EDGUY (Tobias Sammet, vocals)

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Gruppo:Edguy

Il nome Edguy è divenuto da qualche anno a questa parte sinonimo di grande qualità all’interno del mondo metal: da quando, nell’autunno del 2001, il loro leader Tobias Sammet ha dato alle stampe la prima parte della sensazionale “Avantasia”, metal opera che ha coinvolto i più grandi nomi del gotha metallico, da Michael Kiske a David De Feis, da Andre Matos a Timo Tollki, la band di Fulda è letteralmente esplosa nelle preferenze dei metal kids italiani. Per amor di verità c’è comunque da dire che i giovani tedeschi non hanno mai sbagliato un disco: a partire dal 1995, anno dell’uscita dell’acerbo ma ottimo “Savage Poetry” (poi ripubblicato nel 2000), fino ad arrivare ad “Hellfire club”, disco che ha segnato il loro passaggio alla prestigiosa Nuclear Blast, la loro carriera è stata una continua ascesa.
Non fa eccezione il nuovissimo “Rocket Ride”, un lavoro suonato da una band in gran forma, e che è in possesso di tutte le caratteristiche per piacere ad ogni metal fan che si rispetti, e per consacrarli come una delle band più importanti del metal mondiale.
Ne abbiamo parlato con un simpaticissimo Tobias Sammet in un lussuoso hotel milanese subito prima di Natale, con la città invasa dal freddo e da una folla indescrivibile di persone occupate negli ultimi acquisti…

Allora Tobi, come va? Stanco di questa lunga promozione?

No, non troppo! A parte il fatto che arrivo dalla Svezia e stamattina mi sono alzato alle 5 per prendere l’aereo! Comunque sono ancora sveglio, anzi, se dovessi vedere che mi appisolo (l’ho già fatto un paio di volte prima!) non ti preoccupare: non sei tu che sei noioso, sono solo stanco!

Ok, non ti preoccupare, non mi offenderò! Dunque, iniziamo a parlare di questo “Rocket Ride”: ti faccio subito i complimenti perché è un disco davvero ben riuscito!

Grazie mille davvero! Sì, anche a me piace davvero molto, ne siamo tutti molto orgogliosi, la stampa pare lo stia apprezzando particolarmente, e credo che quello che apprezzino di più sia il fatto che non abbiamo voluto agire di comodo, non abbiamo voluto fare un qualcosa per sentirci tranquilli, ma, al contrario, abbiamo osato cose nuove: abbiamo scritto le canzoni abbastanza normalmente, come facciamo di solito, sono venute fuori delle tipiche Edguy songs, dopodiché abbiamo voluto farci produrre da un esterno, cosa che non era accaduta precedentemente. La scelta è caduta su Sascha Paeth, ed è stato davvero eccitante, perché questo ci ha permesso di esplorare territori nuovi, di incorporare nuove influenze… penso che sia per questo che la stampa sta apprezzando così tanto questo lavoro, pensa che persino in Inghilterra è piaciuto…

Cosa abbastanza strana, visto l’aria che tira da anni da quelle parti…

Sì, è davvero strano, infatti devo dire che sono un po’ preoccupato, non vorrei avessimo sbagliato qualcosa (ride)!
Ad ogni modo sono davvero contento, credo che questo sia un disco molto vario, ambizioso, un disco che spacca il culo, maturo, ma allo stesso tempo anche molto “infantile”: dico questo in senso positivo, vuol dire che nonostante questo sia un album serio, abbiamo saputo dimostrare che ci divertiamo ancora tantissimo a fare musica…

In effetti mi sembra che, rispetto ai due dischi precedenti, siate ritornati ad un’attitudine maggiormente spensierata…

Sì, ma ti do ragione solo in parte: probabilmente “Hellfire club” era oscuro da un certo punto di vista, ma non dimenticare che c’erano anche songs come “Lavatory love machine”, “Rise of the morning glory”, “Lucifer in love”, che sebbene fosse solo un breve strumentale era comunque una sorta di scherzo… poi nell’ep “King of fools” c’era “Life and times of a bonus track”… insomma, abbiamo sempre avuto queste cose sui nostri dischi, e forse adesso la cosa nuova è che tutti possono vedere ancora più chiaramente che ci sono, a partire dalla copertina!

Un titolo come “Rocket ride” è semplicemente uno scherzo, o c’è un messaggio nascosto tra le righe?

Assolutamente no, è soltanto uno scherzo! “Rocket ride” ha un testo molto leggero, senza pretese… tendo sempre ad essere molto estremo in entrambi gli aspetti, quello serio e quello più scherzoso: vedi, ci sono stati momenti nella mia vita, in cui ho pensato troppo al senso della vita, in cui ho cercato di esplorare e di spiegare qualsiasi cosa… come in Avantasia, ad esempio, con tutte quelle teorie di cospirazioni…
A volte ti metti a pensare troppo al significato della vita, a “dovrei fare questo” e “no dovrei fare quello”, ma alla lunga, se pensi solamente a questo prima o poi ne esci pazzo, per cui a volte devi semplicemente dirti: “Ok, sono un essere umano, sono parte di questo mondo incivilizzato (ride), e non sono per forza obbligato a pensare tutto il giorno!” Voglio dire, qualche volta uno può volere semplicemente divertirsi, e questo è quello che rappresenta “Rocket ride”: parla del fatto che a volte bisogna smetterla di pensare troppo a certe cose, e magari mettersi a guardare cose stupide in televisione… questo è quello che voglio fare adesso, ma ci sono stati momenti nella mia vita in cui avevo un’opinione diversa riguardo a questo! Che cos’è questa roba (guardando le tartine alla polpa di granchio che gli hanno appena portato come aperitivo)? Cipolla? (Dio mio, come ha fatto a scambiarle per delle cipolle?)

No, è pesce… è granchio… (e segue un siparietto abbastanza divertente perché Tobi non conosceva la traduzione inglese di questo termine e quindi ho dovuto spiegarglielo a gesti, non parlando il sottoscritto una mezza parola di tedesco!)

Ah, è buono comunque…

Senti, già che siamo in tema di pesce e mare: che cosa mi puoi dire di “Trinidad”? A me sembra un po’ la “Lavatory love machine” parte seconda…

“Trinidad” è stata pensata come un gioco, avrebbe dovuto essere una bonus track, esattamente come “Lavatory love machine” tra l’altro! Agli altri della band non piaceva molto all’inizio, anzi, diciamo proprio che la detestavano, per cui ho detto loro di considerarla semplicemente come una bonus track, ed essi hanno accettato. Se non che, quando Sascha ha sentito il pezzo, ne è rimasto entusiasta e ha preteso a tutti i costi che la mettessimo nel disco…

Mi sembra di averla già sentita questa storia…

Oddio è vero! E’ accaduta la stessa cosa per “Lavatory love machine”, e anche allora c’era Sascha implicato! (ride)
Certo, è diverso, perché etichettare una canzone come bonus track è semplicemente una scusa, in questo modo non devi avere paura delle reazioni della stampa… comunque io non ho paura della stampa, possono pure colpirmi, sputarmi in faccia, non me ne frega nulla!
Già, a noi non interessa di scusarci con qualcuno, volevamo mettere le canzoni sull’album così com’erano, per cui abbiamo fatto sia “Trinidad” che “Fucking with fire” (la vera e propria bonus del disco).

Ma tu sei mai stato a Trinidad?

No, ma ci verranno loro con la squadra di calcio, ho appena saputo che si sono qualificati per i mondiali in Germania (ride)!

Già, infatti quando ho ascoltato la canzone pensavo che il motivo ispiratore potesse essere stato questo…

No, è una cosa che ho saputo dopo, ma ho riso tantissimo, pensa, è un posto che non sarà grande neanche come la periferia di Milano…

Hai parlato spesso del tuo essere cristiano: che cosa vuol dire per te essere cristiano nel mondo di oggi?

Non mi ho mai pensato a questo come a una etichetta da appiccicarmi addosso, non vado in giro dicendo “Hey, sono cristiano!”, in realtà non so nemmeno davvero se lo sono! Certo, sono stato educato come cattolico, ma ho anche scoperto delle cose veramente stupide di questa religione, cose che per me non hanno alcun senso, c’è inoltre molta ipocrisia in tutto il mondo religioso… alla fine mi sono però reso conto che sono stato tirato su con un certo senso morale, e credo che sia questo il lato positivo dell’essere cristiani. Prendi il discorso della montagna ad esempio: tutto quello che c’è scritto lì ha senso, se tutti vivessero in quel modo questo sarebbe davvero un mondo migliore in cui stare! In questo senso penso di avere delle influenze cristiane, ma per il resto non lo so, credo semplicemente nelle belle cose, nel non far mai male a nessuno, nel “vivi e lascia vivere”, e in questo senso penso di avere qualcosa in comune col cristianesimo…

Che cosa ne pensi della situazione odierna dell’heavy metal? Quando vi ho conosciuto, ai tempi di “Vain glory opera”, eravate ancora una piccola realtà emergente, ma adesso potreste davvero porvi tra i nomi di punta della scena, considerato anche che molti dei nomi storici sembrano essere parecchio in declino…

E’ veramente difficile, sinceramente non saprei cosa dire, anche perché non mi va di giudicare altre bands… ho ascoltato “Brave new world” dei Maiden e devo dire che era un buon album, ma credo comunque che il grosso problema della scena metal sia che sta perdendo l’eccitazione, e sta rischiando di diventare una parodia di se stessa. Certo, forse qualcuno potrebbe giudicare anche noi allo stesso modo, ma io francamente non mi vedo così, a mio parere siamo una band a cui piace trarre piacere e divertimento dalla propria musica. Certo, scriviamo musica seria, registriamo dischi seri nei quali investiamo anche un sacco di soldi, ma allo stesso tempo non ci prendiamo mai troppo seriamente. Vogliamo divertirci, ed è proprio per questo che abbiamo chiamato Sascha: avremmo potuto anche fare una produzione minore da soli, e sarebbe andato bene lo stesso, come del resto era accaduto per “Hellfire club”, ma abbiamo voluto rendere il tutto più eccitante per noi stessi! E’ per questo che chiamare un produttore come Sascha, spendere un sacco di soldi e mettere cose stupide sul disco fa tutto parte della stessa strategia, che è quella di divertirsi con la propria musica!
Spesso ho l’impressione che ci siano molte bands che rischiano di diventare degli stereotipi, che fanno solo quello che la gente si aspetta da loro: si vestono in un certo modo, mettono i draghi nelle copertine, cantano certe cose, si comportano in un certo modo: fa tutto parte di un cliché, e credo che alla lunga questo non potrà che stancare il pubblico… voglio dire, chi vorrebbe mai sentire la settima copia della settiman copia della settima copia di una band (credo stesse parafrasando il titolo di un celebre disco dei Maiden)? E tutto questo perché non osano essere se stesse, non osano saltare fuori dall’ombra di altre bands, e dire semplicemente: “Hey, indosso pantaloni pezzati, e mi piace mettere stupidi giullari a cavallo di un razzo nelle mie copertine (si riferisce alla buffa cover di “Rocket ride”), e sono comunque un heavy metal fan!” Comunque ci sono altre bands che la pensano come noi, e credo che questa musica alla fine andrà avanti, anche se stiamo indubbiamente attraversando un periodo difficile… detto, questo noi non ci vediamo certo come dei leaders, non abbiamo intenzione di porci a capo di questa corrente musicale…

Parliamo ora del vostro prossimo tour: puoi già anticiparmi qualcosa?

Suoneremo un concerto qui in Italia a febbraio, e per la prima volta porteremo da voi la nostra intera produzione, con tutti gli effetti, le scenografie, ecc. credo che sarà un’ottima cosa, la nuova produzione è veramente interessante! Non sappiamo ancora con certezza quali e quante canzoni suoneremo, credo che ce ne saranno cinque o sei dal nuovo album, poi i soliti classici e anche qualcosina che non facciamo da un po’ di tempo… certo, alla fine bisognerà sempre scendere a compromessi, ci sono delle canzoni che devi suonare per forza, tipo “Vain glory opera”, tutti vogliono sentirla quella, poi ci sono le canzoni nuove da scegliere… insomma, è veramente molto difficile mettere insieme un buon set. Alla fine credo che faremo 14-15 canzoni, per un totale di circa cento minuti di musica, qualcosa del genere. Dipenderà molto da quello che la gente vorrà sentire, noi siamo pronti a suonarne tante, vedremo quello che la gente vorrà…

Una delle canzoni che mi hanno colpito di più su “Rocket ride” è “Save me”: non hai mai pensato di realizzare un disco solista completamente ispirato al pop rock più melodico? Ti vedrei bene anche in quella veste…

Non ci ho mai pensato sinceramente! Non avevo neanche il tempo per fare “Avantasia”, che era una cosa sinceramente molto più complicata… guarda, davvero non lo so: ho 28 anni, per cui avrò probabilmente altri quaranta album da realizzare nella mia vita, può darsi che uno di questi sarà di pop rock!

Un’ultimissima domanda e ti lascio andare: come vedresti un ritorno di Michael Kiske negli Helloween, anche solo per un tour?

Mmmm… no, non credo proprio che lo farà, penso che sarebbe preoccupato di perdere la sua credibilità, perché ci sarebbero veramente tanti fan che lo accuserebbero di averlo fatto solo per soldi… certo, da parte mia mi piacerebbe perché così avrei la possibilità di vederli dal vivo nella loro line up classica, ma non credo proprio che sarà una cosa che accadrà mai…

Intervista a cura di Luca Franceschini

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