soldati provocate dai veleni dei serpenti d’Africa. E’ stato scelto come titolo del disco come per dichiarare che tutto ciò che si narra nei testi stava (e starà) davanti agli occhi di chi vi si avventura. Purtroppo della lingua etrusca si conosce ben poco, e anche delle poche parole che si conoscono, il significato non è mai chiarissimo o certo. Trovare una frase in etrusco per intitolare il disco sarebbe stata un’impresa impossibile. Meglio ripiegare sull’altrettanto evocativo latino.
Il singer è in realtà una donna, ed ha una voce disumana. È una scelta un po’ atipica per il genere. Perché una scelta simile?
A noi semplicemente occorreva un singer motivato e, dopo infinite vicissitudini con persone non serie, Thaurx si è rivelata fin da subito la persona giusta, anche come tipo di voce. I discorsi riguardo il sesso dei membri non ci interessano minimamente. Però speriamo di non venire annoverati tra le famigerate female-fronted metal band con inesorabili riferimenti al genere gothic per questa scelta: qualche differenza, anche solo a livello di immagine, spero si noti.
Citate come numi tutelari gli Unholy e i Disembowelment. Vi va di parlarne?
Sono i primi nomi che mi vengono in mente se devo citare una qualche influenza in campo di metal estremo per Thaclthi. Non abbiamo la pretesa di suonare come loro, o di dire che gli assomigliamo (che poi non sta nemmeno a noi dirlo), ma per pubblicizzare un disco ci vuole purtroppo anche qualche nome di riferimento, e ritengo che questi 2 nomi siano i più indicati, se non altro perché hanno sempre esercitato una grande influenza sulla musica che scriviamo per questo progetto. Poi ovviamente c’è anche molto altro in campo metal estremo, come ad esempio molto Death Metal e Doom/Death old school e d’annata, ma mi pare inutile star qui a fare liste di dischi e/o gruppi che possono essere stati importanti per noi.
Il sound mischia tante cose diverse. A riguardo ho citato funeral doom, black metal, death metal, harsh noise, drone, sludge, dark ambient, musica rituale, ect. Come vi definireste e a quale genere/corrente vi sentite più vicini?
Sinceramente trovo molto difficile inquadrare il nostro sound in un singolo genere, vista la quantità di influenze. Però credo che la catalogazione molto generica di (extreme) Doom Metal sia la più vicina, anche se questo può voler dire tutto e niente, come sai. Ad ogni modo i generi che citi ci sono tutti e tutti hanno il loro piccolo ruolo nel nostro sound. La rozzezza come pure l’atmosfera sono elementi fondamentali. Preferisco che siano persone esterne al progetto a definirci, se è proprio necessario.
L’iniziale “Hinthial” si discosta un bel po’ dalle restanti tracce. È dark ambient rituale. Cosa ha ad oggetto questa traccia?
“Hinthial” rappresenta un aspetto del progetto che in futuro andrà sviluppato molto di più, vista anche la natura ritualistica e primordiale di Thaclthi. Nel disco rimane infatti staccata dal resto, come una sorta di “intro” (definizione che non mi piace), ma la mia idea per il futuro è quella di fondere momenti come questo a quelli più propriamente d’impatto. “Hinthial” in etrusco ha vari significati, come fantasma, anima, apparizione, e il testo tratta di una sorta di evocazione.
Il drumming è decisamente non convenzionale per questo tipo di musica. Non avevo ancora sentito una batteria così veloce e articolata su pezzi assimilabili al funeral doom.
Mi fa piacere che questo sia l’effetto che suscita. In effetti abbiamo cercato il più possibile di non ricorrere a tempi “convenzionali”, o comunque a renderli molto più vari, cercando di dare un tocco tribale e percussivo alla batteria. Il risultato ci pare soddisfacente. Rathlth ha fatto un ottimo lavoro.
Per quanto riguarda i testi o il vostro immaginario avete delle fonti di ispirazione particolari?
Per i testi, dato che li ho scritti io, ci sono varie fonti di ispirazione: dalla vita vissuta, la Natura, sia incontaminata che incomprensibilmente devastata dall’uomo, ad altre di genere più strettamente letterario. Devo dire che “The Waste Land” di T.S. Eliot è stata una grande ispirazione per il metodo di scrittura dei testi. Poi ci sono molte altre fonti, di carattere esoterico/alchimistico come ad esempio grimori e di carattere antropologico/leggendario, che di certo hanno fornito e forniscono ispirazione. Un altro autore che cito per importanza di influenza sul disco è Arthur Machen, con i suoi racconti dell’orrore e del soprannaturale. Infine, il sano disprezzo per l’avidità cieca e sete di potere che hanno sempre contraddistinto l’uomo e per la società materialista in cui ci troviamo da un bel pezzo condisce il tutto.
Cosa avete in programma per il futuro?
Ancora niente di preciso. Abbiamo un pezzo in cantiere, quindi ancora da registrare, che mi piacerebbe uscisse come split, ma ancora è tutto in forse e nebuloso, quindi non faccio programmi. Fin’ora abbiamo visto che è bene farne il meno possibile.
Chiudi pure come vuoi.
Ringraziamo per l’intervista concessaci.
Intervista a cura di Luigi 'Gino' Schettino

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 28 nov 2013 alle 16:08

Mi erano sfuggiti ma leggendo l'intervista mi si è accesa la curiosità. Vedo di recuperarli alla svelta