L’avvento di nuove tecnologie e funzionalità social ci permettono ogni giorno di sperimentare e utilizzare nei modi più creativi e personali queste opzioni. Grazie a queste dirette Instagram, che conduciamo ogni settimana sul profilo Instagram di metal_it, siamo riusciti ad intervistare faccia a faccia gli Enemynside, storico gruppo Thrash capitolino. Grazie alla funzionalità “Domande” nelle storie di Instagram non sono stato solo io a porre le domande al gruppo, bensì siete stati voi che avete seguito ed interagito durante tutto il corso di questa prima diretta-intervista di questo 2020.
Abbiamo deciso di trascrivere quelle più interessanti, prima solo con il chitarrista fondatore Matteo Bellezza, poi lo ha raggiunto il batterista Fabio Migliore.
Buonasera, benvenuti nelle dirette di metal.it, come è andata l’altra sera al Traffic?
Bene, con il fatto che c’erano anche altri concerti a Roma in parallelo, le aspettative non erano delle migliori, ma devo dire che l’affluenza di pubblico è stata buona. C’era gente partecipe, che si è vista tutti i gruppi, dagli Asfaltator che aprivano, fino ai National Suicide, un pubblico coinvolto ecco.
Che cosa rappresenta la copertina di Chaos Machine?
Beh la copertina di Chaos Machine, si riallaccia a livello tematico ad alcuni testi: lì si vede un dittatore o una figura che comunque ammalia o ipnotizza delle figure che nella copertina sono dei soldati. Diciamo che può essere aperta a più interpretazioni. In realtà nel disco c’è un mini concept di tre pezzi, dove le tematiche vertono sul totalitarismo di stampo sovietico. Quindi diciamo che quella figura rappresenta una specie di lider, un tiranno o un dittatore. A grandi linee il senso è questo, ma può avere altre interpretazioni.
Quindi alcune canzoni sono ispirate a dei fatti reali?
No, i tre pezzi di cui ti parlavo sono: “The Terror”, “No God In Kolyma” e “Frozen Prision Cell”, i cui testi sono ispirati al discorso dei campi forzati in unione sovietica, i gulag, alla censura e alla non libertà di pensiero. Non c’è un fatto specifico, è più un discorso di non libertà di espressione in quel periodo e in quella parte di mondo.
Tanti anni fa ad inizio carriera avevate creato un sito ed un festival di nome THRASH ZONE che avrebbe dovuto essere per raccogliere le realtà più interessanti della scena estrema italiana. Si è mai realizzato?
Thrash Zone è stato un sito nel quale volevamo raccogliere la maggior parte dei gruppi thrash underground, non solo italiani, ed era un modo per entrare in contatto con altre realtà e quindi scambiare altre opportunità di live o comunque di collaborazioni. Andò avanti non mi ricordo per quanto tempo, ma avemmo modo poi di scriverci e di conoscerci con gruppi come Angelus Apatrida e siamo arrivati fino al chitarrista dei Sacred Reich. Però è rimasta una cosa abbastanza sul virtuale, anche perché l’impegno era notevole.
Che attrezzatura usi in live?
Io adesso ho una testata Orange Rockerverb 50, ma adesso sto cercando di venderla, perchè mi sono innamorato di un’altra testata, anche se il suono della Orange è un ottimo suono ed è stata soddisfacente per buoni 4-5 anni. Ho una cassa Marshall 2x12, poi vabe’, pedali e pedaletti vari dipende: quando suoniamo qui a roma o in italia in genere mi porto la testata e mi attacco alla cassa nella backline di turno che ci forniscono lì. Invece se suoniamo all’estero, quindi dobbiamo prendere aerei eccetera, ho un pedale della Bogner che ha una distorsione e un boost veramente fighi, ed è l’ideale quando vai a suonare perchè attacchi quello ad un canale pulito di una qualsiasi testata ed hai il tuo suono.
Per tantissimi anni la figura della band è ruotata intorno a te e Francesco con altri due membri che cambiavano in continuazione. Quanto ha influito questo sulla vostra carriera?
Beh, ha influito in buona parte, diciamo che ci sono stati tre blocchi di formazioni durature, e tutti e tre si sono interrotti “sul più bello”, quindi per tre volte è stato come se dovessimo ricominciare, non dico da capo, però ovviamente quando ti trovi ad avere che fare con persone nuove devi creare una certa amalgama, devi avere una comunione d’intenti. Questo porta il gruppo poi a rallentare, a fermarsi e poi a riprendere il percorso lasciato, e poi magari rifermarsi. E’ un proseguire a singhiozzo che alla fine ovviamente fa si che ci siano dei problemi. Poi è quello che è successo nel 2013, che ci siamo fermati dopo l’ennesimo cambio di lineup che comunque ci ha trovati ormai logorati e stanchi di dover ricominciare e ricambiare e quindi in quel momento abbiamo deciso di rigenerarci.
E poi 2017 in poi invece troviamo Andrea e Fabio alla sezione ritmica ed incrociando le dita per ora sembra tutto più stabile. Appunto che cosa è dovuta questa stabilità rispetto all'incertezza del passato?
Il valore aggiunto rappresentato da loro è un valore aggiunto sia dal lato umano sia dal lato musicale: hanno anche loro un’esperienza musicale di spessore, perché comunque hanno sempre suonato, in maniera continuativa in altri progetti, hanno suonato molto live e registrato dischi con le altre band che avevano. CI siamo trovati più o meno in linea su quello che è portare avanti una band aldilà del gruppetto che suona una volta l’anno, che per carità è legittimo, ma non abbiamo mai cercato questo tipo di impegno. Abbiamo sempre cercato di toglierci delle soddisfazioni e cercare di raggiungere dei risultati che ci gratificassero. Loro sono perfettamente in linea con questo pensiero e con questa filosofia che abbiamo sempre portato avanti io e Francesco (Cremisini ndr).
A nostro avviso gli ultimi lavori Chaos Machine e Dead Nation Army sono dischi molto ben riusciti ed infatti dal vivo proponete materiale praticamente estratto da questi due lavori. Qual è il vostro giudizio attuale sui vostri due primi dischi? Li ascoltate mai?
No, in realtà io non ascolto mano gli ultimi (ride ndr). Io personalmente ho un grado di immersione nei pezzi che è totale fin da l’inizio: dal momento della composizione, fino al momento della registrazione ci sono immerso totalmente, di conseguenza poi quando finisce questo iter, non ne posso più. Sviluppo una sorta di saturazione che mi porta a suonare il pezzo solo in sala o dal vivo. Per quanto riguarda il giudizio sui primi dunque, dunque, il primo disco credo che la registrazione non rende merito ai pezzi, per vari problemi tecnici uscì un po’ penalizzato dalla registrazione, però ci sono dei pezzi che secondo me racchiudono quell’istinto un po’ selvaggio tipico che caratterizza l’età in cui sono stati scritti quei pezzi. In quel disco c’è l’irruenza, la spontaneità e un po’ di ingenuità, che però era molto viscerale. Però con una registrazione migliore certi pezzi sarebbero invecchiati meglio.
In The Middle of Nowhere, uscito nel 2008, è sicuramente più maturo e con una registrazione all’altezza della situazione. Però secondo me è un po’ troppo variegato, all’epoca avevamo qualche velleità di sperimentare un po’ troppo, sia io sia Francesco, che tra l’altro eravamo impegnati con dei progetti paralleli. Io ero impegnato in un gruppo rock, lui in uno di un’altro tipo di rock e evidentemente un po’ di influenze, un po’ di sperimentazioni varie si sono infilate nel sound nostro, e quindi sentivi dei pezzi tipicamente thrash e dei pezzi che racchiudevano altre influenze.
Il terzo disco è stato un po’ quello che racchiudeva tutto il periodo negativo che abbiamo vissuto in quel periodo che poi alla fine è sfociato in quello che è stato lo scioglimento.
Nel 2012 diceste che avevate cambiato un po’ genere essenzialmente per il fatto che suonare un thrash metal molto veloce di intrigato spesso dal vivo non dava soddisfazioni a causa dei problemi di suoni e di acustica, mentre un album come quello con più groove con suoni più rallentati avrebbe avuto un efficacia Maggiore. siete pentiti di questa scelta dato che poi successivamente siete tornati sui nostri passi? A cosa fu dovuto effettivamente quella album?
Non è che ci siamo pentiti, è che fondamentalmente pensavamo che il problema fosse quello, ma è possibile suonare Thrash Metal anche con partiture più dirette e funzionali live. Di conseguenza quando ci siamo riformati abbiamo tenuto conto di questa cosa.
Finito Chaos Machine c’è una ghost track..
Finalmente! Ho costretto tutti quanti a registrare questo mio parto malato. L’idea del pezzo mi è venuta mentre stavo guidando e ho iniziato a pensare a quelli che fanno degli incidenti perchè si distraggono magari guardando il cellulare, e c’è magari chi ci muore pure. Quindi ho pensato che morte stupida è solo perchè stavi smanettando con il cellulare. Quindi m’è venuta fuori sta schifezza dove si ripete solo “Death By Mobile Phone” in continuazione.
Dead Nation Army uscì come lavoro indipendente mentre l'ultimo disco è uscito per rockshots records. come avete trovato questo contratto discografico e come vi trovate a lavorare per la rockshots una delle realtà italiane più attive ed ambiziose?
Per adesso ci stiamo trovando molto bene. Dead Nation Army è uscito in maniera indipendente perchè era un ep ed è molto difficile trovare etichette che fossero interessate a pubblicare un lavoro così corto. Poi era l’ep di ritorno, quindi volevamo in qualche maniera testare il mercato e capire se c’erano degli addetto ai lavori interessati al nostro ritorno, per l’ep in primis e poi eventualmente per un disco intero. Rock Shots è stata una di quelle etichette con cui siamo entrati in contatto proprio con l’ep e siamo siamo rimasti d’accordo che quando avremmo avuto il disco completo, ci saremmo risentiti. A disco finito abbiamo comunque fatto un giro di contatti e loro si sono rivelati i più interessati e motivati ad una collaborazione. Ovviamente loro lavorano principalmente a livello promozionale, quindi adesso ci arrivano spesso segnalazioni di recensioni, richieste di interviste, notifiche di passaggi radio, web radio chiaramente, e cose così.
Tra la batteria scarica del telefono di Fabio e l’orario, ormai sono le 23 passate, decidiamo di chiacchierare in maniera più libera, e poi in fine salutarci, dopo quasi un’ora e mezza di diretta. Trovate a breve il video integrale sul nostro canale Youtube!