J.C. Cinel: alle sinuose foci dell’hard-rock …

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Gruppo:J.C. Cinel

Ospitiamo per la seconda volta sulle nostre pagine, e con immutato piacere e interesse, il chitarrista e cantautore italiano J.C. Cinel, autore quest’anno di “Where The River Ends”, un’autentica gemma discografica (pubblicata su Andromeda Relix / Black Widow) all’insegna dell’hard-rock “classico”.
Una definizione che identifica a grandi linee l’ambito espressivo dell’opera e che contiene tante diverse sfumature di un approccio alla musica in cui il primato della “canzone” sovrasta ogni forma di sterile ricerca sonora. Non rimane che cedere la parola a J.C. per i doverosi approfondimenti …

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Ciao e bentornato sulle pagine di Metal.it! Sono passati “solo” circa tredici anni dalla precedente intervista, realizzata in occasione dell’uscita di "The Light of a New Sun" … la prima inevitabile domanda, quindi, è: cosa caspita hai “combinato” nel frattempo? Come mai è stato necessario un lasso di tempo così lungo per dare un successore a quel bellissimo disco?
Ciao Marco, è un piacere ritornare sulle vostre pagine ... si sono passati tanti anni, tante tournée all'estero e progetti collaterali e sicuramente la voglia di portare a termine un lavoro meticoloso e capillare che mi ha visto protagonista anche nella produzione ha portato via un sacco di tempo ma devo dire che ne è valsa la pena ... sono veramente soddisfatto del risultato ottenuto che rappresenta appieno le mie aspettative ed esigenze artistiche.
Arriviamo, dunque, a “Where The River Ends”, che considero un’ulteriore evoluzione espressiva nell’ambito di un percorso artistico che guarda alla grande tradizione del rock con enorme ispirazione e anche una certa inventiva … cosa ci puoi dire sulla genesi dell’albo e sugli obiettivi che ti sei prefisso per la sua realizzazione?
L'album ha rappresentato un lungo lavoro che doveva colmare ma soprattutto concludere un circolo creativo, iniziato tanti anni fa, che ha abbracciato diversi stili e miscelato poliedriche influenze ... per l'appunto questa mia nuova sfida voleva enfatizzare il mio lato più Hard Rock, più Inglese se vogliamo, che ha sempre fatto capolino nelle mie produzioni, ma questa volta volevo fosse più presente più in primo piano ... volevo spingermi oltre e sviscerare quello che è il mio attuale spirito artistico senza troppi freni di genere.
Hard-rock, blues, soul e anche suggestivi barlumi prog contraddistinguono i contenuti dell’opera, il tutto dominato dal primato assoluto della “canzone” emozionante e coinvolgente … mi piacerebbe sviscerare con te ogni brano del disco, ma cercherò di “limitarmi”, cominciando con il chiederti di raccontarci qualcosa di “City lights” e “Feel like strangers”, due dei pezzi più “istintivi” del disco …
Siii … come anticipavo prima ho cercato con questo album di fare un compendio amalgamato di tutte le mie influenze senza rinunciare al sound che mi contraddistingue da anni pur rendendolo più hard e aperto a nuove e differenti soluzioni. I due brani che hai citato rappresentano appunto l'immediatezza dei riff e la potenza delle chitarre che sono sempre in primo piano in questo album e sono in gran parte suonate da me ... sono tra i brani che definisco più ”catchy” ma che hanno sempre un'evoluzione e uno sviluppo che tende a sorprendere l'ascoltare e che non lo fa rilassare pensando che tutto sia già successo ...
Alla categoria precedente appartiene anche “Oblivion” … e qui sono curioso di sapere se Isaac Hayes e le atmosfere dei film di blaxploitation hanno avuto un qualche contributo nella sua elaborazione …
Ah, ah … diciamo che l'apporto ispirativo e il mood sonoro degli anni 70, ha abbracciato e fornito tanti approcci e spunti disparati ... l'amore che ho per i tanti generi diversi soprattutto da ascoltatore, cosa fondamentale per un musicista non così scontata come sembra, stimola la mia scrittura che senza barriere di appartenenza e di genere … ci si avventura e ci si fa ispirare da molteplici sfumature che creano appunto una miscele abbastanza inusuale per il concetto di rock o hard rock tout court ... è questo che mi affascina della libertà del mio song writing.

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Passiamo a “Mindmaze / Red-handed” e “How far we shine”, in rappresentanza del lato più “visionario” della raccolta, in cui si scorgono riverberi Pink Floyd-iani
Vero ... sono i brani più sperimentali dove ho cercato, sempre mantenendo il modello canzone,
di osare di più ed avventurarmi nell'universo prog che ho sempre amato tantissimo.
Insisto sul concetto di “modello canzone! in quanto ho sempre cercato di assemblare i brani senza esulare troppo dal formato ”song” pur inserendo tanti richiami ed arrangiamenti che andassero ad arricchire il tutto. Penso che l'ascoltare abbia bisogno di avere riferimenti precisi nell'ascolto che possono dilatarsi e d impreziosirsi di momenti evocativi ed improvvisativi, senza esulare troppo dalla strutta della canzone che riporta ai confini conosciuti e tracciabili ... almeno questo è ciò che ho sempre ricercato anche da ascoltatore.
E concludiamo con “Burning flame”, per quanto mi riguarda uno dei momenti più creativi di “Where The River Ends” …
Grazie ... è appunto ciò che stavo menzionando ... in “Burning flame” c’è tutto ciò che volevo mettere in musica ... passando dalle scale modali ed orientali che anticipano un viaggio musicale che si affranca di tanti spunti e voli, ci sono le impennate hard rock bluesy, la psichedelia che simula il dialogo interno a volte forsennato della mente in cerca di risposte, di sicurezze ma che spesso si perde negli insoluti interrogativi, nell'impermanenza della nostra identità in costante divenire ... per poi approdare ad una coda di calma quasi lisergica ... una mini suite che accompagna l'ascoltatore nei vari scenari artistici e fantastici, dove l'io può spaziare ed esplorare, senza lasciarlo solo, per poi riportarlo su terreni congeniali che richiamano di volta in volta parti e melodie precedentemente accennate ... penso questo sia la mia essenza del song writing.
Come forse ricordi, sono un grande estimatore della tua laringe, che ho trovato addirittura “maturata” rispetto al passato … tra le tante nobilissime fonti d’ispirazione, stavolta ho rilevato nella tua voce anche qualche sfumatura di natura Bowie-iana (in “Strangers”, per esempio) … che ne dici, devo prenotare una visita dall’otorino?
Ah, ah ... no, assolutamente ... hai come sempre colto nel segno.
Ho voluto dare molta enfasi alle parti vocali e spingere sull'acceleratore dell'hard rock vocalist ... volevo che fosse un album che rispecchiasse anche in questo la mia espressività e tecnica vocale che negli anni è cresciuta ed ha aggiunto tante sfumature sempre al servizio del brano e mai autocelebrativa. Non ho mai amato troppo le etichette ed i confini espressivi ... l'arte è contaminazione e la voce rappresenta forse lo strumento più malleabile e personale in grado di modellarsi e forgiarsi a secondo delle emozioni che si vogliono trasmettere.
Quale importanza rivestono i testi nella tua musica? A cosa si riferisce l’immagine evocata da un titolo come “Where The River Ends”?
I testi sono fondamentali per il mio modo di scrivere ... non sono solo idiomi sonori bensì chiavi di accesso per un'esplorazione ancor più profonda che miscela suoni ed evocazione rendendo i messaggi decisamente più incisivi. Il fiume rappresenta la nostra vita, il nostro viaggio fatto di sogni, entusiasmo, allontanamenti e continui rimodellamenti della nostra personalità che troppo spesso diamo per immutabile. Il fiume ha un impeto indipendente dalla nostra volontà, spesso come il nostro destino, e ci obbliga immancabilmente a ricalibrare i nostri obiettivi e nel frattempo a rivalutare il viaggio più della meta prefissata. L'arrivo al mare è una tregua o forse disillusione ... sicuramente la certezza dell'impermanenza della nostra identità.
A questo punto direi di spendere qualche parola per i brillanti strumentisti che ti accompagnano in questa nuova “avventura” …
Certo volentieri ... ho reclutato tanti musicisti per avere un ventaglio di approcci sonori variegato e che mi permettesse di adattare le diverse caratteristiche alle mie esigenze sonore e strumentali. Sono tutti musicisti che hanno suonato nella band in maniera stabile per alcuni e che tuttora fanno parte della line-up che mi segue live ... altri lo sono stati per anni per poi proseguire nei loro progetti.
Alle chitarre, oltre al sottoscritto che ne ha suonate la maggioranza, abbiamo Davide Dabusti che collabora con me da più di 20 anni e tuttora presente nella band; Andrea Toninelli nella band da 12 anni e tuttora presente; Daniele Tosca al basso nella band da 7 anni e tuttora presente; Marcello Baio alla batteria in 3 brani del disco e nella band da 15 anni e tuttora presente; Marco Lazzarini batteria in 7 brani del disco ed ha fatto parte della band per alcuni anni; Roberto Tassone alla batteria in 1 brano del disco e che ha fatto parte della band per alcuni anni e ha partecipato a 3 tour Europei; infine Paolo Apollo Negri all’Hammond ,Moog e Piano Rhodes, ha fatto parte insieme al sottoscritto per anni nei Wicked Minds, tre dischi e tante tournée insieme. Come puoi notare tutti musicisti con un denominatore comune.
Di musica io mi limito, purtroppo, a parlarne (o a “farneticarne”, secondo qualcuno …), ma sono certo che quelli che tra i nostri lettori sono anche musicisti, saranno interessati a conoscere alcuni dettagli sull’equipaggiamento tecnico che utilizzi …
Ah, ah ... Si certo ... allora per quanto mi riguarda sul disco ho usato chitarre elettriche Gibson Les Paul Custom e Standard e testata Peavey 5150 e Marshall Plexi con cassa Marshall, chitarre acustiche Takamine e Dobro Dean.
Ricordo con enorme piacere la tua collaborazione con la Band di Jimi Barbiani … qualche altra collaborazione in “cantiere”? E con chi, tra i tanti nuovi frequentatori del vintage-rock ti piacerebbe condividere uno studio di registrazione o un palco?
Per il momento ho abbandonato le tante collaborazioni che ho intrapreso nel corso degli anni, che sono state sicuramente molto stimolanti, per concentrarmi principalmente sul mio progetto che certamente rappresenta l'essenza di ciò che amo mettere in musica ma non si può mai sapere ... posso aggiungere che ultimamente amo molto ascoltare i Dirty Honey, Dead Daisies , The Georgia Thunderbolts, Naked Gipsy Queens, Rival Sons anche se dubito possano esserci troppe possibilità di incontro... ah, ah.

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Quando ci siamo sentiti per organizzare questa chiacchierata, eri appena tornato dal un tour europeo con la tua band ... cosa ci puoi raccontare su questa esperienza? Quali saranno i vostri prossimi appuntamenti live?
Si, siamo appena tornati da un fantastico tour in Europa che ha toccato Belgio, Olanda e Francia ... un'esperienza veramente appagante che ormai porto avanti da più di 20 anni. Suonare all'estero è come riconciliarsi con il concetto di musica, in quanto la dedizione, appartenenza e sensibilità musicale che incontriamo oltre i confini nostrani sono decisamente più viscerali e sentite ... partendo dai gestori dei club che spesso sono i primi appassionati sfegatati del concetto di rock come stile di vita e appartenenza ed adeguano i loro locali e clienti a questa dimensione che vede la musica live ancora come evento altisonante ... non a caso si finiscono i concerti a vendere dischi, merchandising in grandi quantità firmare autografi ed ad ascoltare ancora musica dai loro impianti al bar condividendo birra e buon umore ... il buon vecchio e sano rock'n'roll mood … saremo presto a Genova al Crazy Bull a presentare l'album ed a Piacenza per un paio di serate. Ed altre in via di programmazione.
L’altra volta avevamo trattato brevemente la questione del downloading … oggi sembra che il vinile (se non addirittura l’audiocassetta …) abbia riconquistato posizioni nei gusti dei rockofili … solo una forma di “feticismo” o qualcos’altro?
Mah, penso che forse, e me lo auguro, la gente abbia voglia di ritornare ad associare la musica ad un oggetto da portarsi a casa per poterlo esplorare ed apprezzare pienamente ... ma nella frenesia contemporanea dell'accesso e usufrutto veloce a tutto quindi a nulla questo approccio rimanga appannaggio di una ristretta nicchia che spero si espanda sempre più per contrastare questa smania di contemporaneità che spesso toglie invece che aggiungere qualità e stimoli ...
Siamo alla fine e a questo punto, come di consueto, lascio a te, dopo averti ringraziato per la disponibilità, le ultime parole dell’intervista …
Ti ringrazio innanzitutto Marco per la tua tempestività e accoglienza sulle pagine di Metal.it che da sempre è attento e curioso termometro musicale. Grazie anche per la competenza e passione che metti nelle tue interviste da tanti anni. Voglio solo ricordare e incentivare i lettori ad acquistare ancora i cd fisici che rimangono la testimonianza di un percorso artistico e di un duro lavoro fatto e che vuole essere trasmesso a chi ancora non vuole svendere il concetto di musica ad una mera forma di intrattenimento e di non reale indispensabilità ... andare ai concerti ed acquistare cd e vinili tiene vivo l'underground musicale ... potete acquistare le mie ”release” su www.jccynel.com, su jccinel.bandcamp.com, sulle mie pagine facebook J.C.CINEL e Jc Cinel e ovviamente tramite Andromeda Relix e Black Widow Records.
Vi aspetto on the road...

Photos provided by J.C. Cinel for free promotional use.
Intervista a cura di Marco Aimasso

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