In occasione dell'uscita del terzo disco dei Beholder “Lethal Injection” ho avuto l'opportunità di scambiare quattro chiacchiere col gentilissimo Patrick Wire, amico di vecchia data e leader della formazione italiana. Ecco cosa ci ha detto del nuovo disco!
Vuoi parlarmi un po' del nuovo disco? Dove è stato registrato, e quando?
Certo! Siamo tornati ai New Sin Studios perché ci siamo trovati benissimo per “Wish For Destruction”, anche perché siamo molto legati al metodo di lavoro di Luigi Stefanini: con lui ci troviamo davvero bene, è un ottimo fonico, è molto competente e lavora sempre con grande professionalità. Quindi abbiamo pensato che per un disco del genere andassero benissimo i New Sin, almeno qui in Italia. Quando avremo la possibilità di andare all'estero magari proveremo qualcosa di diverso, però credo che in Italia i New Sin siano il non plus ultra. Il disco è stato registrato nel mese di Ottobre 2003, quindi è passato molto tra le registrazioni e la sua uscita. Questo è dovuto ad alcuni slittamenti, abbiamo posticipato diverse cose come le photo session, il booklet, e quindi si sono dilungati un po' i tempi!
Quali sono, a tuo parere, i cambiamenti maggiori rispetto ai primi due album dei Beholder?
Ci sono diversi punti di vista sotto i quali è cambiato molto il prodotto Beholder. Uno è sicuramente quello grafico, perché tra “Wish For Destruction” e “Lethal Injection” ci sono alcune differenze, sia a livello di look, che a livello di stile: parlo della copertina e del booklet del disco. Noi volevamo staccarci, come facciamo da un po' di anni, il più possibile dal classico prodotto Metal italiano. Sia a livello di sound, sia a livello di immagine. Abbiamo fatto una photo session un po' diversa, anche per quel che riguarda gli sfondi, con colori più acidi, sull'azzurro chiaro. Per quel che riguarda la copertina abbiamo abbandonato l'idea del disegno, e abbiamo provato questa rischiosissima copertina, e anche a livello di sound credo che ci siano delle differenze con “Wish For Destruction”: il disco è un po' più eclettico e meno compatto, è un po' più vario. Questo è dovuto anche al fatto che non si tratta di un concept, e siamo stati un po' più liberi di variare un po' la nostra proposta musicale.
Quindi i testi del disco non fanno parte di un concept...
No, la maggior parte dei brani del disco sono legati ad un filo conduttore, che è quello della follia umana, delle paranoie, delle angosce, però non c'è un concept alle spalle – ogni testo si riferisce ad una storia diversa. Ce ne sono alcuni legati alla riproposizione cinematografica (come i primi due, che sono ispirati a “Shining” di Stephen King), e anche il testo di “Lethal Injection” è ispirato alla lettura di un libro di Andrew Klavan. Poi ci sono tutti gli altri pezzi che sono incentrati sulla follia umana, ma anche qualcuno che non si riferisce ad essa, come la ballad “Far Away”, che è un testo d'amore. “Daydream” dal canto suo è un inno alla libertà dell'individuo, di inseguire i propri sogni e le proprie aspirazioni. Quindi i testi sono un po' più differenziati e vari, e questo ci permette di essere tali anche dal punto di vista compositivo.
Mi ha colpito molto l'inizio ispirato a “Shining”. E' un omaggio ad uno dei tuoi autori preferiti?
Sicuramente! Ho sempre amato Stephen King come scrittore, gli sono molto legato, e ho sempre avuto questo sghiribizzo di dedicare un brano alla riproposizione di un suo testo. Poi ovviamente per la maggior parte della gente può essere più che altro un riferimento al film di Kubrick, perché l'ambientazione è più cinematografica. Non ero mai riuscito ad inserire una cosa del genere nei primi dischi, per una ragione di concept, questa volta mi è stato possibile e ne sono davvero contento. Ed essendo anche “Mr. Grady” il primo brano, si lega bene all'introduzione, con questo richiamo al bambino “Danny” - credo che crei un'atmosfera molto interessante.
Se il disco è incentrato sulla follia umana, credo che “Shining” sia un esempio di grande efficacia!
Si, si parte proprio con un esempio lampante. “Shining” è un romanzo che si basa sulla mente umana che devia verso lidi oscuri (ride)!
Torniamo alla copertina. Di sicuro è di grande impatto, se la vedi sullo scaffale di un negozio la noti di certo. Come mai avete fatto questa scelta?
Una delle ragioni è proprio quella che hai detto: l'idea era quella di colpire. Basta con il solito disegno, proviamo ad offrire qualcosa che, prima di tutto, sia molto significativo di quello che viene raccontato all'interno del disco. Noi abbiamo chiamato questo attore di nostra fiducia, Davide, che tra l'altro aveva fatto anche il “clone” nel nostro video di “Wish For Destruction”. Abbiamo chiesto a lui, che ha una grande mimica facciale, di realizzare qualche posa che potesse in qualche modo rappresentare quello che si respira all'interno del disco. A molti ascoltatori medi potrebbe non piacere la copertina, perché è molto distante dai canoni del genere. Però credo che quando si è molto immersi nell'ascolto del disco e nella lettura dei testi, questa copertina può essere molto significativa perché rappresenta in pieno quello che si narra. E se vai in un negozio e guardi tra le varie copertine, questa salta di certo all'occhio!
Nel corso della giovane storia dei Beholder, la vostra line-up ha subito numerosi cambiamenti. Se non mi sbaglio, ora avete con voi due nuovi ragazzi. Ce li vuoi presentare?
In realtà ne abbiamo uno che entrato proprio come membro fisso, è il bassista Raven. Mentre Mario Giannini (drums) è solo un session-man fisso. In realtà compare anche nella line-up del disco e nelle foto del booklet, ma è un turnista, ha registrato il disco e ci ha seguito in tour. Raven ci è stato proposto dal nostro tastierista, perché avevano suonato insieme in un progetto rock italiano, in cui avevano dato una mano ad una loro amica. Gli abbiamo fatto fare un provino in tempi tra l'altro ristrettissimi, perché erano tre settimane prima dell'entrata in studio. Abbiamo operato questo cambiamento per ragioni tecniche, abbiamo preso lui e si è rivelato una persona che, dal punto di vista umano, si è integrata facilmente nel gruppo, ed è un nostro amico.
Per “Wish For Destruction” avete girato un videoclip. Avete intenzione di farlo anche per il nuovo disco?
L'intenzione ci sarebbe anche. Non siamo riusciti a farlo prima dell'uscita dell'album, come avevamo fatto per “Wish For Destruction”, per mettere il video in formato multimediale sul cd stesso. Però se in futuro ne avremo l'opportunità lo faremo molto volentieri, anche se un video in ambito metal non ha moltissimo mercato. E' anche un modo diverso per offrire la propria musica, per chi riesce a scaricarlo. Tra l'altro avevo anche selezionato un'attrice (ride), una ragazza che avevo convinto ad essere protagonista di questo video, e poteva essere una buona idea: quindi penso che se riusciremo a farlo, ci sarà un'attrice femminile.
Hai già in mente quale canzone sarà?
L'idea era “Mr. Grady”, ma non è detto. Potremmo scegliere anche “Daydream”, dipende da molte cose, soprattutto dal periodo in cui verrà realizzato.
Sul disco canta anche Roberto Tiranti, nella canzone “Far Away”. Com'è nata questa collaborazione?
E' nata proprio a livello artistico e di amicizia. Nessuno di noi ha pensato ad una mossa commerciale o chissà che cosa, infatti non vedrai da nessuna parte dei banner che pubblicizzano questa cosa. Se ne accorgerà solo chi compra il disco, e spero che abbia il piacere di trovare una traccia con un cantante bravissimo della scena italiana! E' nata come idea artistica, a me avrebbe sempre fatto piacere avere un duetto di questo genere, e con questo disco siamo riusciti a coinvolgere Roberto. E' una ballad di amore, quindi rivolta ad una donna, e sarebbe stata poco adatta una voce femminile. L'ho proposto a Roberto, che è un amico da diversi anni, e lui è stato molto gentile perché si è offerto di farlo in maniera del tutto “free”. E' venuto ai New Sin, ha registrato benissimo la sua parte, ha anche apportato delle modifiche, delle variazioni, e ha fatto davvero un ottimo lavoro. Per me è stata davvero una grande soddisfazione.
Quando hai scritto la canzone, sapevi già che avresti avuto un ospite così illustre?
In realtà no, anche se è l'unica canzone del disco che è stata scritta in collaborazione con il tastierista Mark. L'idea è nata mentre lavoravo al brano con lui, in quei giorni ho contattato Roberto che mi ha dato subito l'ok. E quando ho detto agli altri che Roberto aveva accettato, sono stati tutti molto contenti, soprattutto Mark che aveva partecipato alla stesura del brano.
Rimanendo in tema Labyrinth, con l'ultimo disco la band ha deciso di usare i nomi italiani. Credi che un giorno anche tu userai il tuo vero nome? Qual è il motivo che ti ha spinto, a inizio carriera, a usare un nome straniero?
In ambito Metal penso di no, perché sono partito con un'idea simpatica, scelta per gioco, e quindi penso che continuerò in maniera coerente con questa idea. E' nato tutto per gioco, tra l'altro siamo così affezionati a questi nomi che ci chiamiamo così anche tra di noi. Come quando dai un soprannome a qualcuno, e poi continui a chiamarlo in quel modo. Uso il mio nome vero per altre cose, ma non per il Metal. Ormai sono Patrick Wire, e tale resterò! (ride)
A mio parere, la tua tecnica vocale è migliorata notevolmente nel corso di questi anni. A che tipo di studi ti sei sottoposto?
Più che altro ho cercato man mano una via personale di interpretare i pezzi, non ho studiato granché dal punto di vista tecnico, perché oltre ad avere fatto diverse lezioni di canto (alcune con Roberto stesso) che mi hanno dato una ottima impostazione, penso di aver affinato disco dopo disco una maniera personale di affrontare i pezzi, che ne ha migliorato anche la resa. Chiaramente il primo disco è molto acerbo da questo punto di vista, ma ora sono passati quattro anni e con “Wish For Destruction” ho aggiunto una componente più aggressiva all'interpretazione. Con “Lethal Injection” sono tornato un po' più sul melodico, facendo le cose in maniera diversa, in alcuni punti - volendo esagerare, anche un po' “pop”. Non vorrei fare accostamenti, ma ci sono dei falsettoni alla “Vibrazioni” ogni tanto (ride).
Di recente hai collaborato al disco degli Iridio. La loro proposta prende un po' le distanze da quanto fatto coi Beholder. Credi che, in futuro, parteciperai o addirittura inciderai qualcosa musicalmente distante dal metal?
Con gli Iridio mi è stato chiesto di registrare alcune parti di chitarra acustica, anche perché ne possiedo una che rende molto bene in studio, soprattutto in quello di Franz, che è occasionalmente anche il nostro fonico ed è l'autore al 100% di Iridio. Lui e Valentina mi hanno proposto questa collaborazione, ed io sono felice di poter suonare la chitarra ogni tanto, e quindi ho accettato di buon grado. Per quanto riguarda gli altri generi, preferisco essere solo autore. E' una cosa di cui parlo con cautela, perché è ancora tutta da definire, ma sto intraprendendo la strada di autore musicale anche in altri generi. Sarebbe molto interessante poterlo fare anche in campo Metal, ma una delle cose più belle di questo genere è ovviamente che i gruppi suonano pezzi scritti da loro. Invece nella musica leggera capita spesso il contrario.
Non solo cantante, ma anche scrittore. Come sono andate le vendite di “Labirinto”, il thriller che hai scritto nel 2000? Hai intenzione di scrivere ancora?
Bene, soprattutto se si considera che l'ho venduto solo io! Nel senso che questa casa editrice di Torino è molto piccola, e quindi ha una distribuzione limitata solo al torinese. Però personalmente ne ho venduti parecchi, e ne sono abbastanza contento. “Labirinto” è un primo passo per entrare in un mondo piuttosto difficile, quello dell'editoria...
Più difficile del mondo Metal, qui in Italia?
Beh sì, a grossi livelli di distribuzione! Farsi pubblicare e distribuire da un editore grosso è comunque molto complicato. A livello di etichette indipendenti (come nel Metal) non è poi così difficile, però chiaramente ti trovi di fronte ad una distribuzione molto limitata.
Hai intenzione di scrivere altri lavori?
Proprio in questi giorni sono al lavoro sul secondo romanzo! Vado sempre a tappe, nel senso che mi fermo, poi riprendo, poi mi fermo di nuovo, e così via. Però ci sto lavorando!
Quali sono i tuoi interessi, a parte la musica e la letteratura?
La musica è talmente preponderante nei miei interessi che lascia spazio a poco altro, però parlando di cose un po' più frivole sono un grande amante di Internet. Mi piace moltissimo il cinema, specialmente i thriller americani, è proprio il mio mondo. Sono molto interessato a questo genere cinematografico, e di conseguenza anche alla controparte letteraria.
Ci vuoi consigliare qualche film recente?
Consiglio a tutti “The Unsaid” con Andy Garcia, che recita in maniera favolosa. Tratta di uno psichiatra che cura un ragazzo – la classica trama “Wire”, come piace a me! (ride) Poi ci sono moltissimi film che adoro, come “Don't Say a Word” con Michael Douglas, che tra l'altro è tratto da un romanzo di Klavan, lo stesso autore che mi ha ispirato per “Lethal Injection”. Poi ci sono i grandi classici come “Shining” o “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, che non sta certamente a me consigliare. Poi c'è “Confessione di una mente pericolosa”, un film che centra in pieno i miei interessi e se non ricordo male George Clooney ne è regista, che narra la storia vera di un autore di programmi televisivi americani (ha creato format importanti come quello del “Gioco delle Coppie”) che parallelamente lavora come killer della CIA. Il film è bellissimo, e ne è protagonista Sam Rockwell, già presente ne “Il Miglio Verde”, un grandissimo attore.
Nelle scorse settimane i Beholder sono stati in tour coi Vision Divine. Ci vuoi parlare di questa esperienza?
Non possono che uscire delle parole di grandissima soddisfazione dalla mia bocca, perché il tour è stato davvero spettacolare, specialmente nell'ultima data di Roma. Anche a livello umano, perché si sono dimostrati un gruppo di persone eccezionali. Tra l'altro in quell'occasione abbiamo collaborato col loro fonico, che poi abbiamo richiamato per la presentazione del nostro disco al Transilvania di Milano. E' stata un'ottima collaborazione, sotto tutti i punti di vista, le date sono andate benissimo, soprattutto a Reggio Emilia! Il pubblico è stato molto caldo, abbiamo incontrato dei fan a Firenze alla prima data che poi ci hanno addirittura seguito ad Arezzo per la quinta data, e che ora popolano il nostro Forum – ne approfitto per salutarli!
A te il microfono Patrick, scegli come chiudere questa intervista!
Ci vediamo sul nostro sito, che tra l'altro è stato completamente rinnovato dal nostro webmaster Dario. Chi volesse contattarci è liberissimo di farlo, visto che rispondiamo sempre! Speriamo di vederci dal vivo ad Ottobre, quando riprenderemo con i concerti!