In occasione della data meneghina del tour Rage+Serenity+Savage Messiah abbiamo avuto modo di fare quattro chiacchiere con Fabio D'Amore, italianissimo bassista della band austriaca Serenity.
Ciao Fabio, benvenuto sulle pagine di metal.it. Come stai e come sta andando il tour?Ciao! Il tour sta andando abbastanza bene, abbiamo fatto bei concerti. Ovviamente i numeri sono diversi a seconda del paese, però tutto sommato sta andando abbastanza bene.
Dove avete avuto il miglior riscontro o il pubblico più caloroso?Londra è stata devastante, anche dal punto di vista delle vendite del merchandise, è stata una cosa assurda, quasi da headliner. La Germania spinge sempre. Sono stato un po’ deluso da Pamplona, non ho mai visto un pubblico così statico e così annoiato in tutta la mia carriera. E tutte le band hanno detto la stessa cosa. Non ho mai visto un Georg (Neuhauser) non in grado di fomentare la gente, pur essendo sceso in mezzo al pubblico. Gente che non muoveva nemmeno la testa! Barcellona invece è andata un po’ meglio.
Parliamo del nuovo disco The Last Knight, che è come al solito un concept album questa volta dedicato a Massimiliano I, Imperatore del Sacro Romano Impero. Che approccio avete utilizzato per la realizzazione del disco? Cosa ci puoi dire sul processo di creazione del disco?Il processo creativo tende ad essere sempre lo stesso: ci sono delle idee, si mettono insieme, si condividono con il resto della band e si inizia a pensare alla creazione dei brani. Ovviamente il processo è stato beneficiato dall’ingresso di Sascha (Paeth) nel nostro entourage di produzione. Questa è stata l’unica modifica in fase di produzione, che però ovviamente ha cambiato tutto. Io personalmente (rispetto al passato) ho vissuto questo processo in maniera più semplice, più rilassata. Non mi ero mai trovato così bene fino ad ora a fare un album con questa band. Penso che si senta anche nel disco; non mi ero mai ritrovato ad ascoltare i nostri dischi così tanto dopo averli completati come per The Last Knight.
Come mai avete deciso di cambiare produttore, passando da Jan Vacik, che vi ha seguito fin dagli esordi, a Sascha Paeth? Quali sono state le principali differenze nell’approccio tra i due?Mah, sai, le differenze di approccio sono una questione abbastanza personale. Io personalmente, che ho curato la registrazione del basso e delle lead vocals, mi sono ritrovato a lavorare con una persona (Sascha) molto rilassata, molto motivata, senza grosse pretese di cambiare il trademark della band. Non mi ha chiesto di rifare nessuna parte. Non ha spinto su cose contro l’opinione della band. Questa è una cosa che comunque ti mette a tuo agio e cambia tutte le carte in tavola. Può sembrare un piccolo dettaglio, però non è così. Forse siamo noi più maturi, forse abbiamo bisogno di meno ritocchi o indirizzamenti, o forse ha trovato i brani già a buon livello; poi lui ci ha messo del suo. Per il prodotto finale il marchio della band non è cambiato. Non siamo diventati i Kamelot o gli Avantasia solo perché Sascha ha lavorato sul disco, che era un po’ la nostra paura. Invece no, secondo me siamo saliti di livello e i brani sono freschissimi. E’ la prima volta che li sento così freschi e non può essere una coincidenza.
Aver registrato con Sascha è anche un aiuto dal punto di vista dell’immagine? Come siete entrati in contatto con lui?Esatto. Ovviamente il discorso si aggancia a Chris (n.d.r. chitarrista dei Serenity), che ha avuto a che fare con Sascha anche con i suoi Beyond the Black. Penso sia andata così, in maniera molto amichevole, avendo lavorato già con i Beyond the Black, perché non con i Serenity. Ovviamente col senno di poi avremmo dovuto/potuto farlo prima. Fatto sta che l’abbiamo fatto adesso e il disco sta andando bene anche dal punto di vista dell’immagine.
Come già hai accennato parte del processo di registrazione è stato svolto nel tuo studio personale, ho sentito alcune differenze nell’approccio alle lead vocals. Quanto hai spinto per questo?Le lead vocals sono state curate completamente da me, senza influenze esterne. Io ho avuto le idee abbastanza chiare, so su cosa posso lavorare, so dove Georg deve lavorare, dove si può spingere e dove non si può spingere perché non suonerebbe bene. Penso di aver fatto un lavoro discreto. Sascha non ha detto nulla in merito. Non abbiamo rifatto nessuna parte vocale. Oltre alle lead vocals abbiamo fatto una singola sessione di cori, io, Georg, Marco Pastorino. Ci siamo divertiti un mondo. Abbiamo fatto centinaia di layers assieme, singolarmente, in due, in tre. E’ stato davvero divertente, qualcosa che rimane nei ricordi. E’ anche per questo che a livello emozionale sento questo disco più mio. Riguardo alla registrazione delle voci stai sempre lì che ti chiedi come si può salire di livello, con le pronunce, con le tonalità. Quando registro ho le mie idee e i miei standard e penso di aver fatto del mio meglio
Come mai rispetto al passato non è capitato che tu partecipassi come lead vocalist?Penso che non ci fossero i momenti giusti sul disco. Ce l’avevamo in mente fin dall’inizio, ne avevamo parlato prima della registrazione del disco, volevamo inserirle, ma non c’era motivo di forzare. In realtà ho fatto tante parti soliste, ma vengono mascherate dall’arrangiamento. Per esempio la voce all’inizio e alla fine di Keeper of the Knights è mia, come tutto il coro di Call to Arms o le parte in latino, anche per via della pronuncia. Marco ha una voce molto potente e aggressiva, quindi su questi pezzi non funzionava, ma per esempio su My Kingdom Comes i bridge sono cantati da lui. Abbiamo avuto tre voci completamente diverse e giocavamo con i colori delle nostre voci come fossero pennarelli cercando di capire quale fosse più adatto.
Che ci puoi dire invece delle collaborazioni con i cantanti esterni dell’entourage Avantasia (Herbie Langhans e Oliver Hartmann)?Sascha ha un suo entourage di collaboratori e persone che lavorano con lui. Oliver e Herbie hanno sempre lavorato con lui e noi ne abbiamo quindi beneficiato. Purtroppo non ci siamo incontrati di persona, abbiamo lavorato a distanza, e siamo stati sorpresi da cori devastanti di Herbie e da parti vocali improvvisate, ma riuscite, come la parte solista su Set the World on Fire che inizialmente era stata cantata da me, e poi è stata tolta perché Sascha ha voluto provare Herbie. Dal vivo la canto io insieme a Chris e Andi, in tre, e viene molto bene. Per quanto riguarda Oliver, tutte le voci con tonalità medio basse sono sue, in più la collaborazione sulla versione acustica di Souls and Sins è venuta fuori all’ultimo perché anche in questo caso io avevo registrato tutta la canzone con la voce di Georg, poi Sascha dopo aver ricevuto le mie registrazioni ha pensato di provare qualcosa di particolare con la voce di Oliver. Siccome il brano acustico usa tonalità più basse (Si bemolle) rispetto a quello originale (che è in SI minore), anche la voce assume tonalità più basse e quindi Oliver si sposa di più con queste tonalità che noi non abbiamo all’interno della band.
Per il processo compositivo una delle novità è la partecipazione di Marco Pastorino (Temperance) come co-writer di alcuni pezzi. Come è nata questa collaborazione? In che pezzi ha partecipato?Marco ha collaborato nella scrittura con Georg su My Kingdom Comes, Invictus, Set the World on Fire, My Farewell e Wings of Pride, i pezzi più propriamente power del disco. Invece Chris si è occupato di Keeper of the Knights, Souls and Sins, Call to Arms, Down to Hell. La collaborazione con Marco è nata spontaneamente dopo aver fatto tante date insieme negli ultimi anni, ci conosciamo bene, è italiano, anche Georg parla un po’ di Italiano, quindi ci siamo trovati subito bene con una persona come lui che sia dal punto di vista vocale, che da quello artistico e compositivo è devastante. Mi ricordo che circa un anno e mezzo fa ci siamo incontrati per delle sessioni di scrittura. Avevamo in mente di fare qualcosa insieme, non sapevamo all’inizio se per i Serenity o per altri progetti. Poi in realtà ci siamo guardati in faccia nel mio studio e ci siamo detti di scrivere per i Serenity. Da qui è nata questa collaborazione.
E invece dal punto di vista dei testi anche questa volta avete utilizzato un approccio non cronologico nel concept riguardante la vita di Massimiliano I. Ormai i concept su personaggi storici, senza un approccio cronlogico sembrano un po’ il trademark della band. Quali sono state le difficoltà maggiori? Chi ha scritto i testi?Ci tengo a dire che questo non è un concept album alla Scenes from a Memory o alla Operation Mindcrime. E’ un album tematico con alla base un personaggio storico principale. Ci siamo ispirati alle sue vicende ma ovviamente sempre con un retrogusto di fantasia, nel senso che ci siamo lasciati trasportare da quello che noi pensavamo. Ovviamente non è mai facile, così come abbiamo fatto su Lionheart o su Codex Atlanticus, che per me era stato più semplice essendo legato a un personaggio della nostra cultura. Su Lionheart la ricerca non era stata così semplice, così come in questo caso per Massimiliano I, perché se non sei di lingua o cultura tedesca, non è un personaggio che si ha particolarmente in mente. Qui dove vivo in Austria è un eroe nazionale e anche locale in Tirolo. Inoltre essendo appena stato il 500esimo anniversario della sua morte, la band ha deciso di onorare questa occasione con la scrittura di un album dedicato a questo eroe nazionale e locale, dato che la band viene dal Tirolo, l’imperatore ha vissuto lì, suo padre è sepolto lì.
Dopo cinque album con tematiche storiche, di cui gli ultimi tre legati a personaggi singoli, non sentite la necessità di cambiare e parlare di qualcos’ altro?Ma penso che sia una caratteristica della band. Se la togli o provi a fare qualcosa di completamente diverso da questo punto di vista qui, forse dovresti cambiare completamente approccio. Adesso non mi sento di dire che a breve termine possiamo spostare la formula, una formula che secondo me funziona e ha i suoi lati eccitanti nel senso che di album in album bisogna fare una nuova ricerca completamente diversa dalla precedente vista la differenza tra i personaggi. Si riparte sempre da zero e questo ci dà anche la carica e motivazione di creare liriche diverse. Anche lì la scrittura è avvenuta in maniera molto spontanea da parte di tutti, anche io ho cambiato tante cose a livello di testi e di pronunce, ho aggiunto versi, parole, strutture che non c’erano a seconda di come il brano si evolveva.
Per il nuovo disco sono stati realizzati ben tre videoclip. Parlaci della realizzazione di questi video. Quale pensi che sia l’importanza dei videoclip per una band metal nel 2020?Abbiamo avuto un budget che non ci avrebbe permesso di fare tre video in realtà. Il budget era studiato per due video, ma abbiamo spinto per farne un terzo perché non eravamo d’accordo nel realizzare un lyric video che oggigiorno sta scomparendo. Dal punto di vista musical e tematico pensavamo di poter realizzare belle immagini, e abbiamo realizzato tre video completamente diversi: due hanno una performance più curata con scene tematiche. Probabilmente quello che è piaciuto di più è stato quello più semplice, più veloce e standard, ovvero My Kingdom Comes. Non so esattamente perché, a me sono piaciuti tutti e tre essendo così diverso nella tipologia e nei colori, rappresentando le tre tipologie dei brani dei Serenity, un brano più melodico e anni 80, uno più dark e gotico, e un brano propriamente power. Tre categorie, tre video diversi e tre risultati diversi. Set the World on Fire e Souls and Sins sono stati girati nello stesso giorno, nella stessa località per ridurre i costi (faceva un freddo della madonna!). Sono stati video più lunghi ed elaborati con scene con attori, attrici, droni. Per My Kingdom Comes ci sono state scene all’aperto con i combattimenti dei cavalieri, che sono ragazzi del posto che fanno rievocazioni storiche, mentre le nostre scene sono state semplici, ma efficaci.
Come va il vostro rapporto con Napalm Records. C’è stata una crescita nell’attenzione nei vostri confronti da parte loro? Quali sono le aspettative per il nuovo disco?Penso che Napalm stia facendo un buon lavoro, specialmente su questo nuovo disco. Abbiamo recentemente ricevuto i dati di classifica e sono i migliori mai raggiunti da noi, quindi è un buon successo. Ovviamente non siamo gli Iron Maiden o i Metallica, facciamo il nostro lavoro con calma, salendo sempre di uno scalino. La crescita è fondamentale e se non ci fosse bisognerebbe farsi delle domande. Dato che questa crescita c’è noi continuiamo il nostro processo insieme con Napalm, di cui ovviamente non siamo il gruppo di punta.
Il disco acustico su cui state lavorando da tempo a che punto è?Il disco acustico è pronto, bisogna solo capire quando Napalm vorrà metterlo sul mercato. Sarà un disco a se stante che prevede anche un successivo tour acustico. Spero che il disco possa uscire entro il prossimo anno. Sarà il disco di passaggio tra un disco metal e un altro.
Per quanto riguarda il contesto live, secondo te funziona meglio una situazione del genere con un tour con band eterogenee (Rage, Savage Messiah), o ti trovi meglio con band più simili nel suono ai Serenity?Penso ci siano risvolti positivi in entrambi i casi. Con una lineup più omogenea già sai che andrai ad attrarre un tipo di audience a cui piace quel tipo di musica, mentre quando lavori con band leggermente diversi come stasera, ovviamente suoni davanti a gente che non ti verrebbe mai a vedere se tu fossi da solo, ma hai la possibilità di farti scoprire, e devo dire la verità che dalla scena old school che ci sta vedendo per la prima volta in Europa e non aveva sentito mai il nostro nome, abbiamo ricevuto feedback positivi.
Serenity e Italia. Perchè secondo te la risposta del pubblico italiano è sempre stata un po’ fredda nei vostri confronti?Sinceramente è una domanda che mi stavo ponendo anche oggi insieme ai promoter della data. Non te lo so dire, non so bene cosa voglia la gente in Italia. L’impressione è che certi generi di metal vadano più di altri, e di sicuro il power metal come il nostro non fa tanta presa. E’ un mistero per me.
Negli ultimi anni sembra che per avere successo suonando questo genere è necessaria una forte componente estetica (Powerwolf, Gloryhammer, Sabaton), ma ancora di più sembra sia così importante non prendersi sul serio (Gloryhammer, Nanowar, Warkings, Victorius). Perché? Quanto conta ancora la qualità nella musica?Il mercato si è ristretto parecchio e il cosiddetto crossover non esiste più. O ascolti quel genere lì e quindi sei legato a un certo clichè e vieni apprezzato, oppure se cerchi di fare un power metal più ricercato senza un particolare fattore estetico che ti fa uscire fuori dalla staticità del genere, non hai appeal. La qualità ormai non è primaria. Anche durante l’organizzazione di una data e di un tour vedi quanto è il tempo dedicato ad allestire il palco e la scenografia (tanto) e quanto a fare il soundcheck (poco), o quanto tempo serva ad allestire il banco del merch e quanto a preparare i suoni del basso.
Per concludere l’intervista vorrei che ci parlassi del tuo nuovo progetto black metal Perchta. Cosa ci puoi raccontare?Perchta è un progetto parallelo ai Serenity e con sonorità totalmente diverse che ho creato in collaborazione con Lady Perchta. Un progetto atmospheric black metal, con componenti folk. E’ tutto cantanto nel dialetto di un paese in Tirolo vicino Kitzbuhel. E’ un progetto che gira completamente attorno alla cultura del posto in cui mi sono lasciato influenzare da alcune cose che avevo in mente. Lady Perchta è una strega delle Alpi Tirolesi e c’è un certo mistero dietro al personaggio. Il disco esce il 10 di Aprile e suoneremo anche dal vivo. Il disco è stato registrato e prodotto completamente da me; ci siamo avvalsi di strumenti tipici tirolesi, tutto suonato e registrato. Il disco è stato mixato da Staffan Karlsson (Arch Enemy) e masterizzato da Mika Jussila (FInnvox Studios). Non sapevo cosa aspettarmi dai responsi, ma sembra attirare qualche attenzione. Per nostra volontà questo progetto non avrà un’intensa attività live, ma suoneremo in occasioni speciali e particolari.
Grazie per la tua disponibilità Fabio!Grazie a te e un saluto ai lettori di metal.it