Thomas Libero con il suo “La Mia Guerra” mi ha sorpreso, e di questi tempi non succede tanto spesso … non solo per il valore musicale intrinseco dell’opera, ma anche perché ho trovato il suo approccio al rock (in) italiano intrigante, ben amalgamato nelle metriche, al tempo stesso poetico e accessibile nei contenuti e privo di quella sbrigativa banalità che troppo spesso caratterizza questa rischiosa soluzione espressiva.
Approfondire con il diretto interessato questa rara forma di “stupore” è stato il successivo ed inevitabile atto da condividere con i nostri lettori …
Ciao Thomas, e benvenuto su Metal.it! Come di consueto per gli esordienti sulle pagine virtuali più “gloriose” della rete, direi d’iniziare chiedendoti di presentarti ai nostri lettori …
Ciao! Prima di tutto mi permetto di ringraziarvi per la recensione del mio album e per lo spazio concessomi, non do nulla per scontato e mi ha fatto davvero piacere. Per quanto riguarda chi sono, diciamo che ho mille facce e mille personaggi racchiusi in una sola persona quindi presentarmi mi risulta un po’ difficile, per quello lascio sempre il piacere (che dipende sempre dai punti di vista) di scoprirmi. Ad ogni modo, per essere più canonico, mi chiamo Thomas Libero e sono un musicista, cantante e autore Padovano, nella vita ho la fortuna di fare questo mestiere full time e grazie a tanta forza di volontà e “sacrifici” ho avuto diverse esperienze che vanno dall’essere frontman di rock e metal band inedite al suonare il basso per altri artisti in altri generi, passando per cover band e chi più ne ha più ne metta. Tutto questo è sempre stato affiancato al mio percorso di brani originali come solista, che è rimasto sempre la mia stella polare.
“La Mia Guerra” è il risultato di, e qui cito le tue parole, “[…] sei anni di lotta … una battaglia lunghissima contro tutto, tutti e, a volte, anche contro me stesso […] … ti va di raccontarci qualcosa di più in merito a quest’affermazione e descriverci per sommi capi come si è sviluppata la “travagliata” genesi del disco?
Certamente! Bisogna dare un po’ di background anche a questa storia, in gergo cinematografico o videoludico la chiameremmo “Lore”. Il mio percorso di inediti in italiano era nato dall’esigenza di comunicare alcuni messaggi e creare dei contenuti che fossero di facile presa e comprensione al pubblico italiano, anche solo per un fatto puramente linguistico. Intendo dire che, avevo la presunzione di pensare che qui ci fosse bisogno di qualcuno che parlasse delle cose di cui volevo parlare io, nel modo in cui volevo farlo io. Detto questo, pensai al progetto come una serie di singoli da pubblicare a cadenza trimestrale più o meno, in modo poi da collezionare tutti i brani e concludere il progetto pubblicando l’album definitivo.
Tutto avrebbe dovuto avere una durata di 2 anni. Partendo da “
Nella Notte”, poi “
IP” … e poi… lockdown. E non mi riferisco alle mie produzioni di quel periodo, intendo dire proprio che è arrivato il lockdown. Quindi per farla più breve, in quel periodo ho dovuto prima di tutto posticipare le uscite, revisionare il team di lavoro perché alcuni si erano trasferiti, non si poteva andare in studio e cose così e inoltre, inventarmi un modo per continuare a scrivere e produrre i brani pur non avendo lo spazio o la strumentazione più adatta … il tutto cercando comunque di inventarmi dei modi per continuare a vivere di musica. Mi sono ritrovato a registrare dei cori dentro l’armadio della stanza in cui dormivo da piccolo a casa dei miei genitori, dico solo questo. Quindi se uniamo quel periodo a altre varie vicissitudini di vita, otteniamo tutta l’odissea che ci ha portato fin qua. Il “contro tutto e tutti” è per il fatto che appunto gli eventi mi sembravano avversi, così come la fiducia di alcune persone che incontravo nel mio percorso.
Con “La Mia Guerra” hai scelto d’intraprendere la “rischiosissima” soluzione espressiva del cantato in italiano … perché questa scelta e quali sono stati, anche proprio a causa di questa “temeraria” decisione, i passaggi più critici nell’allestimento del disco?
Come ho già spiegato nella risposta precedente, volevo che i miei messaggi e contenuti arrivassero subito al pubblico italiano. Nel corso della mia vita ho incontrato tante persone come me che magari si rivedevano nelle parole delle mie canzoni, dunque la mia scelta è stata un po’ uno statement per quelli che si sentivano come me in questo paese. Sappiamo tutti che l’Italia non è un paese troppo anglofono e quindi mi sembrava una scelta giusta. Oltre a questo, è stato stimolante scrivere in italiano, era come se mi emozionassi di più a ricantare le frasi che scrivevo sentendole nella mia stessa lingua, è una sensazione che non riesco a descrivere. A livello di testo non ho avuto nessun problema, ho la testa che va sempre a 3000 quindi sono un fiume in piena quando si tratta di esprimere qualcosa. La scrittura è stata la cosa più semplice di tutto questo lavoro.
Musicalmente il disco si rivolge essenzialmente ai suoni del rock melodico e dell’AOR, ma ho scorto anche qualche rimando alla scuola del prog italico nella sua versione maggiormente “radiofonica” … sbaglio? Quali sono i modelli principali della tua formazione artistica e perché li ritieni tali?
Guarda, mi lusinghi citando solo la parola prog. Dopo i KISS, la mia band preferita sono i Queensryche. Ad ogni modo il prog italiano so che è tutt’altro genere e l’influenza credo sia solamente subconscia perché per quanto io abbia studiato o analizzato il genere da amante della musica in generale, non ho mai ascoltato prodotti italiani per mio piacere personale. Per quanto possa rispettare, stimare e apprezzare New Trolls, PFM, il Banco e tutta la scena, non fanno parte del mio background. Invece per rispondere ai miei modelli, senz’altro devo ri-citare i KISS. La mia band preferita, mio padre mi ha cresciuto facendomi ascoltare la loro musica e sono un loro fan da quando sono nato. Mi hanno influenzato sia come stile musicale che come presenza sul palco (non parlo del trucco ovviamente) ma soprattutto come modello di vita. Le loro canzoni sono sempre basate sul “ce la puoi fare” e questo ha aiutato molto me e il mio percorso. Oltre a loro amo l’heavy metal con venature prog e le mie band preferite sono sicuramente i già citati Queensryche e Savatage.
Parliamo di testi … ho apprezzato molto il tuo approccio lirico, poetico, ma intelligibile e non “escapista” … quali sono i temi che senti “l’esigenza” di trattare? In particolare, ne “In Questa Città” canti “eppure sembra facile pensare solo a ridere, ma l’odio è più semplice se vuoi vivere in questa città” … mi piacerebbe ci dicessi qualcosa di più in merito a questa asserzione …
Che bella domanda! Beh in quel pezzo in particolare descrivo la situazione che abbiamo vissuto durante la pandemia, infatti il brano l’ho scritto nel 2020. In quel determinato frangente in cui tutti erano contro tutti, si litigava per qualsiasi cosa e specialmente sui social dilagava odio e cattiveria, situazione che ahimè è solo peggiorata ad oggi. Le mie tematiche sono sempre riflessioni di me e della mia vita che ognuno può fare proprie. Alla fine sono una persona con le proprie battaglie e con il vento sempre contro, poiché ha scelto e deciso di essere sé stesso in un mondo sempre più finto, automatizzato e uniforme.
Come procedi nella stesura dei pezzi? Nascono prima le melodie e poi i testi o viceversa?
Le canzoni nascono sempre prima dalla melodia, addirittura il mio approccio lavorativo è dedito ancora prima alla musica, allo strumentale. Poi da lì cerco delle melodie. Questo quando non sono ispirato, perché tante volte magari mi capita di avere delle melodie random in testa e allora li registro la voce direttamente in modo da non dimenticarla. Se partissi dai testi sarebbe molto più difficile anche se il trucco e scrivere parole contando le sillabe, in modo da stare in metrica.
Cosa vorresti trasmettere, esattamente, a chi ti ascolta? E quale ritieni siano, tra i brani di “
La Mia Guerra”, quelli che ti “rappresentano” meglio?
Ricollegandomi un po’ al discorso delle tematiche che abbiamo affrontato prima, posso racchiudere tutti i miei argomenti in due macrogruppi. Ovvero “ce la puoi fare” e “io so cosa vuol dire essere al tuo posto”. Fondamentalmente voglio essere quell’amico di cui hai bisogno ma che hai paura di non trovare mai. I brani più emblematici de “
La Mia Guerra” in questo caso sono sicuramente “
Favole” e “
Il disordine dei mille perché”, pezzi dove mi immedesimo in chi sta soffrendo o capisce di essere una sorta di “alieno” e al quale però dico di non mollare perché comunque noi siamo diversi perché siamo veri e crediamo in qualcosa.
“
La Mia Guerra” risulta un po’ “spartano” nella resa sonora e nella ricchezza degli arrangiamenti … scelta “consapevole” o necessità?
Credo entrambe le cose. Da un lato, come raccontavo prima, è stato un album difficile da creare proprio per problemi logistici e tecnici, poi però col passare del tempo l’idea di questo essere “spartano” dava quel valore di “sofferenza” che descriveva perfettamente sia l’album che la sua creazione. Per quanto riguarda gli arrangiamenti invece la scelta è puramente consapevole, io scrivo così. Mi sono lasciato andare su “
Eri Tu”, la ballad, dove ho messo tante cose però generalmente è il mio modo di arrangiare.
Capitolo live show … quali sono le prospettive in questo senso?
Non è in programma nessun tour o nessuno show per portare “
La Mia Guerra” dal vivo nello specifico ma potrebbero esserci aggiornamenti e sorprese per il 2025, specialmente per l’estero.
Ritornando alle tue dichiarazioni via social, apprendiamo che dopo la pubblicazione dell’albo “[…] ora è tempo di finire questa storia e aprire un nuovo capitolo […]. Che cosa dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro di Thomas Libero e cosa è cambiato in questi anni nella tua visione artistica e personale del “mondo”?
Della mia visione molto teatrale della musica e della vita non vorrei fare troppi
spoiler, però di sicuro nel futuro c’è un ritorno alla musica in inglese. Ho capito che mi trovo meglio e mi sento anche più artisticamente libero di esprimermi cantando e scrivendo in inglese. Il mio modo di vedere l’arte non è mai cambiato, forse sono diventato un po’ più cinico nei confronti del mondo. È anche vero che sono cresciuto e sono nella fase della vita in cui uno diventa grande e matura, allo stesso tempo però, più divento cinico, più divento stoico e più ho voglia di aiutare chi è in difficoltà in questa grande notte dell’umanità.
in Italia una vera “cultura” del rock, in senso generale e in madrelingua in particolare, è davvero difficile da costruire, tanto che le nuove generazioni (e non solo), esclusi i “soliti noti”, sembrano sentirsi più rappresentate da rap, trap, urban-pop et similia, generi che esercitano una grande influenza sia sotto il profilo “filosofico” e sia dal punto di vista estetico … come valuti questa situazione? Dove ha “fallito” il grande vecchio rock n’ roll e il suo antico spirito “ribellistico” giovanile?
Secondo me in Italia mancano gli artisti e, mi azzardo a dire anche, persone vere. Ho avuto modo di conoscere persone appartenenti a generi con più appeal (senza parlare di major) e la differenza è che i ragazzi si rivedono in loro perché sono più veri, parlano di tematiche vere e creano una sorta di fratellanza. Quello che dovrebbero anche essere il rock o il metal, che però ad oggi raramente mi danno la sensazione di non essere superficiali. È un po’ come se si fosse ribaltata la situazione. Ci vuole più credibilità, credibilità umana però. Tutte le band nuove di certi generi che amo pensano di più ad avere gli strumenti fighi e i suoni grossi in studio ma non comunicano niente, probabilmente perché non hanno fame loro in primis, probabilmente a loro va bene “sembrare” qualcosa piuttosto che esserlo veramente. Certo, puoi trovare una nicchia anche lì, però se non sei vero non lascerai mai il segno e se abbandoni certe congreghe o certi canoni, sparisci dopo poco. La musica e l’arte devono venire da dentro.
Siamo alla fine, nel ringraziarti per esserti reso disponibile a questa piacevole (spero anche per te!) “chiacchierata”, lascio a te la chiusura “a piacere” dell’intervista …
Ma grazie mille a Metal.it per lo spazio! È stata una bellissima intervista, bellissime domande! Spero solo di non essere stato troppo prolisso. Che dire… spero che questo confronto dia la possibilità a tutti di conoscermi meglio soprattutto come persona e che magari vi metta la voglia di ascoltare i miei lavori ed entrare di più nel mio mondo! Un grandissimo saluto ed un abbraccio a tutta la redazione e ai lettori!
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