Dexter Ward: uno, due ... III

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Intervistare la formazione greca Dexter Ward, giunta all'appuntamento con il proprio terzo album, ha comportato uno scambio di idee e punti di vista con il loro cantante: l'italianissimo Marco Concoreggi, che si è prestato alle nostre domande...

Ciao ragazzi! E' un vero piacere chiacchierare con voi cercando di approfondire e scoprire cosa c'è dietro un grande album come "III".
Ciao Sergio! Il piacere è tutto nostro, siamo lusingati del fatto che avete considerato i Dexter Ward per una intervista su Metal.it !
Allora Marco, ora mi piacerebbe parlare del vostro nuovo album. Un disco che, per quanto mi riguarda, resterà una delle migliori uscite tra tutte quelle che avrò modo di ascoltare in questi primi mesi del 2020. Vorrei sapere quanto siete soddisfatti del prodotto finale.
Soddisfattissimi! Si tratta sicuramente del nostro miglior disco ed è venuto esattamente come lo volevamo. Con ogni nuova uscita cerchiamo di migliorare in termini di qualità del songwriting, arrangiamenti, suoni e performance. Consideriamo “III” come un deciso passo avanti in tutti questi aspetti e i riscontri finora sono stati molto positivi, sia da parte di chi storicamente ci ha seguito negli anni, sia da parte della stampa di settore e anche da chi non ci conosceva prima di adesso. Parlo di nuovi fans, heavy metal kids giovani che per ragioni anagrafiche magari non ci avevano potuto ascoltare nei primi anni del 2000 nelle nostre rispettive bands e ci scoprono ora con il terzo disco dei Dexter Ward. Aggiungo che secondo me è la “concorrenza” è molto più agguerrita ora di quanto lo fosse allora, sia in termini “quantitativi” che “qualitativi”. Con il progredire della tecnologia le soluzioni di home recording oggi richiedono un investimento alla portata della maggior parte dei musicisti e anche i setup più economici danno comunque la possibilità di ottenere registrazioni che “suonano bene”, spesso meglio di buoni demo tapes degli anni 80 registrati in studio a cifre orarie elevate. Oggi escono dozzine di dischi di heavy metal classico (c’è anche chi lo chiama “new wave of traditional heavy metal”) al mese, è davvero difficile farsi notare in mezzo a tante proposte, che magari arrivano da paesi molto più “attraenti” come gli USA, il Canada o la Svezia. Sembra tuttavia che nel nostro piccolo, un pò di “buzz” questa volta lo abbiamo creato anche noi. Si parla chiaramente di una piccola nicchia.

Potresti riassumere la storia dei Dexter Ward, purtroppo una band non molto conosciuta dal pubblico metal italiano, anche se devo ricordare che nessuno dei musicisti coinvolti è un nuovo arrivato.
In sintesi, la band si è formata nel 2009 dopo che Manolis Karazeris (chitarra) e io siamo usciti dai Battleroar, una epic metal band di Atene con la quale avevamo registrato tre dischi. Al basso ci ha raggiunti John Luna Tsimas, già membro della band greca Airged L’amh, alla chitarra solista Akis Pastras che, in veste di sound engineer e produttore aveva registrato il debut album dei Battleroar, e alla batteria Stelios Darakis, che conoscevamo dai tempi in cui suonava con i Sacred Outcry, altro gruppo greco dedito ad un metal epico sulla scia di Manowar e Warlord. Con questa line up abbiamo registrato tre dischi, “Neon Lights” del 2012,
“Rendezvous With Destiny” del 2016 e l’ultimo “III” uscito quest’anno. Completano la discografia un singolo “Stars and Stripes” uscito nel 2013 e uno split EP con i greci Black Soul Horde nel 2015, che conteneva una diversa versione della title track del nostro secondo disco, e alcuni brani del primo disco remixati. C’è da dire che la nostra prima uscita effettivamente risale al 2010, ed è un promo CD dove alla batteria suonava Angelos Tsoukalas, veterano della scena heavy metal greca. Qualche mese dopo il promo è stato stampato in vinile dalla Iron on Iron records sotto il nome di “Antarctic Dream” con l’aggiunta di una cover, eseguita dal vivo, di “Go it Alone” dei Cirith Ungol. Oltre all’attività in studio, abbiamo suonato un buon numero di concerti dal vivo, nonostante la distanza geografica (io vivo in Italia, il resto del gruppo in Grecia), nel contesto di mini-tour in diversi paesi europei e apparizioni in diversi festival underground come Keep it True, Up the Hammers, Metal Magic, Swordbrothers, etc.
Cosa è servito da ispirazione per il "III" album? Ci son stati aspetti particolari o solo il bisogno o la volontà di suonare Metal?
Per quanto mi riguarda, considero fonti di ispirazione “heavy metal” moltissimi ricordi d’infanzia: le serie giapponesi Megaloman - I-Zenborg - Koseidon, etc, alcuni giocattoli come i Micronauti, i Transformers, specialmente i Dino-Robot che mi furono regalati da bambino, libri come “Dei e eroi della Mitologia Greca” di Michael Gibson che fu il mio regalo di compleanno nel 1986 e ora è passato a mia figlia che ha otto anni. A volte si tratta di oggetti, film, libri, illustrazioni, in altri casi si tratta di suggestioni meno tangibili, frammenti di memoria che non vogliono venire focalizzati, anzi appena provi a sforzarti di ricostruirli svaniscono subito, ma alla fine riemergono sempre e sono forse gli stimoli più forti a scrivere musica e testi. Nel caso di “III” il disco è nato dopo un periodo difficoltoso durante il quale avevo pensato di smettere di suonare in quanto demoralizzato dall’attuale scena “metal” e dalla mentalità di molti “fans” del genere. Come quando si fa una indigestione, ho cominciato a mangiare “in bianco” per alcune settimane, solo che in questo caso si trattava di una dieta musicale: niente heavy metal, solo musica anni ‘50-’60 come i dischi che metteva mio padre tanti anni fa, poi Italo Disco che ascoltavo negli anni ‘80, synthwave moderna (moderna per modo di dire) e quei pochi dischi di jazz di Miles Davis e John Coltrane che posseggo e che mi piacciono moltissimo. Dopo un periodo di “purga” dalle tristezze “contemporanee” mi è venuta nuovamente la voglia di heavy metal, quello vero però, quindi ho ripreso ad ascoltare i miei dischi preferiti dei miei gruppi preferiti: Iron Maiden, Judas Priest, Manowar, Virgin Steele, Omen, Manilla Road, Steel Assassin, e a riguardare i film che ho scoperto durante la mia adolescenza, di solito a tema fantasy eroica, horror, scenari post apocalittici, guerra fredda, scenari fantascientifici di un futuro distopico, etc, che sono ancora i miei film preferiti. In modo simile a quando si va a pescare e si getta la pastura, ho preparato nella testa l’ambiente giusto perchè arrivassero le idee, e poco dopo ho cominciato a scrivere di getto i brani per il nuovo disco, che è stato completato in poche settimane.
E il suo titolo? "III" come le tre spade nella pietra sulla copertina, a riguardo credo che si sarebbe potuto osare qualcosa di più creativo. Ehm... forse anche l'artwork non è così affascinante come la musica, o forse sto esagerando? :)
E’ chiaramente una questione di gusto personale e la tua è una opinione più che rispettabile. Spessissimo vedo copertine per le quali molte persone impazziscono e che per me sono assolutamente mediocri. A me per esempio non piacciono i lavori fatti al computer, quelle copertine fredde e senza anima che oggi vanno per la maggiore. Allo stesso tempo, non ritengo stimolante (per me stesso intendo) utilizzare dipinti preesistenti chiedendone licenza d’utilizzo ai tenutari dei diritti. Per come la vedo io, la copertina deve essere fatta per il disco e deve rappresentare il contenuto del disco, le emozioni che ci sono dentro. Per questi scopi, ritengo che la copertina di “III” funzioni molto bene. Dirò di più: per me, insieme a quella di “Antarctic Dream”, il nostro primo EP, questa è la nostra miglior copertina, perchè “Neon Lights” è uscita troppo “fumettistica” rispetto a quanto avevo in mente, e quella “Rendezvous With Destiny” troppo fredda, statica. Naturalmente si tratta di fantastici artisti e di bellissime realizzazioni, sto facendo solamente un confronto tra copertine cercando il proverbiale “pelo nell’uovo”. La copertina del nuovo disco, e il nuovo logo, sono stati realizzati interamente a mano da Alexandros Vasilopoulos, chitarrista degli Airged L’amh, che già aveva dipinto la copertina del primo disco dei Battleroar, pertanto in un certo senso, un cerchio si chiude. Mi ricorda le copertine di alcuni dei miei dischi di heavy metal americano preferiti e sono molto soddisfatto dei colori che ha utilizzato: rosso, arancione, giallo, viola, tutti colori vivi, sanguigni, solari o al massimo i colori del tramonto, non della notte. Una delle indicazioni fornite era che la scena avesse una ambientazione diurna. Per me l’heavy metal è la musica del sole, dell’energia, non della notte e dell’oscurità. Riguardo al titolo, ho insistito perché venisse utilizzato “III” in quanto ero convinto che sarebbe stata la musica a parlare questa volta e non avremmo avuto bisogno di alcuna “spinta” da parte di un titolo accattivante. Inoltre, trattandosi di un disco che rilancia l’immagine dei Dexter Ward, con nuovo logo e rinnovata “voglia”, sarebbe stato probabilmente sufficiente intitolare il disco “Dexter Ward”, a significare una sorta di reboot. “III” è stato scelto perché richiama l’antichità, la solennità, un passato non definito e per questo maggiormente desiderabile, e naturalmente il richiamo religioso alla trinità e alle croci sul Golgota delle quali le tre spade sono il simbolo.
Non ho ancora avuto la possibilità di leggere i testi, ma credo che ci siano tematiche Fiction Fantasy al centro delle lyrics. O mi sbaglio?
Hai ragione, è proprio così. Difficilmente troverai riferimenti all’attualità o a tematiche sociali o politiche contemporanee, non perché non siano argomenti di discussione legittimi, ma perché se qualcuno cerca approfondimenti in tal senso è sufficiente che si rechi in libreria o acquisti i quotidiani o le riviste che secondo il suo punto di vista ritiene più autorevoli. Se devo cantare un testo in modo credibile, devo esserne stimolato, pertanto scrivo solo di cose che mi piacciono. Ecco perchè non amo molto cantare testi scritti da altre persone, mi costa molta più fatica immedesimarmi nei punti di vista altrui. In alcuni casi nei Battleroar ho cantato testi non miei, ma fortunatamente trattandosi di una band di epic metal, gli argomenti mi erano comunque molto congeniali, cosicché è stato abbastanza agevole.
A proposito di titoli come "Return of the Blades" o "Reign of the White Knight", cosa ne pensi di tutta la violenza che diffonde il mondo, e non da ora, visto che si ripete fin dall'inizio dell'umanità...
La violenza è una caratteristica del comportamento umano, non esiste al mondo un individuo che ne sia privo o che, messo veramente con le spalle al muro, non sia capace di un atto violento, anche solo per difesa personale. Detto questo, per quanto mi riguarda, l’unica violenza che può essere associata all’heavy metal, quello vero, è la “violenza sonora” che è solo un modo di dire per rappresentare un suono che dà moltissima energia, che ha un enorme impatto emozionale. L’energia dell’heavy metal sprigiona emozioni positive, non ha nulla a che vedere con uno sfogo animale, con il lasciare uscire in modo sconsiderato la frustrazione, la rabbia, il rancore, la negatività. Questa concezione è una terribile distorsione e genera fenomeni veramente pericolosi, ed altri relativamente innocui ma comunque insopportabili come per esempio il “mosh” o “pogo” che, nella mia opinione personale, nulla hanno a che vedere con l’heavy metal e sono espressioni volgari e di tribalità ottusa, che il Berchet avrebbe indubbiamente attribuito agli Ottentotti.
E oggi dobbiamo affrontare un'altra sofferenza, come quella del virus Covid-19, che sta causando molti malati e purtroppo anche vittime... come state vivendo questa situazione?
Penso sia stata, e sia tuttora, una gigantesca montatura sovrapposta ad un evento reale, che ha avuto come effetto positivo quello di togliere la maschera (ma non la mascherina) a tantissime persone che si sono rivelate per quello che sono veramente. Mi fermo qui perchè è un argomento per il quale ho capito che le convinzioni personali sono come la fede calcistica (che io non ho perchè non mi interesso di pallone), non si può cambiarla con il ragionamento e la discussione, un po’ come le striscie della tigre dei Manowar. Mi chiedevi prima della violenza: ecco, io non ho mai visto tanta rabbia, tanto rancore, tanta arroganza, tanta violenza verbale come quella che sento uscire dalla bocca di tante persone oggi in Italia pronti a puntare l’indice contro il prossimo solo perchè questo rifiuta di conformarsi alle idee del “mainstream”. Qualche secolo fa queste persone avrebbero lanciato pietre o acceso roghi senza battere ciglio.
Non posso che condividere …
Sicuramente avrà un livello di importanza minore, ma questa situazione sta penalizzando anche le band e i fan, con concerti cancellati e uscite di dischi posticipati, questo ha coinvolto anche i Dexter Ward, non è vero?
La data di uscita del nuovo disco era concomitante alla nostra partecipazione al festival “Up the Hammers” ad Atene, del quale Manolis è l’organizzatore. Successivamente avremmo dovuto suonare altre date, sia in Grecia sia in Spagna e Francia, tutti concerti che naturalmente non hanno potuto aver luogo. Le vendite del disco stanno andando piuttosto bene, ma ti confesso che sono un po’ demoralizzato perchè mi aspettavo che avremmo potuto promuovere il disco più bello della nostra carriera in modo diverso. Cosa ti posso dire … l’importante è la salute, mettiamola così.
Vabbè … torniamo all'album: puoi farcene una breve descrizione? Ci sono brani che occupano un posto speciale nel tuo cuore?". Io potrei azzardare una "The Demonslayer"...
I primi due brani composti sono stati “The Dragon of the Mist” e “In the Days of Epic Metal”. Il primo è un brano epico cadenzato che prende spunto lirico da un racconto degli anni ‘50 di Ray Bradbury, “The Dragon” per l’appunto. Il racconto parla di due cavalieri che, in una mistica brughiera, cavalcano alla ricerca di un terribile drago la cui presenza incombe sulla popolazione terrorizzata. Il racconto originale ha poi un inatteso e interessante sviluppo “fantascientifico”, ma il brano conserva l’intenzione “medievaleggiante” e fantasy della parte iniziale, costruendoci intorno una storia originale. “In the Days of Epic Metal” è il brano più autobiografico del lotto, in quanto pur utilizzando un impianto lirico di stampo tipicamente epic metal con tanto di valchirie e guerrieri nordici, descrive in realtà le sensazioni che provavo nei primi anni del 2000 all’inizio della mia avventura con i Battleroar e l’incontro con Atene e con un manipolo di prodi (musicisti e non) che portava avanti una scena underground purissima e magnifica. “The Eyes of Merlin” è il brano che probabilmente amo di più, parte con un piccolo arpeggio di synth, “inedito” per noi, e poi si sviluppa in un mid tempo epico ispirato alla figura del Mago Merlino così come viene rappresentato nel film “Excalibur”. L’opener “Return of the Blades” e “Conan the Barbarian” sono due brani veloci, che riprendono idealmente le ambientazioni “Hyboriane” dei due brani “Hyrkanian Blades” e “Sword of Crom” che scrissi diversi anni fa per i Battleroar, e sono il mio personale tributo a R.E.Howard, le cui opere oggi vengono riprese da dozzine di bands per i testi dei propri brani, ma nel metal classico a fine ‘90 e inizio 2000 erano pochissimi i gruppi (Cauldron Born, Rosae Crucis) a citarne direttamente brani e personaggi, all’epoca tutti si gettavano a capofitto su “Lord of the Rings” e, in minor misura, sui personaggi di Moorcock o comunque su tematiche più generalistiche da Dungeons & Dragons. “Soldiers of Light” è un’altro brano veloce, dalla costruzione musicale in stile Iron Maiden / Omen con un testo “White Metal” come del resto altri brani presenti nei dischi precedenti (“Fighting for the Cross”, “Youngblood”, “Evil Nightmares”, etc.). “Reign of the White Knight” è un’altro up-tempo con una ritmica US Metal di stampo Maideniano, che narra una storia fantasy convenzionale: la lotta mortale tra il “White Knight”, un misterioso eroe che ha nella sua spada il potere del sole, e un negromante che tiene in scacco un regno un tempo prospero, ora alla mercé dei suoi incantesimi e delle legioni del sottosuolo da lui evocate. Infine, “The Demonslayer”, è il brano più articolato, ambizioso e più “heavy” dei Dexter Ward, è la nostra versione della tematica “guerra celeste”, le forze angeliche contro le potenze infernali, queste ultime dotate di un’arma potentissima e forgiata in segreto, chiamata “Demonslayer”, una lancia nella quale è infusa l’anima di un arcangelo ribelle. La canzone nella prima parte ha un incedere “doom” con improvvise accelerazioni all’altezza del ritornello e molte sezioni differenti, e si chiude con una sezione eroica e corale.

Le chitarre sono assolutamente fantastiche con riff che lacerano e assoli che infiammano. Mi sembra che abbiate avete perfettamente bilanciato tutte le parti. Avete passato molto tempo a strutturare le canzone o il tutto è avvenuto in maniera naturale? Come componete di solito le vostre canzoni?
Compongo in autonomia quasi tutti le canzoni partendo da uno stimolo che può essere una sensazione, un titolo, una melodia, o più di frequente suono la chitarra su un loop di batteria finché non trovo un riff che mi dà la carica, che mi fa venire la voglia di fare headbanging. Non c’è progettazione a tavolino, a volte tuttavia è capitato che abbia scritto prima il testo completo di un brano e la musica sia stata scritta per supportarne la metrica e lo svolgimento della “storia”. Mi piace scrivere brani che abbiano varie sezioni diverse combinate fluidamente tra loro in modo da tenere alto l’interesse dell’ascoltatore. Inoltre preferisco dischi vari sia a livello ritmico che lirico, non amo particolarmente i concept album anche se credo che questo nuovo disco sia molto più compatto e omogeneo in termini di intenzione e direzione rispetto ai due precedenti, che invece risultavano più come “compilazioni” di brani scritti in periodi diversi con intenzioni e “mood” anche molto diversi tra loro. Una volta realizzati dei “demos” casalinghi dei brani, li condivido con Akis, Manolis, John e Stelios e comincia la fase di ri-arrangiamento e pre-produzione dove ogni componente della band contribuisce con le proprie idee e le proprie parti. Alcune sezioni vengono tagliate, altre aggiunte ex novo, ovviamente nel rispetto dell’idea iniziale. Per questo nuovo disco, il nostro chitarrista Akis ha svolto un enorme lavoro in fase di pre-produzione e ricerca dei migliori arrangiamenti, una attività di cesello che ha portato al bilanciamento tra le parti che hai citato, e che mi fa molto piacere tu abbia notato!
La registrazione risulta molto organica e viva, un suono davvero nitido ma allo stesso tempo potente, qual è stato il processo che avete utilizzato per ottenere quel tipo di sound?
Per questo disco ci siamo affidati totalmente alla professionalità di Akis, che oltre ad essere un eccellente chitarrista è un bravissimo sound engineer e ha seguito tutte le registrazioni (tranne quelle vocali, che hanno avuto luogo qui in Italia), la produzione ed il mixaggio. Il mastering, per entrambe le versioni CD e vinile, è stato invece eseguito da Bart Gabriel. L’idea di Akis per questo disco è stata quella di ricercare un suono che rispettasse lo stile e l’intenzione “anni ‘80” ma che allo stesso tempo risultasse potente e moderno, nel rispetto delle dinamiche. Non mi cimento nella descrizione dei dettagli “tecnici” che ha seguito per ottenere questo risultato perchè non essendo ferrato nell’argomento farei una ben magra figura!
Ci sono anche apparizioni di qualche ospite nel corso dell'album?
No, è stato tutto suonato (o programmato, nel caso delle rarissime parti di synth o orchestrazioni) da Akis, Manolis, John e Stelios e io mi sono occupato di tutte le parti vocali, incluse backing vocals e cori come ad esempio il finale di “The Demonslayer”.
Ho descritto i Dexter Ward come una heavy metal band tradizionale e con forti radici nel Metal dei primi anni '80, sei d'accordo, e come ti senti ad essere paragonato ad alcune delle band che hanno suonato in quel periodo?
Io descriverei i Dexter Ward oggi come una band di heavy metal classico con forti elementi epici. Contrariamente a tante altre bands, anche di conoscenti, che non hanno “timore reverenziale” e forse a ragione, nei confronti delle bands degli anni ‘80, io non mi sognerei mai di accostarmi a questi eroi che hanno scritto le pagine originali del libro dell’heavy metal sul quale ho studiato e sognato e continuo a farlo anche oggi. Pertanto, posso comprendere l’accostamento in termini stilistici, come descrizione di influenze sicuramente, ma per me è incomprensibile, addirittura folle, che un gruppo di oggi venga messo sullo stesso piano, ad esempio, di Omen, Witchkiller, Steel Assassin. I pomodori che mangiava mio padre erano più buoni, nei fiumi c’era più pesce e si poteva fare il bagno, l’industria discografica era ancora forte con un grande giro d’affari e i negozi di dischi erano diffusi in tutte le città in modo capillare, così come i cinema. I gruppi di oggi, incluso il nostro, sono loro malgrado, come i pomodori di oggi, i fiumi di oggi, vivono in un mondo dove anche anche i cinema multisala, i “killer” dei cinema di quartiere, stanno chiudendo in favore delle piattaforme di streaming casalinghe, e dove i pochi dischi “fisici” si comprano tramite internet perchè i negozi hanno già chiuso. Un’epoca assolutamente degenerata, a cavallo di una parabola discendente.
Vedete la vostra musica come "heart-influenced" o " head-influenced"? Suonate come vi sentite o come pensate di doverlo fare?
C’è poco o nulla di “head-influenced” nella musica dei Dexter Ward, la quasi totalità delle scelte (e la totalità di quelle più importanti a livello artistico) è legata alla passione e al sentimento. Ho lasciato i Battleroar e formato i Dexter Ward per esprimere al 100% la mia visione musicale e non dipendo dall’attività musicale per pagare le bollette (anche perchè se così fosse sarei perennemente in mora!) pertanto l’unico limite è la creatività. La No Remorse, la nostra casa discografica ad Atene, ci supporta nella direzione che abbiamo intrapreso e c’è un rapporto di reciproca fiducia. Come ti dicevo qualche risposta fa, non mi ritrovo con il pensiero e i gusti della maggior parte degli ascoltatori di “metal” anche underground odierni, pertanto non ho alcuna intenzione di scrivere musica che assecondi le preferenze altrui. Tutto quello che faccio deve emozionare prima di tutto me stesso; se ciò avviene, il mio unico interesse ulteriore è che la mia musica possa trasmettere emozioni piacevoli e positive a spiriti affini.
Solo un'altra domanda: perché qualcuno dovrebbe scegliere proprio il vostro album tra le altre recenti uscite di Heavy Metal? Quali sono gli aspetti vincenti del vostro nuovo album?
E’ come chiedere al macellaio perchè bisognerebbe comperare la carne da lui piuttosto che da altri… purtroppo si rischia di abbandonarsi alla retorica. Io credo che la maggior parte della “carne” musicale di oggi sia gustosa, poi c’è chi preferisce il manzo, chi il maiale, chi il pollo, etc. Io ho naturalmente i miei gusti e so cosa mi piace e cosa no, ma faccio veramente fatica a spiegarlo a parole, e non è detto che anche qualora io ci riesca il mio interlocutore colga veramente le distinzioni e i particolari, che sono soggettivi al massimo. Quello che posso dire è che chi ama l’heavy metal classico anni 80 e anche, in parte, il power metal degli anni 90 e inizio 2000 potrà trovare spunti di interesse nella musica dei Dexter Ward e specialmente nel nuovo disco. Chi ama le belle melodie e i dischi composti e suonati con sentimento penso che difficilmente potrà sbagliare a darci una possibilità.
Grazie per l’intervista, ora avete la possibilità di concluderla nel modo che preferite...
Grazie a te Sergio e a tutti i lettori di Metal.it, ci auguriamo di poter suonare dal vivo per voi il prima possibile!
Intervista a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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