I Backlash sono una nuova brillante proposta artistica che con il suo debutto discografico intitolato “Time to impact” (patrocinato dalla Art Of Melody Music / Burning Minds Music Group) ha deliziato tutti i sostenitori del rock “adulto”, confermando, così, l’eccellente stato di salute della scena italica di riferimento, nei suoi migliori rappresentanti ormai pienamente in possesso del necessario “respiro internazionale”.
Ecco come Andrea Frighi, portavoce della band (completata dall’ex Xteria e Perfect View Massimo Ordine e dal bassista originale dei Crying Steel Angelo Franchini) per un doveroso approfondimento, ha illustrato con accuratezza e dovizia l’approccio dei Backlash alla materia melodica, nonché esposto un’interessante riflessione su come possa essere recepito il rock n’ roll nel 2025 …

Ciao Andrea, complimenti per vostro debutto discografico e benvenuti su Metal.it! Cominciamo dall’inizio … presentate la band ai nostri lettori e raccontateci “tutto” sulla genesi dei Backlash …
Ciao Marco e grazie per ospitarci nello spazio di Metal.it!
L’alba dei Backlash inizia da due binari paralleli che si sono poi uniti: un binario ha origine a partire dagli anni ’90 quando con
Angelo Franchini (fondatore e bassista dei Crying Steel) lavoravamo alla stesura delle mie prime idee, ci confrontavamo sugli arrangiamenti che proponevo e poi lui sviluppava le linee vocali.
Anche se in modo saltuario, negli anni abbiamo realizzato tanto materiale che abbiamo messo “nel cassetto”. L’altro binario ha invece origine nel 2015, anno in cui è nato il sodalizio con
Massimo Ordine (cofondatore e voce nei primi due album dei Perfect View) col quale è scattata da subito una grande chimica compositiva, prolifica sia su idee preesistenti, sia su materiale nuovo. Dopo aver riempito un altro metaforico “cassetto” pieno di arrangiamenti, canzoni finite e non, abbiamo deciso di coinvolgere Angelo che si accomuna a noi per metodo e approccio creativo. Di nuovo ci siamo dati da fare, ma questa volta tutti e tre assieme, definendo in modo conclusivo arrangiamenti e parti mancanti nella musica preesistente e in quella che abbiamo composto ex novo. A questo punto da qualche canzone nel “cassetto” ci siamo ritrovati con un repertorio che riempiva un “armadio” musicale che stava rischiando di farci finire fuori casa: o uscivamo noi o facevamo in modo di finalizzare i nostri sforzi e fare uscire la nostra musica. I tempi erano maturi per poter avviare un progetto che potesse svilupparsi in prospettiva, così abbiamo selezionato 12 tracce che ci rappresentassero e ci siamo buttati!
Domanda “frivola”, del tipo “vuoi più bene alla mamma o al papà”: per la vostra formazione sono stati più importanti i Bad English (vedi il monicker del gruppo) o i Giant (vedi assonanza con il titolo dell’albo)?
Beh in genere in una famiglia (band) felice si vuole bene allo stesso modo sia alla mamma che al papà, però portando avanti la tua metafora “familiare” va detto che nel nostro caso c’erano anche un mucchio di altri “parenti” di mezzo! Nel senso che abbiamo tantissime influenze che si miscelano ed emergono in modo a noi inconsapevole in quello che suoniamo: Max raccoglie la sfida e risponde prontamente Bad English e Toto, ma come lui anche Angelo ed io amiamo Giant, Journey, Survivor, FM e tanti altri, così come l’hard rock anni ’70 – ’80 per non parlare di altri generi coi quali contaminiamo la nostra musica per cercare di svecchiarla e proporla in modo non datato. Per la nostra formazione davvero diventerebbe limitativo e forse fuorviante citare solo i Bad English ed i Giant, ma senz’altro anche per noi sono tra le prime influenze da citare!
Recuperando una certa “serietà”, considero “Time to impact” un gioiellino di raffinata materia melodica, in cui i modelli ispirativi, spesso di natura “classica”, sono stati trattati con una sensibilità e cognizione di causa davvero spiccata … quali erano gli intenti espressivi principali del progetto? Ritenete di aver raggiunto interamente gli obiettivi prefissi?
Non abbiamo avuto altre priorità che non fosse emozionare facendo musica che ci facesse emozionare e che facesse emozionare chi l’ascolta.
Con parole di Max: “
ci siamo solo divertiti a esprimere una passione per il genere che ci accompagna da sempre. Gli obiettivi li abbiamo raggiunti, ma non erano ‘programmati’ in quanto tali!”
Noi anche da ‘ascoltatori’ quali siamo, ci emozioniamo ancora ad ascoltare “
Time To Impact”. Crediamo sia perché la nostra creatura è sincera, nata senza compromessi e senza preoccupazioni di ‘piacere’ o meno; speriamo e crediamo che questa veracità e quest’intento siano stati percepiti.
I nostri modelli ispirativi, ormai assorbiti e metabolizzati negli anni, hanno lavorato dentro di noi ad un livello troppo profondo e incontrollabile perché fosse consapevole: questo dovrebbe aver contribuito a dare un’impronta un po’ più personale a come approcciamo questo genere di musica.
Il disco è pieno di belle canzoni, variegate e coinvolgenti … ti chiedo di approfondire brevemente le mie preferite, ovvero “Aimless games”, “All on the line”, “No shelter from the blues” e “Forever night” …
“
Aimless Games” come traccia d’apertura è stata una scelta scaturita in modo molto naturale, nonostante l’idea di un disco dalle tracce eterogenee ci siamo trovati d’accordo che, senza voler nulla togliere alle altre tracce, il primo pezzo che apriva il disco doveva essere quello che per noi rendesse meglio l’idea di ‘impatto’, rappresentandoci: potenza e armonia che scorrono sotto la ‘passionale arroganza’ della voce di Max.
“
All On The Line” scorre al ritmo del cuore che batte quando si scommette tutta la posta in gioco: adrenalina che si alterna a momenti per riprendere fiato, fino al crescendo finale di massima tensione. Il testo, come si intuisce, si riferisce alla nostra scommessa con “
Time to impact” e al desiderio di riscatto dopo tanto lavoro.
“
No Shelter From The Blues”: un altro pezzo che ben ci rappresenta lasciando invariata potenza e passionalità, ma cambiando totalmente mood, ingranando le marce basse rende in alcuni frangenti più esplicite le nostre diverse influenze.
Così è anche per “
Forever Night” che omaggia l’AOR più tradizionale di stampo Journey, ma mantiene un sound volutamente carico e omogeneo a quello delle altre tracce.
In “Tumbleweed” affiorano bagliori di una forma di “spiritualità” espressiva che mi piacerebbe venisse anch’essa sviscerata …
Il sound si è sviluppato in modo molto spontaneo in una direzione southern-rock, più affine a Van Zant e al country-blues, ma ancora una volta l’interpretazione ed il timbro riconoscibile di Max in primis, assieme agli arrangiamenti, hanno fatto sì che il pezzo non si “scollegasse” dagli altri e mantenesse la stessa impronta.
Il testo descrive, con la metafora dell’arbusto secco che rotola nel deserto arido, un’anima senza radici, senza casa e senza destinazione che paga la libertà con la solitudine, ma che proprio attraverso il deserto raggiunge il posto a cui appartiene.
Questa traccia è una tra le preferite di Max come sonorità, è quel west-coast a cui tanto ambiva nella sua visione di rock e nei suoi vari progetti, mai concretizzato prima d’ora, tanto che nel 2003 è andato a Los Angeles per ricercare quelle atmosfere ormai scomparse!
Rimanendo nel tema, di cosa preferite parlare nei vostri testi? Quanto sono importanti le liriche nell’economia complessiva della vostra proposta artistica?
Innanzitutto, ci teniamo tantissimo a ringraziare
Fabio Fratti e
Mario Mutti che hanno creduto, negli anni, in questo progetto ed hanno contribuito con i testi alla nostra proposta musicale senza mai mollare la presa.
Le liriche per noi sono parte integrante del tessuto musicale ed emotivo dell’album e sono state curate sia per i contenuti, ma anche per come influiscono sulla sonorità dei brani.
Preferibilmente trattano di passione, di emozioni e di vissuto introspettivo.
All’albo hanno contribuito ospiti di rilievo, tra i quali spicca il nome di Lee Small … ti chiedo di raccontarci qualcosa di loro ed in particolare sul coinvolgimento del prestigioso cantante inglese … cosa ha “dato” la sua voce a “Cold case of rock ‘n’ roll”?
Gli ospiti dell’album sono musicisti che mi hanno accompagnato negli anni e a cui va la nostra più profonda gratitudine:
Mirco Zuffa (batterista e ancor prima tastierista di lungo corso) e
Massimiliano Mosci (veterano della chitarra blues) sono amici di lunga data che hanno valorizzato i brani arricchendone l’emotività che per noi è una priorità ancor prima della mera qualità musicale.
La chitarra solista di
Luigi Bellanova è invece protagonista in ben sette brani e spicca per energia e passionalità, arricchendoli di un virtuosismo che mai è fine a sé stesso, ma sempre al servizio del pezzo.
Lee Small invece si è reso disponibile a comparire in questo cameo sfruttando la pausa natalizia dal tour con gli Sweet (dove veste i panni di bassista - seconda voce), prestando la voce al nostro brano. “
Cold Case of Rock’n’Roll” è quello che presenta, seppur contaminata, una sonorità più classic rock che si è integrata in modo energico col suo timbro graffiante e la sua interpretazione soul. Potremmo definirla nello spirito come la “
Born to be wild” dei Backlash.
Il disco è stato registrato, mixato e masterizzato da Roberto Priori, un vero “mastro” del settore … quanto è stato importante il suo apporto per l’efficacia e l’equilibrio sonoro dell’opera?
Roberto è stato determinante per entrambe: ci ha dato metodo, disciplinandoci per traghettarci alla destinazione finale che non ci era ancora del tutto nota. Sapendo interpretare la sensazione che volevamo ottenere col nostro sound, lo ha definito in modo creativo, riuscendo a dargli un corpo potente ed energico nella sezione ritmica di batteria e basso, rendendo aggressive le chitarre ed al contempo ha saputo equilibrare le tastiere ed i synth in modo che avessero la giusta rilevanza. A chiudere il cerchio è stata la produzione della voce di Max che riteniamo un elemento caratterizzante per riuscire ad avere una sonorità distintiva.
Questione live, sempre piuttosto “critica” dalle nostre parti per chi suona musica originale … quali sono le prospettive da questo punto di vista?
Per ciò che riguarda le prospettive live non ci siamo posti il problema perché essendo un album di debutto e non avendo ancora un seguito significativo lo riteniamo prematuro. Questo apparente limite da un lato ci lascerà la libertà di muoverci come preferiremo nei mesi a venire senza dover inseguire una particolare aspettativa di pubblico.
Per ora ci godiamo il momento, impegnandoci nel supportare, per ciò che ci compete, l’ottimo lavoro che sta facendo la
Burning Minds, la nostra etichetta, nel promuoverci.
Poi valuteremo, nel caso vi siano i presupposti, se orientarci all’attività live o se aprire uno dei nostri “cassetti” nel nostro “armadio-repertorio” pieno di pezzi e buttarci a capofitto a lavorare al secondo capitolo dei Backlash.
C’è una (o più di una …) canzone di qualche altro gruppo che avreste voluto scrivere? E quali sono, invece, quelle che ritenete perfette per essere coverizzate dai Backlash (e sulle quali, magari, ci state già lavorando …)?
Ce ne sarebbero parecchie di canzoni che avremmo voluto scrivere e potrebbe non essere immediato individuare quella o quelle che a tutti e tre piacerebbe coverizzare poiché all’interno di un background di gusto comune tra di noi talvolta abbiamo anche gusti divergenti: Max ha preso in considerazione “
I’ll be Over You” dei Toto che valorizzerebbe in particolare la sua voce però senza galvanizzare Angelo o me, però ad esempio “
Forget Me Not” dei Bad English, “
Don’t Stop Believing” dei Journey o “
Arms Of A Stranger” dei Signal magari ci lascerebbe tutti e tre col sorriso!
Fino ad ora però non ci abbiamo mai pensato seriamente e non abbiamo previsto di mettere in lavorazione alcuna cover …
La notizia recente che il rap è uscito dalle prime posizioni di Billboard per la prima volta dopo 35 anni mi aveva dato qualche speranza sul “rinsavimento” dell’umanità 😊… a quanto pare, per quello che valgono oggi tali graduatorie, si è trattato sostanzialmente di fattori extra-musicali … se escludiamo i “miti” del genere, il rock, nonostante qualche “segnale debole”, sembra aver perso gran parte del suo appeal, soprattutto tra le culture giovanili … quali sono le sue “colpe”?
Il sentire di chi ascolta musica e come la approccia è qualcosa di veramente personale, diverso da persona a persona e contaminato in modo significativo dal proprio vissuto, dai ricordi e da tanti altri fattori emozionali che influenzano il gusto d’ascolto.
Quello che ho avuto modo di osservare è che diversamente dall’Italia, ed in particolare dall’Italia degli anni ’80, all’estero c’è un approccio più libero, senza gabbie mentali: le stesse persone che una sera vanno ad un concerto dei Metallica la settimana prima possono essere state, con lo stesso entusiasmo, ad ascoltare i Backstreet Boys o Lady Gaga … Chissà, forse la nostra generazione interpreta erroneamente l’interesse per altri generi come perdita di appeal per il rock: che la nuova platea di ascoltatori abbia semplicemente acquisito un gusto meno specifico? Difficile da valutare. L’importante per noi è continuare a suonare e promuovere il genere che a noi piace: il rock in tutte le sue forme!
Siamo alla fine e a questo punto, come di consueto, lascio a voi, dopo averti ringraziato per la disponibilità, le ultime parole dell’intervista …
Ancora grazie a te e a Metal.it che con entusiasmo dà voce a band come la nostra dandoci la possibilità di avere visibilità e risonanza creando interesse attorno alla musica che amiamo.
Avanti tutta!
Band photos provided by Burning Minds Music Group for free promotional use.