Pain: rotta verso casa (Peter Tägtgren)

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Eccentrico, diretto, brutalmente schietto e con uno strano senso dello humor. Tutto questo si può racchiudere in due sole parole: Peter Tägtgren. A distanza di ben cinque anni dalla precedente release, il noto produttore svedese torna in pompa magna con un nuovo prodotto e ci presenta la nuova creatura dei Pain, “Coming Home” (9 settembre, Nuclear Blast, ndr). Un disco, questo, che arriva in un anno abbastanza proficuo per quel che riguarda il mercato musicale e che non sembra aver deluso le aspettative dei fan, le cui attese sono state ampiamente ripagate. In una piacevole soleggiata mattina che ha riservato alcune belle sorprese (tra cui un simpatico meet and greet esclusivo), Metalit ha incontrato il mastermind scandinavo per parlare di questo nuovo disco e dei progetti del musicista, di cui potrete leggerne il resoconto sia nella nostra videointervista, che nell'articolo scritto qui sotto.

Intervista a cura di Arianna G.
Foto backstage a cura di Alessandra Dalmari
Ciao Peter e benvenuto su Metal.it, come stai?
Bene, sono stanco ma vivo!
L’ultima volta che ci siamo visti è stato a Bologna in occasione dell’Into Darkness Fest, festival che vantava la partecipazione di Swallow The Sun e Moonspell. Tante cose sono cambiate da allora… Hai prodotto altri dischi, tra cui gli ultimi due album dei Sabaton, che io adoro, hai rilasciato un nuovo disco con gli Hypocrisy. Addirittura ti sei cimentato in un nuovo progetto con Till Lindemann. Insomma, non ti troviamo mai con le mani in mano!
Non sto mai fermo, lo faccio quando dormo! Mi piace essere creativo, sai, perché per me è molto importante tirare fuori tutte le idee che ho in testa, per cui ogni volta che ho un’idea in mente devo fare qualcosa.

Oggi siamo qui però a parlare del nuovo disco dei Pain, “Coming Home”. Cosa puoi dirmi del titolo?
Cosa vuoi che ti dica? Mi è sembrato buono intitolarlo così, sostanzialmente è come se fossi tornato a essere me stesso dopo aver realizzato due album con Hypocrisy e Lindemann, dopo aver prodotto quei dischi sentivo il bisogno di tornare al mio ego.

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E della copertina, invece? Cosa puoi dirci? Notavo giusto alcune foto promozionali scattate dal grande Stefan Heilemann. Sembra che in ogni foto tu stia rappresentando un personaggio. Abbiamo l’astronauta, il marinaio, l’incantatore di serpenti? Forse mi sbaglio io…
Sono sempre io! Eheeh. La questione è molto semplice, mi piace sempre avere delle foto promozionali interessanti e non le solite immagini sottosopra piuttosto regolari, classiche. Mi piace avere qualcosa di speciale che non si basi solo sulla musica e sulle visuals. È divertente vedere cosa si crea e il risultato differente che ne consegue dall’idea iniziale. Tutti noi abbiamo bisogno dell’immaginazione e cercare di preservarla nelle immagini per creare qualcosa di unico. Come dicevi, Stefan è veramente talentuoso, sì!
Dando un ascolto al disco, devo ammettere di essere rimasta sorpresa dalle parti orchestrali. C’è da dire che, effettivamente, ogni album targato Pain è sempre qualcosa di imprevedibile, se mi concedi il termine. La dinamica dei brani è diversa, più “nuova”. Cosa puoi dirci a riguardo?
La cosa è che quando lavoro da solo, per me stesso e scrivo musica, la maggior parte delle idee mi si crea in testa e cerco di trascrivere queste idee sul computer, dopodiché cerco di costruire la struttura delle tracce. Possono essere cose piccole, come spezzoni della durata di 15 secondi, delle parti di chitarra, di archi e qualsiasi altra cosa si necessiti per completare quei 15 secondi di musica. Successivamente prosegui e ti sposti l’attenzione su un’altra cosa e fai nuovamente la stessa cosa. Si tratta di un grande puzzle, comporre un brano richiede un sacco di tempo. In passato solitamente quando avevo in mente qualcosa, una parte di un pezzo sapevo già come sarebbe finita la canzone, questa volta, invece, ho dovuto fermare la prima parte cercando di rinnovarmi optando per la soluzione più facile, ho davvero lavorato sodo per cercare di tirar fuori qualcosa di diverso, ho cercato di dare una nuova svolta, una nuova piega in tutto.
Sarebbe errato dire che il nuovo disco ha subito, in qualche modo, le influenze dei tuoi ultimi progetti, in particolare quello creatosi con Till per il progetto Lindemann?
Non lo so, voglio dire, sono molto fiero di quel disco, per me è stato un passo in avanti per la composizione di nuova musica. Io e Till ci siamo parlati, abbiamo entrambi un’esperienza di circa 25 anni e quel che abbiamo fatto per questo progetto è stato mettere insieme quest’esperienza. È così che è nato il disco. Ho imparato molto da questa nuova creatura musicale, da questo progetto e ora sento di essere sul sentiero giusto. È un nuovo percorso della mia vita. Credo che in termini di musica questo possa essere diverso d’ora in avanti poiché sono uscito fuori dalla mia zona di confort, volevo veramente fare qualcosa di diverso che non suonasse mio. Voglio dire, sì suona mio ma ho cercato di non tornare sui miei vecchi passi.

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Per presentare l’album hai rilasciato due singoli: “Call Me”, che vanta la partecipazione di Joakim Brodén dei Sabaton e “Black Knight Satellite”. Proprio quest’ultimo sembra rappresentare molto bene il disco e la storia dei Pain, se possiamo dire. Sei d’accordo con questa affermazione?
Credo che… Uhm, beh abbiamo scelto questi brani perché hanno un sound comune in stile Pain e credo che il resto dell’album abbia un approccio più diverso. Non ho voluto sorprendere i fan come ho fatto ai tempi con “Dirty Woman”, dato che la gente sbroccò e diede in escandescenza affermando: “Oh mio dio, sembrano gli AC/DC”, ma era un’altra cosa. Volevamo dare ai fan esattamente quello che si aspettavano, ecco perché abbiamo optato per presentare prima queste due tracce. Non volevamo terrorizzarli!
Volendo, potrei anche menzionare “Starseed”. Non so ma quel brano mi piace molto! Ha un certo appeal!
Grazie! Credo che sia colpa di questo tizio, David Bowie (Peter mostra la maglietta indossata in sede di intervista, ndr). Per quattro anni mi sono fatto il lavaggio del cervello grazie all’album “Ziggy Stardust” e… Non so! È stato un brano molto difficile da realizzare, è molto malinconico, è molto cupo e ha tante parti carine orchestrali. Presenta delle chitarre acustiche, cosa che non ho mai fatto prima d’ora… È come viversi un viaggio, nel brano canto ed esprimo quello che penso accada – o forse non accada – alla tua anima quando muori. È un pezzo positivo che si sviluppa in melodie molto cupe, il testo è molto positivo. Ho cercato di fare lo stesso anche con altri brani, canzoni che suonano molto heavy, pesanti che presentano, però, dei testi molto divertenti, quasi comici, ho cercato di smuovere un po’ le cose giusto per vedere che cosa sarebbe potuto succedere.
Cosa puoi dirmi, invece, di “Absinthe-Phoenix Rising”? sappiamo che fa riferimento ad un certo episodio successo durante il tour che hai condiviso con i Nightwish qualche anno fa…
Sì, abbiamo avuto un giorno di riposo, un day off a Lipsia (Leipzig), eravamo in un bar che offriva assenzio, eravamo lì a bere e abbiamo bevuto assenzio per tutto il tempo e sai quel che accade… tutto va a finire in merda! Ahahah. Credo che tutti noi fossimo stati picchiati o cose del genere, sono finito in ospedale dove mi hanno dato dieci punti di sutura sotto l’occhio. Un mio caro amico, non molto tempo fa, mi ha chiesto il perché non provassi a scrivere qualcosa su questo argomento, sull’assenzio, e gli dissi di no, poiché con l’assenzio si va sempre a finire male. Diciamo che questo è stato il mio contributo alla causa.

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Ovviamente l’album sarà supportato da un tour europeo che, però, non toccherà l’Italia! Un vero peccato, visto che condividerai il palco con i Vision Bleak! Non male. Stai già lavorando a qualche cosa? Qualche data in via di conferma?
Sì. Il fatto è che ci sono state date cinque settimane per ingaggiare un po’ di show e credo che l’Italia ci sia stata proposta tardi, quando le settimane erano state già programmate. Avremo una seconda parte del tour in Europa, dato che ci sono altri paesi che vorremmo includere. Non abbiate timore, penso che a marzo possa accadere qualcosa!
I Vision Bleak saranno nuovamente confermati anche per la seconda tranche del tour o…?
Non lo so. Non ho alcun indizio a riguardo! Vedremo se la band avrà tempo, vedremo come andrà. L’unica cosa che so per certo è che i ragazzi stanno prenotando ora gli ingaggi relativi a quel tour, lo sapremo più avanti.
Qual è il ricordo più bello legato all’Italia o ai fan italiani?
Gli italiani sono persone molto devote, da quello che abbiamo potuto vedere anche durante il meet and greet (un nostro partecipante, Luca, è un devotissimo fan dei Pain, tanto che durante la sessione ha sfoggiato alcuni tatuaggi correlati alle copertine di alcuni album della band, ndr)! Si, è impressionante! Beh, cosa posso dire? L’Italia è pur sempre l’Italia! È un paese caldo, molto carino, ci sono belle persone, ottimo vino, ottimo cibo, hai praticamente tutto!

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Dato che abbiamo menzionato Lindemann poco fa, ci sarà una seconda parte di questo progetto?
Forse! Non lo sappiamo! Ci piacerebbe, ci sono voluti quasi 30 anni per incontrarci e per realizzare questa cosa. Spero non ne servano altrettanti per fare qualcos’altro! È più una questione del mio programma e dei suoi impegni, abbiamo un sacco di idee che ci frullano in testa, staremo a vedere che cosa succederà con i Rammstein e cosa, invece, accadrà con i Pain e gli Hypocrisy.
In attesa di vederti a marzo come da te specificato poco fa, ti auguro tutto il meglio o come dite voi svedesi: “Lycka till”.
Grazie mille!
Come la tradizione richiede, ti offro la possibilità di concludere questa chiacchierata condividendo le parole finali con i tuoi fan e i nostri lettori di Metal.it!
Italia, non essere delusa dato che non verremo nel vostro paese adesso! Come dicevo, verremo a marzo. Spero che possiate apprezzare l’album, penso che usciranno altri video. Potrete dare un’occhiata al nostro materiale, anche live, su Youtube e se tutto andrà per il meglio, riusciremo a portare sul palco dei gran begli effetti visivi (visuals) durante gli show. Rimanete sintonizzati!

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Intervista a cura di Arianna G.

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