Sonic Syndicate: ripartire da zero

Un vecchio detto diceva saggiamente che dopo una brutta caduta ci si rialza sempre. E' quello che, in parte, hanno dovuto affrontare sulla propria pelle gli svedesi Sonic Syndicate, cacciati inconsapevolmente dall'etichetta che avrebbe dovuto sempre sostenerli sin dall'inizio. Tagliati fuori senza un reale motivo, il combo di Stoccolma si è fatto forza e ha perseguito la propria strada, apportando grosse e significative svolte, come un cambio radicale di sound che potrebbe far la felicità (o l'infelicità) dei propri fan. Tutto questo ci viene raccontato nel nuovo album del trio svedese, "Confessions", che ci viene presentato da chi ha vissuto in prima persona tutta questa sequela di importanti cambiamenti, Nathan James Biggs.

Ciao e benvenuto su Metal.it. è un piacere ritrovarvi in nostra compagnia. Come stai? Spero che vada tutto bene, nonostante siate in piena attività di promozione del vostro nuovo disco, di cui parleremo giusto appunto ora!
È tutto ok, ho concesso un sacco di interviste oggi e sono piuttosto stanco, ma è sempre un piacere parlare con nuove persone. Mi piace molto rilasciare interviste, parlare con la gente in video o in radio… alla fine della giornata parlo di me stesso, ehehe, per cui va tutto bene!
“Confessions”. Un titolo che sembra voler quasi denunciare o rivelare cose che non sono state raccontate prima d’ora, una sorta di diario segreto sul quale scrivere i propri pensieri più intimi, ma forse mi sbaglio io. È effettivamente un titolo diretto, interessante. Cosa mi puoi dire a riguardo?
Volevamo essere molto onesti, piuttosto trasparenti, essere veri in questo nuovo album. Voglio dire, non è che ci siamo distaccati dai nostri fan in passato, ci sono ancora un sacco di cose che stanno accadendo all’interno della band. Volevamo essere certi di essere ancora più connessi, legati ai nostri fan con questo nuovo lavoro. Credo che così facendo siamo risultati genuini al 100% anziché essere le star del rock n roll e cose simili… Siamo stati onesti e abbiamo mostrato ciò che questo disco contiene, ciò di cui parla. Senza mezzi termini, l’album racconta di quanto la vita sia breve, per cui bisogna trarne il meglio e godersela, divertirsi e far sapere alle persone dalle quali sei circondato il motivo per cui sei lì, per cui sei felice.
Questo è il primo disco con la vostra nuova etichetta, la Despotz Records, ed è il primo a segnare un’altra importante svolta per la band: all'improvviso siete stati scaricati dalla vostra etichetta senza un reale motivo. Ti andrebbe di dirci cosa è successo? Immagino non sia stata una situazione piacevole.
Sì, è stato difficile ma penso che ci sia stata una crescita per la band, ci siamo evoluti, c’è stato un cambiamento lento ma c’è anche da dire che non eravamo più la band che inizialmente era stata chiamata a firmare un contratto. Quando abbiamo firmato con la Nuclear Blast eravamo una band completamente diversa da ora, c’erano componenti diversi e siamo cresciuti cambiando forma, una forma totalmente differente. Voglio dire, la Nuclear Blast è un’etichetta grandiosa, vi lavorano persone fantastiche, è una compagnia discografica metal e ci sono state delle persone che ci hanno tradito perché non eravamo più una “band melodic death metal”. Indubbiamente abbiamo ricevuto altre offerte, è stata una vera benedizione. È stato terribile agli inizi. Sai, quando si decide di abbandonare un progetto è sempre qualcosa di terribile, ma ti permette anche di capire cosa è importante e cosa no a livello umano. Siamo stati una band troppo lungo e questo ci ha fatto capire cosa potessimo fare senza una etichetta alle spalle. La risposta che ci siamo dati è che volevamo ancora fare musica, perché volevamo lasciare un segno nell’industria musicale, volevamo proporre qualcosa di diverso. È stata una vera benedizione, davvero. Volevamo veramente spiccare e farci notare come band e non avremmo potuto farlo per molto con Nuclear Blast. Con Despotz, invece, c’è stata una bella offerta e una maggior possibilità di fare musica. Avevamo già la musica scritta da molto tempo prima, mentre quando eravamo sotto l’egida di Nuclear Blast, avevamo pensato a quando poter pubblicare il materiale e si era valutato di riscrivere da capo l’intero disco. Avevamo qualcosa come 15 canzoni ma abbiamo riscritto tutto senza porci alcun limite, ecco come è nato “Confessions”.

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Essere mollati dalla propria etichetta deve essere qualcosa che ti devasta, non solo a livello musicale ma a livello personale, umano. Quanto è importante nella situazione attuale l'appoggio di un'etichetta? Ti chiedo questo perchè oggi giorno a troppe band viene promesso il mondo e le etichette stesse, alla fine, abbandonano e non forniscono più il supporto necessario, portando così i gruppi a valutare le classiche raccolte fondi ecc. Quale è il tuo punto di vista?
Siamo stati sollevati di poter essere ora ciò che siamo, di avere il supporto di un’etichetta che non ci impone come dovremmo suonare o chi dovremmo essere. Questo ci ha spinto a tenere duro e a riscrivere un intero disco e ripartire da capo. Essere una nuova band ha richiesto molto impegno, ma è stata la miglior cosa che potesse capitarci! Per quel che riguarda la questione “band e relativo supporto delle etichette”: secondo me le band dovrebbero stare attente, soprattutto alle compagnie molto grosse, alle major, poiché ti promettono tutto e sarebbero capaci di lasciarti lì a marcire. Noi siamo all’inizio del nostro percorso con la Despotz e la casa discografica ci sta aiutando tantissimo e di questo ne siamo molto contenti.
Sai, si dice spesso che dopo una brutta caduta, ci si rialzi più forti di prima e credo che con questo nuovo disco voi abbiate avuto modo di dimostrare alla vostra ex etichetta di riuscire a camminare sulle vostre gambe senza il loro ausilio.
Quando alcune band pubblicano i propri dischi tramite una compagnia e queste band non hanno realmente una vera etichetta alle spalle, la situazione diventa una vera impresa e molte decidono di mollare o, ancora, decidono di ammettere di avere qualche punto debole, lasciandoli senza una etichetta. Tutto questo ci ha portati a chiederci come poter essere una band migliore e, proprio come dicevo, ci ha ispirati a scrivere l’album più diverso della nostra carriera. Non dovevamo preoccuparci di fare le cose in un determinato modo, ci ha permesso di avere più libertà e fare ciò che volevamo.
Per dare un assaggio di questo nuovo ciclo della band, avete pubblicato il singolo “Start A War”. Devo ammettere di essere stata un filo spiazzata, perché inconsciamente mi aspettavo qualcosa alla “Before You Finally Break”. È un disco molto diverso rispetto a quelli proposti in passato. Potremmo dire che c’è stata anche una sorta di svolta stilistica dovuta a questo nuovo capitolo per la band?
Ovviamente. Questo è un nuovo inizio, un reinventarsi, un modo di dare nuova vita alla band. Mi piace il disco, così come mi piacciono ancora i vecchi lavori, lo stile dei nuovi brani si rifà alla musica che ascoltiamo. Se continuassimo a scrivere musica che abbiamo ascoltato per una vita intera, non risulterebbe così genuino e vero. Ascoltiamo davvero troppi generi musicali e credo che si riesca veramente a percepirlo in questo nuovo album.

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C’è da dire che, effettivamente, è un disco coraggioso e vulnerabile, se così possiamo dire. Pensi che i fan storici possano storcere un po’ il naso a causa di questo cambiamento?
Una cosa che ho scoperto sui Sonic Syndicate è che c’è una sorta di percorso mainstream di fondo e un carattere, un’attitudine molto rock n roll e lo stesso vale per le vecchie influenze che abbiamo avuto. Con questo nuovo album ci siamo indirizzati verso una fanbase più moderna, abbiamo ampliato gli orizzonti e “Confessions” rappresenta un passo verso quelle sonorità moderne. La questione è questa: la musica oggi giorno permette a tantissimi fan di ascoltare più generi musicali, molto diversi fra loro; ad esempio: un fan che ascolta l’heavy metal potrebbe benissimo ascoltare il nu metal o addirittura la musica punk, è come stare all’interno di una gang, se infrangi le regole gli altri membri potrebbero deriderti. C’è da dire che la gente apprezza maggiormente la musica ora, fregandosene dei vari sottogeneri. Chi ascolta il black metal potrebbe ascoltare anche la musica pop e via discorrendo. Noi siamo cosi, ascoltiamo davvero tantissimi sottogeneri e generi musicali svariati, così come la musica moderna. I fan sono così, ascoltano di tutto e condividono qualsiasi cosa. Credo che come band siamo stati bullati abbastanza e a dire il vero, questo disco dimostra di quale pasta siamo fatti, il tipo di proposta musicale che vogliamo offrire ora.
Un brano che mi è piaciuto particolarmente è “Still Believe”. Un messaggio che, a modo suo, sembra voler infondere speranza. Mi è piaciuto molto anche il coinvolgimento delle female vocals. Cosa puoi dirmi di questo brano?
Parla di un argomento molto delicato, tratta sì della speranza ma anche di ricordare una persona che mi è stata vicina, una persona cara che ha sofferto di una brutta malattia e che ha tanto sofferto. Parla di quel momento in cui questa persona ti è stata strappata via e del modo in cui la ricorderai una volta che sarà passata oltre, di come cercherai di mantenere vivi quei bei ricordi. È un momento molto importante, ma altrettanto triste. Cerco sempre di essere positivo nei miei testi, cerco di mantenere vivi quei ricordi in modo tale che nessuno possa mai portarmeli via. Per quel che riguarda la female vocals, si tratta di una ragazza greca, ho voluto provare a scrivere una specie di ballad o qualcosa di simile, una canzone che potesse adattarsi bene con l’ausilio di una voce femminile e che potesse creare un bel contrasto con le mie linee vocali. Mi piace molto mettermi alla prova, sperimentare, testare nuovi stili vocali e scrivere nuove parti vocali. Volevo scrivere qualcosa che potesse calzare a pennello ad una cantante femminile ed è così che è nato questo pezzo. La nostra etichetta ha iniziato a ricercare ragazze, cantanti femminili e ci ha messi in contatto con il manager di questa ragazza greca, Madyx. Viene da Los Angeles, California ed è la cantante di una band chiamata Life Down Here. Questa band ha avuto modo di supportare i Paramore e prendere parte al Vans Warped Tour e la vocalist ha intrapreso questo suo progetto solista… Abbiamo avuto modo di ascoltare un paio di suoi brani e abbiamo pensato che fosse un gran bell’abbinamento. L’abbiamo chiamata per venire in studio e ci ha raggiunti a Stoccolma direttamente da Los Angeles, ha adorato quel brano e abbiamo visto che le nostre voci funzionavano molto bene insieme! Mi ha dato l’impressione che si sentisse molto legata a questa canzone, sotto un punto di vista strettamente personale, poiché ha perso il papà dopo una lunga battaglia contro il cancro.
Il disco sarà supportato da un tour europeo a Novembre. Avrete modo di condividere il palcoscenico con altre due band svedesi, gli Smash Into Pieces e gli Amaranthe. Tre validi act tutti “made in Sweden”. Quali sono le vostre aspettative in merito a questo nuovo tour?
Credo che sarà fantastico! Proveniamo tutte dallo stesso paese, la Svezia, e molte persone ci ascoltano. I nostri pezzi vengono spesso passati in radio e questo permette alla gente di conoscerci ulteriormente e di raggiungere coloro che non ci avevano sentiti prima d’ora; oltretutto, sono tutti quanti bravi ragazzi, in particolar modo gli Amaranthe. So che hanno questo rapporto molto forte con i propri fan e sembrano essere la band più affine a noi. Voglio dire, a loro piace incontrare i loro fan, uscirci insieme, fare questi meet and greet, bere un drink, chiacchierare a lungo anche al termine dei loro concerti… È esattamente quello che facciamo noi dopo aver concluso uno show! Entrambe le band avranno modo di legarsi ancora di più e sarà un’esperienza fantastica per tutti coloro che presenzieranno all’evento!

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Cosa vi aspettate dal pubblico italiano, visto che è da molti anni che non suonate qui da noi? Mi pare dal We Rule The World Tour del 2010, all’epoca suonaste per due live… poi siete spariti e non siete più tornati.
Credo che i fan siano gli stessi ovunque. Voglio dire, alla fine della giornata, tutti quanti loro si ritrovano là perché condividono qualcosa con te, si sentono connessi, legati alla tua musica e credo che questo avvenga per i fan in Italia, in Regno Unito, in Svezia e così via. Abbiamo già intrapreso alcune date in Giappone qualche settimana fa e l’ultima volta in cui abbiamo fatto capolino là è stata circa sei anni fa e abbiamo visto le stesse persone tornare al primo show che abbiamo tenuto. Sappiamo che sarà circa la stessa cosa anche in Italia, ci siamo sempre divertiti, siamo molto legati ai nostri fan, nella speranza di poter portare a casa altri nuovi fan e di ricontrare quelli “vecchi”.
Credo che questo sia proprio un bel pacchetto e mi piacerebbe davvero potervi vedere dal vivo. In attesa di vedervi a breve, ti ringrazio per averci concesso questo spazio e per essere stato così disponibile. Come sempre, all’intervistato le parole finali! Grazie di tutto, Nathan!
Grazie mille. Spero di vederti presto là! Gli Italiani, così come la cultura, sono sempre stati gentili e generosi con noi, sono tutti molto appassionati e prestano particolare attenzione a tutto ciò che riguarda la loro vita, dalla famiglia, dai propri genitori al cibo, alla musica. Mi piace molto la vostra cultura e ogni volta che vengo nel vostro paese, mi diverto e sto bene. Non vedo l’ora di condividere di nuovo questa esperienza e calcare il palco lì in Italia. Sarà strabiliante! Non vedo davvero l’ora di suonare per voi!
Intervista a cura di Arianna G.

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