I Tryptamin sono una delle sorprese “underground” più piacevoli del 2013 nell’ambito del rock “alternativo”.
Artefici di un mosaico sonoro sempre estroso, pulsante e sorprendente, oltre che emotivamente appagante, i piacentini non mancheranno di appassionare chi ritiene che i limiti stilistici non debbano esistere e si approccia alla materia musicale con spirito ”polifago”, esibendo, in tal modo, un’attitudine analoga a quella che anima Daniele Brolli, il bassista della band qui interpellato per questo doveroso e gradito approfondimento, e i suoi valorosi compagni d’avventura.
Se vi riconoscete nella descrizione e magari recensione e intervista vi hanno incuriositi, cercate “Monday Hangover” … non credo rimarrete delusi e scoprirete un “emergente” davvero meritevole del vostro sostegno …
Ciao Daniele, grazie per la disponibilità, benvenuti sulle pagine “virtuali” di Metal.it e complimenti per il vostro ottimo “Monday Hangover” che, come sai, considero un’autentica boccata d’aria fresca nel convulso rockrama contemporaneo. Direi d’iniziare con una “necessaria” scheda di presentazione dei Tryptamin: chi sono, “perché” sono, da dove arrivano e, soprattutto dove vogliono andare?
Innanzitutto grazie mille! Siamo una band di Piacenza, nata nel 2008 ma, per una serie di vicissitudini, giunta all'album di debutto verso la fine del 2013. Pietro (tastiere, voce) registrava riffs o interi brani con il sequencer e da lì il tutto ha preso la forma di una band vera e propria. Abbiamo registrato due EP omonimi negli anni passati (uno è recensito sul vostro sito), in presa diretta. Arriviamo da background differenti ma abbiamo sempre ascoltato di tutto e questo probabilmente si riflette nelle nostre composizioni. Per ora l'obiettivo è cercare di diffondere il più possibile la nostra musica, sia dal vivo che online.
Proseguiamo poi con il singolare titolo del disco … in che modo legate la vostra musica alla “traumatica” esperienza di un “lunedì” da vivere con i “postumi di una sbronza”?
Beh in primis ci suonava bene! Diciamo che il postumo del lunedì può essere anche peggiore di quello della domenica, dato che il lunedì generalmente è il giorno in cui si torna a lavorare/studiare o comunque alla propria routine, in questo senso “Hangover” non viene inteso letteralmente come “postumo da sbronza”, bensì come postumo “da vita di tutti i giorni” con la quale, appunto, di lunedì solitamente ci si scontra nuovamente. La prima traccia del disco, “The Hole”, dice sostanzialmente che vivere in una cittadina di provincia e ritrovarsi sistematicamente ai soliti aperitivi domenicali per sconfiggere la noia è un po' come vivere in un buco, appunto, al di fuori del mondo ... “Monday Hangover” è un po' come svegliarsi il lunedì con il mal di testa e rendersi conto di dover affrontare l'ennesima settimana uguale a tutte le altre, in attesa del weekend successivo (una sensazione che purtroppo conosco fin troppo bene, guys … n.d.r.). Ma ognuno ovviamente può interpretarlo a modo suo.
In sede di recensione ho definito la vostra proposta “rock a geometria variabile”, proprio per le numerose suggestioni ispirative e stilistiche che la caratterizzano, grazie, come afferma la vostra biografia, alla natura onnivora dell’approccio alla materia … raccontaci chi considerate i “buoni maestri” del gruppo e perché li ritenete tali ...
La lista dei buoni maestri potrebbe davvero andare avanti per ore, dato l'approccio onnivoro di cui parli. Senz'altro bands come Radiohead, Nine Inch Nails, Faith No More, Police, Steely Dan, Massive Attack, Tool, Depeche Mode, Pink Floyd, King Crimson, Meshuggah, Tv On The Radio hanno esercitato un notevole effetto sulle nostre composizioni. Siamo inoltre appassionati di musica elettronica e tra i nostri ascolti preferiti non mancano artisti come Burial, Boards Of Canada, Plaid, Trentemoller, fino ad arrivare a maestri dell'ambient music come Brian Eno o Steve Roach. Quello che potrebbe accomunare tutta questa bella gente forse è il fatto di avere un sound inconfondibile e personale, frutto a sua volta della fusione di più generi, ed avere quella comune capacità, seppur con tinte diverse, di creare architetture sonore in cui perdersi, un concetto molto esteso di psichedelia insomma.
Vista la sua indole mutevole e sorprendente, eppure straordinariamente carismatica, raffinata ed armonica, mi viene naturale presupporre che il processo compositivo di “Monday Hangover” sia stato abbastanza “impegnativo” … come nasce una canzone dei Tryptamin? Da intuizioni singole o da dissertazioni collettive? Quali sono gli obiettivi e le priorità e che vi prefiggete nella stesura di un pezzo che risulti poi soddisfacente?
Le canzoni sono nate da Pietro (voce e tastiere), che ha registrato gli abbozzi iniziali dei brani sul sequencer durante gli anni: da lì ci si lavora assieme e ognuno mette il suo stile e le sue idee per arrivare al pezzo definitivo. Negli EP precedenti i pezzi erano molto più lunghi e intricati; nel tempo abbiamo sviluppato una forma più essenziale e meno “prolissa”, tendente alla forma canzone, ma non nel senso canonico del termine. La lavorazione in studio è stata abbastanza lunga e certosina, per cercare di non lasciare nulla al caso: alla pignoleria di Pietro in fase di arrangiamento è andata a sommarsi quella di Cristiano Sanzeri, che ha registrato e mixato il disco e che riteniamo uno dei migliori fonici in circolazione. Nonostante sia stato molto impegnativo siamo estremamente contenti del risultato!
In questi tempi frenetici e superficiali, in cui quasi mai ci si prende il giusto tempo prima di formulare giudizi “definitivi”, c’è un brano (o al massimo un paio va …) del disco che pensi possa rappresentare efficacemente (e istantaneamente) la vostra vera “essenza”?
Effettivamente non è scelta facile. Potendone sceglierne due, mi verrebbe da dire “Water on the Sun” e “The Day We Met on the Staircase”, che rappresentano un po' le due facce della stessa medaglia: quella dei chitarroni e quella più “tranqui”, ma in realtà in ogni pezzo ci sono sempre un po' tutte e due.
Anche se oggi le cose sono un po’ cambiate e, almeno all’apparenza, la “globalizzazione” ha reso più “internazionale” anche la musica rock proveniente da paesi con scarsa “tradizione” di genere, sentite che essere “italiani” può in qualche modo essere un ostacolo per la vs. affermazione?
Questa domanda meriterebbe un libro intero come risposta ... Comunque, ti rispondiamo con un sintetico no. Non possiamo vedere l’essere italiani come un ostacolo per la nostra affermazione. Se sentissimo tale limite come determinante, probabilmente non faremmo questo genere, e probabilmente “Monday Hangover” non sarebbe mai venuto alla luce. Poi tutto dipende anche da cosa intendi con “affermazione”. Per noi, affermarci significa far girare la nostra musica, fare live, e condividere il palco con altre band valide (e in Italia ce ne sono parecchie per fortuna) e questo lo si può fare sia in Italia come altrove.
Questione live shows … aggiornaci sulle prospettive in questo senso e raccontaci come vi confrontate con questa particolare modalità espressiva …
Dal vivo stiamo attualmente proponendo l'intera scaletta di “Monday Hangover”: indispensabili sono le basi, lanciate con Logic, data la quantità di arrangiamenti elettronici presente sul disco. L'idea è comunque quella di dare un feeling diverso e particolare ad ogni pezzo, e non obbligatoriamente “suonare come il disco”. Pietro fa abbondante uso di effetti sulla voce e Michael (chitarra) è addetto ai cori, ove presenti.
Anche se il Cd non è uscito da molto tempo, avete già un’idea di come possa evolversi il in futuro il vs. suono?
Ci sono già in cantiere alcune bozze di canzoni che potrebbero diventare materiale per un nuovo disco, ed è probabile che si tratti di roba meno “pestata” e più elettronica o acustica, ma non è assolutamente detta l'ultima parola ... Ora siamo prevalentemente concentrati sulla presentazione dell'album, e abbiamo in progetto sia una versione unplugged del nostro live, vorremmo anche aggiungere alla scaletta un paio di cover, da reinterpretare e perché no, stravolgere un po’.
E’ opinione diffusa che l’industria musicale stia morendo, mentre molti sostengono che sia solo quella del disco ad essere in agonia, mentre la musica è sempre viva e vegeta … voi da che parte vi schierate? Come valutate l’impatto “devastante” della “rete” nell’ambito del mondo della cultura e dell’informazione?
L'industria musicale non morirà mai, e proprio grazie all'impatto della rete oggi si ascolta molta più roba rispetto a quindici anni fa, data l'immediata accessibilità ad intere discografie, sia con il download pirata sia con lo streaming più o meno legale. Proprio quest'ultima forma di fruizione, a nostro avviso, prenderà probabilmente il posto del disco o del file mp3, ma chi può dire come andrà a finire ... Di sicuro le vendite dei supporti fisici sono in picchiata e questo è un cambiamento epocale che non si può di certo contrastare né tantomeno ignorare ...
A proposito, avete ricevuto qualche offerta importante a livello di patrocinio discografico?
Abbiamo avuto qualche positivo riscontro, facendo girare un po’ “Monday Hangover”, ma per nessuna importante proposta. In questo periodo molti gruppi indipendenti di discreto successo sono autoprodotti. Purtroppo molte label oggi come oggi sono schiacciate dalla mancanza di risorse monetarie (e non solo le label, anche molte bands ...) e dallo strapotere delle medio-grandi. Siamo però fiduciosi, anche se non ci facciamo arrestare dalla mancanza di proposte discografiche, in questo momento molti gruppi indipendenti di discreto successo sono autoprodotti (ad esempio i nostri amici Kubark, uno su tutti...) e noi stessi abbiamo deciso di far uscire il nostro disco senza per forza avere alle spalle una proposta ... Se arriverà per i prossimi lavori, saremo ben lieti di accettarla, in caso contrario, continueremo a fare musica con le nostre forze.
Ci puoi descrivere la vs. idea di “disco perfetto”? Esiste già in “natura” un “archetipo” di questo tipo?
Beh senz'altro ci sono vari dischi che riteniamo davvero perfetti, ma qua chiaramente si entra nella soggettività più assoluta ... Un disco perfetto è un lavoro che non ti stanca mai, ben equilibrato e variegato, in cui ogni canzone è un capolavoro e nulla è lasciato al caso, neanche il noise di chitarra alla fine di un brano ... Nella categoria possiamo metterci tranquillamente dischi come “Mezzanine” dei Massive Attack, “Kid A” dei Radiohead, “Aenima” dei Tool, “The Fragile” dei NIN, e chiaramente un qualunque disco dei Pink Floyd periodo seventies.
Nel rinnovare i ringraziamenti e nell’augurarvi un caloroso “in bocca al lupo”, non ci rimane che terminare con il consueto messaggio conclusivo della band intervistata al “popolo” di Metal.it …
A tutti, metallari puri o contaminati che siate, supportate la scena, qualsiasi essa sia, e non smettete mai di scoprire nuova musica, perché ce n'è veramente a pacchi! Grazie mille, a presto!