Punta di diamante del metal italiano, i milanesi Lacuna Coil hanno finalmente trovato il tempo e l'ispirazione per dare un seguito al fortunatissimo "Comalies", album che li ha portati a varcare i confini europei ed a raccogliere notevoli consensi oltre oceano. Il nuovo lavoro, "Karmacode", ha tutte le carte in regola per ripetere il successo del predecessore, con un sound sempre più equilibrato e personale, anche se ormai molto lontano da quello degli esordi. Per scoprire tutti i retroscena del nuovo disco, abbiamo fatto una lunga e piacevole chiacchierata con Marco Coti Zelati (bassista e compositore principale) e Andrea Ferro (voce maschile), di cui quello che segue è sunto, contenente gli argomenti più importanti.
Ragazzi, ad un primo ascolto sembra che in questo album abbiate aumentato la presenza di certe sonorità un po' esotiche. Che ne pensate?
AF: “Sì effettivamente ci sono delle influenze che possiamo considerare ‘mediterranee’, insieme a tutte le altre: se nel groove e nel suono del basso e della batteria è magari possibile riscontrare influenze più americane, per quanto riguarda le voci, abbiamo invece seguito quello che è il nostro stile personale. In aggiunta, come dicevo prima, ci sono appunto questi spunti mediterranei e altri arrangiamenti più classici, con l’uso di violini, violoncelli, eccetera.”
MCZ: “Calcola che abbiamo comunque anche dei pezzi sul nostro vecchio stile, che questa volta abbiamo registrato insieme ad un quartetto d’archi: nei nostri pezzi ci sono sempre stati gli archi, ma fino al disco precedente si trattava di suoni campionati. Questa volta, siamo finalmente riusciti ad usare degli strumenti veri, integrandoli con tastiere e chitarre acustiche. In definitiva, credo che rispetto a ‘Comalies’ l’evoluzione nel nostro sound ci sia stata solo a livello ritmico, perché, bene o male, la direzione è sempre quella, seppure un po’ più focalizzata. C’è da dire che questo è anche il primo disco che componiamo e registriamo con le chitarre a sette corde: è vero che le usavamo già da prima, ma i pezzi di ‘Comalies’ sono stati composti sulle sei corde e poi trasposti per essere suonati con la sette corde, mentre quelli nuovi sono nati direttamente su queste ultime. Per quanto riguarda i primi brani presenti su ‘Karmacode’, abbiamo voluto avere un impatto diretto col pubblico, inserendo i pezzi più energici insieme al singolo. Si può dire che la base per i pezzi più potenti è più o meno quella di ‘Swamped’ e ‘Daylight Dancer’, visto che in fondo era lo stile che ci piaceva di più. In quanto alle ballate, beh, quelle ci sono sempre piaciute, quindi non abbiamo avuto problemi a farle! Abbiamo anche fatto un nuovo pezzo in italiano, anche se non c’entra praticamente niente con ‘Senza Fine’.”
AF: “Infatti è più particolare, più lenta e d’atmosfera e include anche strumenti diversi come la fisarmonica…”
MCZ: “Sì, peccato che la fisarmonica sia digitale, io avevo chiesto a Waldemar (Sorychta, il produttore, nda) di suonarla, perché ci aveva detto che da bambino la suonava! Poi, però, per questioni di tempo non è stato possibile, ma mi sarebbe veramente piaciuto vedere Waldemar alle prese con la fisarmonica!”
Come mai ci sono voluti così tanti anni per produrre un disco nuovo?
AF: “Essenzialmente perché fra ‘Comalies’ e ‘Karmacode’ abbiamo fatto tantissimi concerti, fra tour, festival e date varie. Bisogna considerare che per ‘Comalies’ eravamo già stati in tour per due anni e quindi il tempo fra un disco e l’altro si è inevitabilmente dilatato, ma a me in fondo ha fatto anche piacere poter aspettare un po’, prima di uscire con un album nuovo. Prima, pubblicavamo un disco più o meno ogni anno e mezzo, che è un lasso di tempo in cui ci può evolvere, ma fino ad un certo punto. Invece, in due/tre anni abbiamo avuto modo di capire meglio come volevamo sviluppare i pezzi nuovi e quali influenze ci sarebbe veramente piaciuto inserire. Questa è una cosa che si realizza col tempo, secondo me, mentre andando a getto continuo, è difficile evolversi in maniera seria.”
Anche perché non si può non notare come nei primi cinque anni della vostra carriera abbiate pubblicato tre album e due EP…
MCZ: “…e dal 2002 al 2006, un album solo, è vero! Però devi considerare, come diceva Andrea, i due anni di tour che ci sono stati. Abbiamo iniziato facendo un tour di un anno in Europa, dopo di che ci hanno scoperti in America e praticamente abbiamo ricominciato da capo, per poi tornare in Europa e partecipare ai vari festival. C’è stata, insomma, un’evoluzione anche a livello di vendite e di popolarità negli USA, che ci ha portati a promuovere ‘Comalies’ il più possibile. Poi, ovviamente, per comporre e registrare il disco nuovo, c’è voluto un po’ di tempo…”
AF: “Per questo, come dicevo prima, si può notare un’evoluzione stilistica nel nostro sound, proprio per il fatto che, col tempo, abbiamo avuto tempo di fare esperienza, di capire cosa funzionava e cosa no, insomma di elaborare meglio il nostro stile.”
Visto che la vostra popolarità è in crescita, voi cosa vorreste ottenere con “Karmacode”?
MCZ: “Arrivare al disco d’oro! [ride, nda]
AF: “Beh, qui in Italia sarebbe molto difficile, non è certo un mercato da dischi d’oro per il rock e il metal… Non è impossibile, è solo molto difficile.”
MCZ: “Se ci riuscissimo, penso che saremmo i primi in Italia. Guarda, il giorno in cui dovessimo riuscire ad ottenere il disco d’oro in Italia, giuro che andrò sul Duomo di Milano a mettere reggiseno e mutandine di pizzo sulla madonnina!”
AF: “Seriamente, secondo me sarebbe estremamente difficile arrivare ad un risultato del genere. A me basterebbe che ‘Karmacode’ andasse bene quanto ‘Comalies’, magari ottenendo qualcosa in più. Comunque la cosa che mi interessa di più è confermare quanto abbiamo fatto in passato, anche perché, come vedi, oggi ci sono gruppi che magari vendono milioni di copie e il giorno dopo spariscono nel nulla. Quindi, intanto cerchiamo di vendere tanto quanto abbiamo venduto col disco precedente, e poi andiamo in tour per promuovere seriamente il nostro nuovo lavoro. Il nostro processo è sempre stato lo stesso, magari di volta in volta più evoluto, ma il nostro scopo è sempre quello di crescere come gruppo, poi se riusciremo a vendere tre milioni di copie, tanto meglio. Però non si può programmare certe cose a tavolino, non puoi pretendere di vendere milioni di copie a priori, così come non puoi pensare che un singolo diventerà automaticamente un successo mondiale. E’ possibile pubblicare magari una canzone che abbia le potenzialità per diventare conosciuta, perché è orecchiabile, ha un bel coro, un bel testo e così via, ma non puoi sapere, prima di averla pubblicata, se avrà davvero successo o meno. Per esempio, noi abbiamo fatto uscire ‘Heaven’s A Lie’, ma all’inizio non pensavamo nemmeno che avrebbe potuto diventare un singolo, anzi, è stata una delle ultime canzoni che abbiamo composto per l’album. La scelta di farne un singolo è stata dettata dal fatto che molte radio hanno iniziato a passarla e ha ottenuti degli ottimi riscontri. E' stata una cosa imprevedibile, anche perché fino ad allora non avevamo avuto un vero mercato per i singoli, al di là della canzone pubblicata sulle compilation delle varie riviste metal, piuttosto che del passaggio offerto dalle radio del settore.”
MCZ: “In quel caso, sicuramente l’interesse della gente è stato provocato anche dal titolo della canzone: il concetto che il paradiso possa essere una bugia è senz'altro un tema che può far pensare."
Qual è invece il significato dietro a un titolo come "Karmacode"?
AF: "Il titolo è nato quando, circa un anno e mezzo fa, stavo leggendo un libro chiamato 'Il Vangelo Secondo La Scienza', che mi aveva incuriosito moltissimo: è stato scritto da Piergiorgio Odifreddi, un matematico italiano che insegna in America e in Russia, che ha attirato la mia attenzione perché mi sono sempre interessato di religioni da un punto di vista puramente culturale, visto che non seguo nessuna religione in particolare. Quel libro collega la scienza con la religione e infatti l'autore cerca di spiegare l'esistenza di Dio tramite delle formule matematiche, non limitandosi al Dio cristiano, ma cercando di dimostrare l'esistenza di un'entità superiore in generale. In fondo si tratta di un libro piuttosto complesso e difficile da leggere, ma a me è piaciuto proprio per il tentativo di associare religione e matematica. Parallelamente, io in quel periodo stavo riflettendo e pensando ad un approccio un po' più spirituale alla vita, non per forza legato ad una qualche religione, ma in generale, nel modo di porci con noi stessi e con gli altri. Essere, insomma, un po' più umani e meno superficiali. Per questo, quel libro mi ha colpito, a causa del contrasto evidente fra scienza e spiritualità. Un contrasto che ho voluto ricreare scegliendo un titolo che unisse 'karma', una parola che dovunque e in qualunque religione è legata alla spiritualità, e 'code', che invece è una parola più matematica e che richiama anche opere come 'Il Codice Da Vinci' o 'Matrix'. Ho scelto, quindi, due termini che si riferiscono sia alla vita moderna, frenetica e tecnologica, che a quella interiore degli esseri umani, più autentica. Allo stesso modo abbiamo scritto i testi dell'album, che non è alla fine un vero e proprio concept album, ma contiene lo stesso tipo di approccio in tutte le liriche, le quali parlano della vita di tutti i giorni, basandosi appunto sul contrasto fra la modernità che ci circonda e il bisogno di ognuno di credere in qualcosa."
Cosa pensate del fenomeno, tutto italiano, secondo il quale si tende sempre a criticare un gruppo di casa nostra, anziché sostenerlo come meriterebbe?
MCZ: "Per noi è un incentivo a dare il massimo! In fondo, penso che quando si è sotto pressione, si è capaci di fare le cose migliori."
AF: "Forse avremmo potuto aspettarcelo, per esempio se parliamo dei festival come il Gods of Metal, in cui bene o male tutti quei gruppi che non sono propriamente 'metal' in senso stretto, non ricevono un'accoglienza molto buona. Ogni tanto, magari, si è anche esagerato, volendo inserire gruppi come i Methods of Mayhem che effettivamente non c'entravano niente con un festival del genere, ma solitamente è anche normale che una band che non suona metal in modo, come dire, 'classico', venga un po' contestata, come alla fine può succedere a noi."
MCZ: "Per esempio, l'anno scorso abbiamo sentito della gente criticare la nostra posizione in scaletta, subito prima degli Slayer e degli Iron Maiden. Però, se siamo stati inseriti in quella posizione, un motivo ci doveva pur essere... Voglio dire, le scalette in un festival vengono fatte in base ai dati di vendita e di popolarità, non certo per simpatie!"
AF: "Alla fine, sono i ragazzi che comprano i CD e sono loro che determinano certi dati. Non è che i nostri CD li ha comprati tutti mia zia e per quello ci siamo ritrovati in una certa posizione al Gods! A me, sinceramente, l'anno scorso è dispiaciuto molto il fatto che non si è capita l'importanza di avere un gruppo italiano a suonare, in quella posizione, all'interno di un importante festival italiano. Questo, al di là dei gusti personali, perché è ovvio che non possiamo piacere a tutti. Invece, anziché essere orgogliosi di vedere un gruppo del proprio paese arrivare a certi livelli, si continua a criticarlo. Purtroppo, finché non ci sarà un precedente in questo senso, il metal italiano non decollerà mai completamente. Da noi, per esempio, non c'è mai stato un caso come quello dei Rammstein, che in Germania hanno un successo enorme, tanto quanto all'estero; da noi, invece, non c'è mai stato un gruppo rock o metal che riuscisse ad avere successo all'estero e guadagnarsi la stessa fama in casa propria. Secondo me è anche questa mancanza di esperienza che ha pesato, perché poi finisce che magari vedi sul palco un gruppo che fino a qualche tempo prima poteva essere quello del tuo vicino di casa e ti chiedi 'ma perché questi suonano prima degli Slayer?!'. Bisogna imparare a capire che una band, se ha delle potenzialità, può arrivare a quel livello, anche se italiano. "
MCZ: "C'è da dire un'altra cosa: quando abbiamo suonato all'Heineken Jammin' Festival, che non è propriamente un festival metal, a parte che non ci è arrivata nemmeno una bottiglia sul palco, al contrario di quanto successo al Gods dell'anno scorso, abbiamo sentito un boato quando siamo saliti sul palco. Quella è stata la prima volta che siamo stati orgogliosi di suonare in Italia, perché in quel contesto la gente è riuscita a trasmetterci la gioia e l'orgoglio di avere una band italiana sul palco, subito prima degli Iron Maiden..."
Il vostro produttore è sempre stato Waldemar Sorychta, lo possiamo considerare ormai come il vostro settimo elemento?
MCZ: "Waldemar è sempre più importante per noi, a livello proprio di aiuto morale, perché sa sempre come consigliarci nel modo migliore. A livello strettamente musicale, la sua importanza è sempre meno evidente, grazie all'esperienza che accumuliamo album dopo album."
AF: "Questo ultimo disco, in effetti è stata più una co-produzione che altro, lui ci dava il suo parere sui pezzi e se noi eravamo d'accordo coi suoi suggerimenti, li seguivamo, altrimenti no. Ti posso dire che la maggior parte dei brani non ha subito alcun cambiamento rilevante, durante la produzione dell'album."
MCZ: "Sì, si può dire ormai che Waldemar svolge con noi l'attività del produttore puro, mentre all'inizio ci aiutava anche a livello di composizioni. Per esempio, per 'In A Reverie' aveva proprio scritto una canzone per noi, che avevamo provato e accettato volentieri, anche perché già allora c'era una grande amicizia fra noi e lui. Fino ad oggi è sempre stato con noi, è un amico che conosce molto bene la nostra musica. Siamo però arrivati al punto di utilizzarlo solamente come produttore, visto che questa volta non si è nemmeno seduto davanti al mixer, visto che i suoni erano già stati definiti da noi. Rimane in ogni caso un grande produttore e ripeto, un ottimo amico."