Anims: l’eterna lotta tra bene e male …

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Gruppo:Anims

Francesco Di Nicola è un musicista “esperto” (dagli storici Danger Zone e Crying Steel fino ai più recenti Krell), ma con gli Anims, il suo nuovo progetto musicale, dimostra come, nonostante un tangibile background sostanzialmente “tradizionale”, si possa riuscire ad elaborare una brillante e piuttosto “fresca” sintesi tra hard-rock e heavy metal, in grado di accogliere tante diverse intriganti sfumature espressive, non ultima un’attitudine concettuale di esplicita ispirazione spirituale e religiosa.
L’uscita del secondo albo della band, “Good 'n' Evil”, da poco pubblicato per Sneakout Records & Burning Minds Music Group, diventa l’occasione per parlare, oltre che del disco e del gruppo, del suo approccio artistico, includendo nella piacevolissima chiacchierata un inevitabile (e non "agiografico" ...) sguardo rivolto alla “storia” del nostro rockrama …

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Ciao Francesco, benvenuto su Metal.it e complimenti per “Good 'n' Evil”, un disco davvero interessante per come “sintetizza”, in maniera brillante e non “nostalgica”, i sacri dogmi dell’hard n’ heavy … iniziamo, però, dalla genesi degli Anims e dai loro principali intenti artistici …
Ciao Marco, innanzitutto grazie per la tua disponibilità a questa intervista e poi grazie infinite per i tuoi piacevolissimi complimenti.
La storia degli Anims è piuttosto breve: anni fa registrai con Luca Bonzagni (ex cantante storico dei Crying Steel), Elio Caia (basso) e Diego Emiliani (batteria) la base musicale per un album costituito da dieci brani. Per motivi personali, Bonzagni lasciò il progetto ancor prima di iniziare il suo lavoro in studio e, a quel punto, decidemmo di affidare la parte canora ad Elle Noir. Il fatto che al momento dell’abbandono di Bonzagni molte sfumature delle melodie del cantato fossero ancora da sistemare e i testi fossero inesistenti, fu un vantaggio per potere plasmare il più possibile la voce della cantante alle basi. Nacque così “God is a witness”, il cui bellissimo riscontro in termini di recensioni mi ha poi incoraggiato a proseguire con un secondo lavoro.
Rispetto all’esordio, "Good 'n' Evil" mi è sembrato più a “fuoco” e compatto, anche per merito della prestazione di Elle Noir, stavolta in pieno controllo e dominio delle linee vocali … come valuti il suo contributo al disco e come l’hai coinvolta nel “progetto”, visto il suo background sviluppato in ambiti espressivi abbastanza differenti?
Pare brutto da confidare ma, a differenza del primo album, “Good ‘n’ evil” non è stato concepito in sala prove bensì nel mio computer. Ho abbozzato appunti come potevo, creando una base di batteria in modo artificioso, stendendoci sopra le parti del basso e delle chitarre ed immaginando le melodie della voce. Altrettanto dovevo immaginare una batteria finita e coerente; avevo spesso a che fare con qualcosa di poco più di un metronomo o al massimo qualche batteria finta rappezzata (io non sono capace di programmare una batteria elettronica). In quella condizione di solitudine non avevo limiti o necessità di rispettare il gusto o il parere di altri e perciò, nel prosieguo del lavoro, ho pensato di arricchire il tutto con più parti di chitarre, talora molto “subdole” a sostegno di quelle principali. Da qui forse il senso di maggiore compattezza generale.
Per quanto riguarda Elle Noir, il suo contributo è semplicemente decisivo e le belle recensioni di “Good ‘n’ evil” che stanno uscendo in questi giorni sostengono il mio pensiero. Non credo che in questa occasione Elle si riveli in uno stato di maggiore controllo e dominio (secondo me lo era anche nell’album precedente), penso piuttosto che abbia fatto valere molto la sua precedente esperienza heavy rock; insomma, si è arricchita da sé stessa. Oltretutto è una professionista eccezionale, una persona paziente che sa accettare ogni consiglio con grande fiducia. A lei i miei complimenti.
Nel nuovo full-length troviamo l’esperto Paolo Caridi (Ellefson-Soto, Reb Beach, Geoff Tate, Michele Luppi, …) alla batteria … si tratta di una collaborazione “estemporanea” o possiamo considerare il suo apporto qualcosa di più stabile e duraturo?
Altro professionista grandioso per capacità e carattere, sempre eccellente, sempre disponibile. Non è la mia prima collaborazione con lui, abbiamo registrato insieme con i “Krell” l’album “Deserts”. Alla voce Luca Bonzagni. Chissà, magari faremo il terzo album degli Anims … Il suo apporto è magico, una vera goduria: sa esprimersi in tanti modi ipermoderni ma in realtà lo reputo un grande batterista di hard rock classico. Nell’occasione di questi due dischi registrati insieme, si è sempre definito piacevolmente “libero”. Libero di esprimersi, libero da vincoli, libero dalle cosiddette “parti obbligate”. Ciò è bellissimo, sono le occasioni in cui si ha effettivamente la possibilità di offrire musicalmente se stessi al 100%. Le parti di batteria sono state registrate direttamente in sala, senza prove. Paolo ha suonato senza particolari indirizzi, senza suggerimenti, senza fronzoli e senza supporto di sonnolenta musica chiacchierata. Grandioso.
Come anticipato, nel disco è rilevabile sia la “tradizione” del genere (con tracce abbastanza evidenti nella title-track, “Fear of the night”, “Dry bones” …) e sia una sua rielaborazione in forma più “contemporanea” (penso a “The cherubims”, “Where were you”, “Leviathan”, …) … in entrambi i casi si tratta soluzioni espressive efficaci ed equilibrate, ma dovendo scegliere quale tipo di orientamento rappresenti al meglio l’essenza degli Anims, quale sarebbe la tua scelta e perché?
È tanto difficile essere obiettivi quando si guarda al proprio operato ma certamente, a differenza degli altri due componenti degli Anims, non sono un professionista ed ho dedicato il tempo che ho potuto e voluto. Onestamente in fase di composizione ho tenuto tutti i giri di chitarra che mi parevano buoni senza troppo premurarmi dell’omogeneità. In altre parole, non ho cestinato nulla di quanto reputassi “valido”. Da qui probabilmente l’eterogeneità che in un qualche modo descrivi. Gli Anims hanno interpretato quello che c’era a disposizione. Detto questo, tra i brani che hai citato scelgo comunque la terna che tu percepisci come contemporanea (grazie, è un bel complimento per un ragazzetto musicalmente retrogrado come me).


E a proposito di richiami alla “storia” del class-metal, nel disco sono presenti “Satellite” e “Liars”, brani che risalgono alla tua collaborazione con i Crying Steel nei primi anni novanta, e addirittura il remake della turbinosa “Victim of time”, title-track dell’esordio dei Danger Zone … come mai avete deciso di includerli in “Good 'n' Evil”?
La mia solitudine decisionale e compositiva mi ha suggerito di inserire un po’ della mia storia personale. “Satellite” e “Liar” sono brani inediti che noi Crying Steel di quel momento storico, appunto i primi anni 90, componemmo tutti insieme e che suonavamo ovviamente dal vivo. Mi piacevano tantissimo, non li ho mai dimenticati, ho sempre sognato che venissero pubblicati ufficialmente. Il loro ascolto mi emoziona ogni volta. "Victim of time" nacque invece nel 1983 con due miei carissimi amici, eravamo all’epoca gli “Odds” ed il brano è un pilastro della mia piccola storia musicale. Una volta entrato nei Danger Zone lo proposi in scaletta e ne facemmo la title track del primo lavoro ufficiale del gruppo.
I testi dell'album, di evidente ispirazione spirituale, appaiono molto rilevanti nell’economia dell’approccio artistico degli Anims … ti va di approfondire il loro significato e di presentare ai nostri lettori Chiara Mencarelli che li ha composti insieme a te?
Chiara Mecarelli è mia moglie e la mia stima che pongo nei suoi confronti è battuta soltanto dall’amore che provo per lei. Se qualcuno sta pensando che scrivere queste parole in questa occasione sia cosa melensa, pensi a quanto amore viene cantato nel rock o, al contrario, a quanta rabbia viene espressa per i fallimenti o le mancate corresponsioni sentimentali.
Mia moglie è madrelingua inglese e negli anni ha acquisito una grande fede per mezzo della lettura della Bibbia. Quando le ho chiesto di aiutarmi con la composizione di una parte dei testi di “Good ‘n’ evil”, è rimasta persuasa solo quando le ho detto che poteva scrivere qualunque cosa desiderasse purché in linea con l’argomento del titolo dell’album. Ovviamente, essendo Dio la sua più grande passione, il risultato è stato quello di scrivere 6 testi basati su 6 storie delle sacre scritture. Nonostante fosse per lei la sua prima esperienza come paroliera, i testi sono “usciti” con facilità estrema, come se fossero già stati scritti da qualcuno altro … e Chiara sostiene che di fatto è proprio così!
Impossibile, per un “maturo” metalofilo come il sottoscritto, non chiederti qualcosa sugli anni “pionieristici” della “scena” italica, di cui sei stato protagonista … a posteriori come valuti quel periodo e com’è cambiato nel tempo il tuo approccio al mondo della musica?
Era bello, molto bello, un po’ perché erano gli anni 80 (obiettivamente affascinanti sotto tanti punti di vista) e un po’ perché banalmente si era più giovani. Il panorama dei musicanti metallici italiani era all’epoca direi profondamente immaturo (nessuno me ne voglia). Si scimmiottavano i grandi gruppi e dai, ammettiamo che si era tanto tanto indietro. Non che non ci fossero già all’epoca le eccellenze italiane (comunque italiane) ma alludo ovviamente alla media. L’immaturità metal però non era solo di chi suonava ma anche quella del grande pubblico potenziale: gli ascoltatori hard/heavy di quegli anni costituivano infatti una platea molto specializzata ma altrettanto ristretta. Al contrario di oggi, erano numericamente poche le orecchie italiane avvezze o attratte dal suono delle chitarre distorte. Altrettanto, attualmente ci sono tantissimi musicisti italiani che il metal sanno farlo strabene, anche se secondo me resta il problema linguistico che impedisce l’accesso ai grandi palcoscenici internazionali.
Il mio approccio alla musica non è mai cambiato. La mia cultura musicale è blindata ad un periodo assai breve, dal 1980 al 1985 e non mi vergogno di scriverlo. Il 1986 già mi suona strano e quello che mi viene in mente di comporre salta fuori in qualche modo dalle influenze rock/metal che in quel quinquennio mi hanno felicemente travolto.
Il mio modo di suonare e comporre lo rivela senza pietà e la verità è che un bravo batterista moderno e una voce calda, suadente e volendo un pizzico “bluesy” come quella di Elle svecchiano alla grandissima, non è difficile per me ammetterlo.
Riuscirete a portare su di un palco i pezzi di ““Good 'n' Evil” o gli Anims rimarranno esclusivamente un gruppo “da studio?
Temo che gli Anims rimarranno un gruppo da studio ma va bene così, dai…

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Ritornando a “Victim Of Time”, avete deciso di includerla solo nella versione Cd, incentivando così chi continua (felicemente!) a riempirsi la casa di dischi … qual è la tua opinione in merito alla diffusione della musica “liquida”, ultimamente a quanto pare contrastata da un certo ritorno dei supporti “fisici”?
È solo un piccolo incentivo per dare valore aggiunto al cd fisico. Io sono estremamente a favore della musica digitale. La musica digitale è un’espressione di libertà. Essa si diffonde in modo potenzialmente “democratico” e sono convinto che, senza togliere loro nulla in termini di grandezza e valore artistico, i super mega mostri sacri (quelli che a ormai 65/70 anni ancora suonano riempiendo gli stadi) siano diventati tali anche in funzione di un momento in cui la distribuzione della musica avveniva unicamente per mezzo di un supporto concreto. Oggi non esiste un limite fisico, non ci sono scansie numerabili nei negozi di dischi, non c’è una stiva limitata, non c’è una distribuzione di un album che si blocca perché il negoziante decide di non riacquistare le copie degli Anims andate esaurite perché teme di non rivenderle: con la musica digitale c’è spazio infinito per tutti. Essa polverizza ovviamente l’offerta e secondo me riduce la probabilità di nascita di nuovi super-iper-mega gruppi, insomma quelli che da soli fanno 100.000 spettatori a concerto. Il ritorno ai supporti fisici mi pare tutto sommato al momento ancora limitato ed ancorato ad una bella idea di marketing sia per accontentare i nostalgici che i collezionisti. Del resto, un prodotto in confezione, una cosa che si tocca con le mani e si può guardare, offre ancora il suo valore aggiunto: è tangibile, esiste, si può conservare e collezionare.
Essendo nell’ambiente da parecchio tempo, quali sono gli aspetti più gratificanti di questo ”mestiere” e quali invece quelli che t’infastidiscono maggiormente e che vorresti eliminare del tutto?
L’aspetto più gratificante è quello di potere rappresentare sé stessi cercando di trasferire al meglio le proprie emozioni nella musica, non saprei invece rispondere alla seconda parte della domanda. Forse la risposta è fuori luogo ma ciò che più mi infastidisce sono gli eccessi di tutti i tipi e in particolare i virtuosismi musicali. Che noia… Tra i due, meglio un po’ di cuore in più e un po’ di tecnica in meno; ritengo siano rarissimi i musicisti in grado di dosare in abbondanza le due cose nel modo corretto, con equilibrio e grande gusto. Quanta invidia nei loro confronti …
Siamo alla fine e a questo punto, come di consueto, lascio a te, dopo averti ringraziato per la disponibilità, le ultime parole dell’intervista …
Si, grazie. Aggiungo che il disco è stato registrato al Pristudio di Bologna. Roberto Priori è per me un amico sin dai tempi dei Danger Zone ed è un bravissimo fonico. I suoi consigli li ho sempre presi in considerazione con grande interesse. Ascoltate “Good ‘n’ evil” e constatate voi stessi…
Grazie ancora ed un saluto a tutti i lettori di Metal.it …!

Foto della band inclusa nel materiale promozionale fornito da Burning Minds Music Group (uso autorizzato dalla label).
Intervista a cura di Marco Aimasso

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