Intervistare David De Feis, cantante e leader indiscusso dei Virgin Steele, non è stata una cosa di routine: da quando, un paio di anni fa, ebbi la fortuna di collaborare all’organizzazione del Tradate Iron Festival, nel quale la band americana fu invitata in veste di headliner, sono legato a lui da una bella amicizia, che va oltre il fatto che consideri la sua creatura come una delle migliori bands attualmente in circolazione nel panorama heavy metal.
E’ francamente difficile capire cosa ci faccia un personaggio come David De Feis (che sembra uscito direttamente dal testo di una sua canzone!) nella New York moderna e cosmopolita del 2006, ma la sincerità e l’attaccamento con cui vive il suo mestiere, nonché l’affetto incondizionato nei confronti dei suoi fans, lo rendono una delle persone più belle e interessanti di questo ambiente musicale. Così, quando in un caldo pomeriggio di luglio ricevo la sua chiamata dall’altra parte dell’Oceano, non mi viene certo in mente che sto facendo un’intervista…
Quello che segue è il resoconto completo di una chiacchierata piacevole e informale con un amico, ma getta luce sufficiente su “Visions of Eden”, il nuovo, attesissimo lavoro dei Virgin Steele, in uscita l’8 settembre. E a un amico, si sa, si perdona tutto, anche il fatto di aver realizzato un concept album che pare una versione colta de “Il Codice Da Vinci” e di rilasciare dichiarazioni quanto meno bizzarre sugli sviluppi della nostra civiltà… caro David, era meglio se rimanevi sulla tragedia greca, ma ti voglio bene lo stesso!
La prima cosa che mi verrebbe da chiederti è come mai ci avete messo così tanto tempo per fare uscire un nuovo disco… è passato un bel po’ da “House of Atreus Pt.II”…
Già, quattro anni per la precisione! Non c’è una ragione precisa, diciamo che si è trattato di un insieme di circostanze: tra il 1999 e il 2003 abbiamo fatto uscire tantissima roba, abbiamo fatto “House of Atreus”, che in pratica era un triplo cd, “The book of burning”, che conteneva canzoni nuove e pezzi vecchi completamente rifatti, poi abbiamo fatto uscire le ristampe dei nostri primi due album, completi di bonus tracks… insomma, troppa roba in un così breve periodo di tempo! Ho pensato quindi che la gente avrebbe potuto stancarsi di tutto ciò, e che sarebbe stato meglio prendersi una pausa di un anno. Durante questo periodo ho composto e allestito un’opera metal chiamata “Lilith”, che è andata in scena in Germania, e alcune delle composizioni di questo lavoro appaiono anche in “Visions of Eden.” Mentre lavoravo a questo progetto, è accaduto però che non mi fermassi più di scrivere! Ho composto circa sessanta pezzi, alcuni strumentali, altri acustici, altri heavy, altri epici… un sacco di roba insomma! Vedi, il fatto è che ho costruito questo studio in casa mia, per cui passavo un sacco di tempo a comporre, lavoravo come un pazzo, anche sedici ore al giorno, ero solo io e basta, non c’era nessuno che mi dicesse di fermarmi per cui perdevo veramente il senso della misura, ero come posseduto! A questo punto ho pensato che avrei fatto uscire un box set, o alla peggio un doppio o un triplo cd, quando finalmente la casa discografica mi chiama e mi chiede che cosa stessi combinando… gli ho esposto la mia intenzione di pubblicare un lavoro multiplo ma loro si sono decisamente rifiutati! A quel punto sono dovuto tornare sui miei passi, operare una selezione di materiale, e concentrare tutto in undici canzoni, che sono poi quelle che hai in mano tu ora…
Se dovessi individuare delle differenze tra questo nuovo lavoro e “House of Atreus” che cosa diresti?
Dunque… non ci sono più interludi strumentali tra una canzone e l’altra, si tratta di undici canzoni e basta, perché ho concentrato in esse tutti quegli elementi che di solito distribuivo su più tracce. Il risultato è che i brani sono tutti piuttosto lunghi, ma credo che alla fine il tutto risulterà maggiormente assimilabile ai più. Diciamo però che la caratteristica principale è questa melanconia che pervade il lavoro… oddio, non che “House of Atreus” fosse un disco allegro (ride), però le canzoni di “Visions of Eden” sono state scritte tutte nel periodo autunnale e invernale, quando guardavo dalla finestra il paesaggio triste e cupo che c’era fuori… non so se hai già visto la copertina, con quelle nuvole nere in cielo, diciamo che ho cercato di catturare anche lì quel tipo di feeling che puoi ascoltare sul disco. Per il resto è un album epico come al solito, ma in più c’è questo non so che di oscuro, di misterioso… di malinconico appunto! Considera però che la versione che hai tu ora non è quella definitiva, dato che l’ho completato solo due giorni fa. Questo vuol dire che il master finale sarà un po’ diverso, anche se già così ti puoi fare un’idea piuttosto precisa di come suonerà…
Sinceramente la mia impressione (imprecisa molto probabilmente, dato che non ho avuto tutto questo tempo per ascoltarlo) è che si tratti di un disco meno “heavy” dei suoi predecessori…
Innanzitutto ricorda quello che ti ho appena detto: questa non è la versione definitiva! Il master finale conterrà molte più chitarre pesanti, e nel complesso suonerà molto più “in your face” che in precedenza… e poi scusa, che cosa vuol dire “heavy”? Heavy per me è un aggettivo che si riferisce alle canzoni per come sono state composte, eseguite e alla loro attitudine globale. Anzi, “heavy” è proprio un’attitudine, un modo di essere, non è un qualcosa che si può limitare alla produzione o ad un certo tipo di missaggio. Tante cose che sento in giro e che sono considerate “heavy”, a me suonano molto spesso come cose pompate artificialmente o come puro e semplice rumore. E’ la qualità drammatica della musica in questione a determinare il suo essere “heavy”.
E poi non credo che tu possa realmente comprendere questo disco dopo solo un paio di ascolti: è un lavoro che si rivela a poco a poco col passare del tempo…
Però sarai almeno d’accordo sul fatto che, nel complesso, la tua voce suona molto meno aggressiva, e che in generale hai preferito utilizzare un registro più melodico…
Sì, questa volta ho scelto di essere il più “musicale possibile”. Avrei potuto anche cantare in maniera più aggressiva, ma le canzoni non lo richiedevano in misura massiccia, mi sembrava esigessero una quantità di melodia maggiore. E poi uno non deve per forza martellare in continuazione gli ascoltatori per farsi sentire, mi spiego?
Hai detto prima che “Visions of Eden” risulterà nel complesso più ascoltabile: non pensi che la lunghezza media delle canzoni possa invece scoraggiare di più rispetto a quanto successo in precedenza? E’ corretto individuare alcuni elementi progressivi all’interno di questo lavoro?
E’ certamente un disco progressive, nel vero senso della parola, che è… “forward thinking” (si potrebbe tradurre più o meno come “pensare oltre” NDA). Non è dunque un disco alla Dream Theater, tanto per intenderci… forse si potrebbe dire che è più gotico del solito, ma, sinceramente, non lo trovo un album difficile. Credo che dipenda più che altro dai riferimenti musicali di ciascun ascoltatore: se uno si sente a suo agio con gruppi quali Motorhead, Saxon, Iron Maiden… allora probabilmente troverà più ostico “Visions of Eden”, ma a me continua a suonare molto accessibile…
Vogliamo ora parlare dei testi? Sei sempre stato famoso per curare moltissimo questo aspetto e ho notato che anche questa volta hai deciso di realizzare un concept album…
Non è un disco sulla pace e sulla felicità bensì, all’opposto, di tormento e dolore. Il tema principale è quello dell’eliminazione del paganesimo e dello gnosticismo, e dello sradicamento di qualsiasi principio femminile di tipo divino. La divinità femminile è stata infatti surclassata dal principio maschile di divinità, incarnato dal concetto del “Dio-padre”, e questo ha coinciso più o meno con la nascita delle varie religioni organizzate. E’ un tema allo stesso tempo molto attuale, perché riguarda la relazione che c’è tra uomo e donna oggi: vedi, ho pensato molto in questi anni al motivo per cui siamo come siamo, per cui abbiamo tutti i problemi che abbiamo nel mondo e guardando al mito della creazione, a quello di Adamo ed Eva per intenderci, che poi è essenzialmente lo stesso per tutte e tre le religioni principali, ho visto che già a partire da lì la donna veniva messa in posizione inferiore. Andando indietro, ricercando le fonti di questo mito, mi sono reso conto che tutto questo è parte di una sorta di “propaganda”, se vogliamo chiamarla così, volta a sradicare dal mondo il principio divino femminile, volta a negare ogni aspetto femminile all’interno del concetto di divinità…
Beh, non sono così convinto: la nostra civiltà occidentale ha profondi debiti con la cultura cristiana e non mi pare che la Chiesa cattolica sia mai stata propugnatrice di un concetto “maschile” di divinità… dopo tutto Gesù Cristo è venuto al mondo tramite una donna, la quale non ha proprio un ruolo di secondaria importanza nell’impianto teologico del cristianesimo…
La vergine Maria è semplicemente una vestigia, è una versione molto, molto piccola della Grande Dea che era venerata in molte delle civiltà del Mediterraneo. Sì, possiede alcuni dei suoi attributi, ma non ha nessun tipo di potere, ed è sempre sottomessa all’uomo: perché, ad esempio, dovrebbe essere vergine? Questo deriva dal concetto negativo che la religione cristiana ha maturato nei confronti del sesso! Nel paganesimo non era affatto così: le sacerdotesse avevano abitualmente rapporti sessuali con gli stranieri all’interno dei templi, e andava bene così, non gliene importava nulla dei loro figli, il padre era completamente insignificante all’epoca. Ovviamente questa pratica è stata abbandonata nel momento in cui si è affermato il principio di un Dio maschile, e le varie sacerdotesse sono state considerate alla stregua di prostitute, perseguitate e uccise. Già, la nascita del cristianesimo è molto interessante, se la guardi da questa prospettiva…
Sarà, ma storicamente non mi convince proprio… da che cosa è scaturita l’idea di un concept di questo tipo?
E’ ormai dieci anni che studio e faccio ricerche su questo tema, che osservo come la Grande Dea sia all’origine di tutte le culture, anche se ha preso nomi diversi: Maria, Ecate, Iside… la massima ispirazione mi è venuta però dalla vita reale, guardando alla mia vita, a quella delle persone attorno a me, spesso mi è venuto da chiedermi: “Ma perché soffriamo sempre così tanto? C’è qualcosa di più che ci è stato promesso? Quando mai raggiungeremo quelle “Visioni del Paradiso”, a cui alludo nel titolo del disco?
E tu che idea hai in proposito? Qual è la tua personale “Vision of Eden”?
Dovrebbe essere un posto dove avere la possibilità di essere completamente liberi, di essere realmente ciò che siamo. E’ il potere rivelare la vera essenza di sé stessi agli altri, la possibilità di avere un dialogo aperto, sincero, senza per forza di cose fare una guerra per qualsiasi cosa. E’ il potere rispettare le differenze che ci sono tra di noi e potere vivere in armonia con esse.
Non hai mai paura di fare tanta fatica per niente? I tuoi testi risultano spesso molto ostici per chi non padroneggia più che bene l’inglese…
Certamente, può essere una cosa difficile se l’inglese non è la tua lingua madre, ma qualche volta anche se lo è! Sinceramente non ho mai parlato nei miei testi in maniera molto diversa da come faccio nella mia vita quotidiana, non è mai stata mia intenzione di utilizzare due linguaggi differenti. Certo, potrà non essere una cosa per tutti, ma non è necessario che la gente interpreti e capisca una canzone allo stesso identico modo di come l’ho intesa io. Quello che realmente è importante, è che le persone si accostino alle mie canzoni con i loro interrogativi, con i loro bisogni, e ne ricavino un qualcosa di significativo per le loro vite, qualcosa che abbia senso per loro. Potrebbe anche essere qualcosa di completamente diverso da come l’avevo inteso io, ma non importa, nel momento stesso in cui per loro fila, allora è ok. Alcuni ascoltano solamente la musica, ne ricavano un feeling positivo, e non hanno la più pallida idea di che cosa parlino i testi, ma va bene anche così! Certo, se vuoi andare a fondo di roba ce n’è, è solo che spesso e volentieri non sono concetti semplici, sono cose che ti entrano dentro progressivamente, che capisci magari dopo cinque, dieci, venti o trent’anni, man mano che cresci in “Mind, body and spirit” (ride)!
Sembra sia arrivato il momento di parlare del vostro prossimo tour…
Speriamo di poterlo iniziare entro la fine dell’autunno, al più tardi per inizio inverno, dopodiché gireremo con questo disco per tutto l’anno successivo. Questo vuol dire che verremo in Italia più di una volta, anche se al momento non so proprio dirti quando, visto che le date definitive non sono ancora state fissate. Per il resto, direi che potete aspettarvi di ascoltare le canzoni di questo album, più le cose migliori dei Virgin Steele, quelle che tutti i nostri fans hanno imparato ad amare. Cercheremo come al solito di dare il massimo in modo da darvi il miglior show possibile!
Tra l’altro sembra che da qualche anno la vostra line up sia stabile ed affiatata…
Sì, ormai la line up è la stessa da un po’ di anni: Frank è nel gruppo dal 1994, Josh è arrivato nel 2000 per suonare il basso dal vivo, per cui anche lui è dentro da un po’. Sì, chi ha visto la band in passato, come hai fatto tu, avrà notato una certa stabilità, e anche nel prossimo tour la line up sarà la stessa. Certo, in studio le cose funzionano un po’ diversamente, abbiamo un modo di lavorare piuttosto libero: Josh ad esempio ha suonato la chitarra a sette corde, il basso l’ho suonato io (ride)! Proviamo sempre diverse combinazioni per ogni brano, in generale quando si registra, se qualcuno è in giro e vuole suonare si accomoda e via!
Siamo una vera band soprattutto dal vivo, a me piacciono molto questi ragazzi, a loro piace far parte dei Virgin Steele per cui diciamo che le cose funzionano proprio bene!
Cambiamo argomento: ho sempre amato particolarmente i due “Marriage of Heaven and Hell”, che mi sembra però costituiscano una fase tutta particolare della vostra carriera: che ricordi hai di quel periodo? Ci sono speranze di vedervi tornare prima o poi verso quel tipo di sound?
Credo che le canzoni di “Marriage…” siano state un tentativo di andare indietro a ciò che i Virgin Steele sono sempre stati, vale a dire una epic metal band, con diverse componenti stilistiche al suo interno e un’attitudine molto “straight rock”. Sono veramente contento della qualità delle composizioni presenti in quel lavoro. Quello che abbiamo fatto successivamente è stato di mantenere lo spirito originario di quel disco, aggiungendo però di volta in volta cose nuove, cercando di andare oltre. E’ una cosa che comunque abbiamo sempre fatto: canzoni come “Burning of Rome”, “Angel of light”, “Noble savage”, hanno degli elementi comuni che le caratterizzano, ma sono molto diverse tra loro. Non vogliamo essere quel tipo di band che fa i dischi in fotocopia, ogni nostro disco deve essere completamente nuovo, sia nel songwriting che nel nostro modo di suonare. Lo abbiamo imparato dalle bands che abbiamo amato di più, i Queen, gli Who, i Led Zeppelin… non hanno mai fatto un disco uguale all’altro, si sono sempre evoluti, e questo è esattamente quello che miriamo a fare noi come Virgin Steele!
Siete una delle pochissime grandi bands a non aver fatto ancora uscire un disco o un dvd dal vivo…
E’ una cosa che mi piacerebbe molto fare, e sarebbe bello riuscire a portarla a termine prima di far uscire il prossimo studio album, ma si vedrà, dobbiamo discuterne bene con la nostra casa discografica. Il dvd in particolare sarebbe veramente interessante, considerata la tonnellata di materiale che ho a casa e che potrei utilizzare senza problemi! Mi sa che ci vorranno mesi a selezionare il tutto (ride)…
Che cosa ne pensi della situazione attuale della scena heavy metal? A mio parere stiamo assistendo ad un impoverimento senza precedenti, non sembra ci siano al momento giovani realtà in grado di sostituire quelle vecchie, quando per loro arriverà il momento della pensione… Se dovessi dare un consiglio a chi si affacciasse oggi nel mondo della musica, desideroso di combinare qualcosa…
Capisco cosa intendi dire… ci sono un sacco di band oggigiorno che suonano assolutamente identiche, che non producono nulla di eccitante. Certo, c’è un livello tecnico molto alto, ci sono in giro chitarristi virtuosi, tastieristi bravissimi, ottimi cantanti, ma questo non vuol dire che poi sappiano scrivere belle canzoni! E’ questa la cosa essenziale a mio parere, le canzoni! Sono due anime differenti, quella dell’esecutore e quella del songwriter, ma non è detto che coincidano all’interno della stessa persona…
Quindi, se dovessi dare un consiglio alle giovani bands, direi di pensare molto di più alle canzoni, a non concepire la propria musica come un semplice allenamento per le dita, ma a pensare realmente a ciò che hanno da dire, alla direzione che vogliono intraprendere… Un altro problema di questo periodo è che molti gruppi esordienti sono spinti dalle case discografiche, che li usano semplicemente per fare soldi nel più breve tempo possibile sfruttando la moda del momento: questa è una cosa che rovina irreparabilmente la scena e impedisce a queste bands di intraprendere una carriere seria e decente!
Qual è stato il momento più alto della tua carriera? E il peggiore?
Credo che il punto più alto coincida con la situazione presente, in particolare dall’uscita di “Marriage…” in avanti, tutti i dischi che abbiamo potuto registrare, i concerti che abbiamo fatto, i festivals a cui abbiamo partecipato e in cui abbiamo passato veramente dei momenti bellissimi, come ad esempio da voi a Tradate due anni fa (puoi scommetterci caro David! Non capita tutti i giorni di cantare i pezzi dei Beatles alle sei del mattino, davanti a un piatto di spaghetti, con un tasso alcolico esattamente non al di sotto della norma insieme ad uno dei tuoi gruppi preferiti… e dovevate vedere com’era conciato Frank! NDA), tutti i fans che abbiamo incontrato dopo essere scesi dal palco… sì, credo proprio di stare vivendo adesso il punto più altro della mia carriera! Non lo è stato dal punto di vista personale, perché negli ultimi tre anni molte persone che ho conosciuto e amato sono morte, ma per la band quello è stato un periodo magico…
Credo invece che il periodo più difficile sia arrivato tra “Age of consent” e “Life among the ruins”, con tutti i problemi che abbiamo avuto, le pressioni ricevute perché andassimo in un’altra direzione. Personalmente, quello che cerco di fare ora è attaccarmi a questi bei momenti e andare avanti, convinto che di giorni meravigliosi da vivere ne ho ancora tanti davanti! Non intendo certo arrendermi, smettere di fare quello che sto facendo, ma vado avanti per la mia strada!
Senti, facciamo un po’ di gossip per i nostri lettori: ci racconti la giornata tipo di David De Feis?
(Ride) Eh dipende! Se è un giorno come oggi mi alzo, do da mangiare ai gatti e parlo al telefono per cinque o sei ore! Giornata tipo? Che cos’è esattamente una giornata tipo? No, non ho giornate tipo, dipende sempre da cosa sto facendo: a volte scrivo canzoni, a volte vado in spiaggia, a volte bevo vino e faccio l’amore con qualche bella donna (ride)… non puoi mai sapere cosa accade durante i miei giorni e le mie notti!
Mi ricordo che durante i giorni del Tradate abbiamo avuto una discussione piuttosto movimentata riguardo alla situazione politica nel Medio Oriente, in cui tu esprimesti pesanti critiche nei confronti dell’amministrazione Bush: sono passati due anni e immagino che tu non abbia cambiato opinione…
Certo, non sono assolutamente contento della nostra attuale politica, delle varie decisioni prese dalla nostra amministrazione. Penso che stiano prendendo in giro la nazione, e che abbiano rubato due elezioni (due? La prima forse ma la seconda cosa aveva di male? NDA) per cui non sono contento, e molti dei miei connazionali la pensano allo stesso modo. Stiamo aspettando speranzosi un cambiamento, che avverrà probabilmente con le prossime elezioni.
Per quanto riguarda invece il Medio Oriente… è semplicemente terribile, e penso che in quella zona i problemi non scompariranno mai, basta guardare alla storia di quelle regioni, o più in generale al cammino dell’umanità in generale: in tremila e passa anni non siamo mai cambiati, siamo i soliti ridicoli individui che saremo sempre!
Bene David, direi che è tutto per ora! Ci si vede in Italia, lo sai che ci sarà la solita bottiglia di vino ad aspettarti dopo il concerto…
Certo, mi sembra davvero una buona idea! Ti ringrazio davvero per l’attenzione che dimostri ai nostri lavori e per la tua amicizia, goditi l’estate (abbiamo parlato a metà luglio NDA) e riposati, ci si vede presto!
Pazzo finché si vuole, ma di gente come David il mondo della musica ne avrebbe bisogno molti di più…