Chiunque di voi abbia visto qualche film o ascoltato le tante leggende metropolitane che da sempre abbondano nel mondo del rock conosce fin troppo bene la vita dissoluta che i protagonisti di questo affascinante universo conducono abitualmente: musica, tour, party, sbronze, donne, donne, donne…
Inutile dire che il motivo principale per cui tutti i writer di questo portale fanno il suddetto “lavoro” è cercare di approfittare della situazione e inserirsi di soppiatto per godere un po’ di tutto quel ben di Dio descritto poco sopra (no, dai Graz, scherzo…lo sappiamo tutti che io e te siamo gli unici puri di cuore qui dentro); altresì inutile dire che tutte queste leggende MOLTO raramente (diciamo pure mai) trovano effettivamente un riscontro.
Vi lascio quindi immaginare il mio stato d’animo quando il Signore dei Portali Metallici Riuniti, meglio noto come “Graz” mi affibbiò il report della conferenza stampa di presentazione di “Human Zoo”, il nuovo album degli svizzeri Gotthard: la prima cosa che mi balenò in testa fu “figata…i Gotthard”, ma subito dopo arrivò un clamoroso “che palle! Fino a Lugano!?”. Nonostante la miriade di scuse che già avevo pensato per rifiutare, accettai il gravoso impegno. Fu a questo punto che le cose presero una piega decisamente insolita: una elegantissima cartella stampa recapitata a mezzo corriere mi informava (con tutte le formalità del caso) che una macchina privata mi avrebbe aspettato, se lo avessi desiderato, davanti a un prestigioso albergo di Milano per portarmi al luogo dell’incontro con la band: accettato di buon grado il servizio e varcato il confine elvetico mi ritrovo immerso in un film: un favoloso albergo affacciato su un lago meraviglioso fa da cornice all’avvenimento; in una sala magnificamente arredata i Gotthard parlano liberamente coi giornalisti per una buona oretta, trascorsa la quale veniamo introdotti in un ampio salone per un sontuoso aperitivo a base di champagne e delicati stuzzichini, il tutto servito da camerieri in giacca e guanti bianchi… (ROTFL, ti ci immagino in una scena del genere ahahha, NdGraz!)
Ogni tanto, dunque, anche noi poveri scribacchini abbiamo i nostri momenti di gloria…soprattutto quando un manager completamente pazzo ti coinvolge in una conversazione assurda dopo averti offerto cinque calici di champagne, e quando un certo chitarrista di un certo gruppo svizzero, visibilmente allegro, ti rovescia addosso un bicchiere pieno di vino ghiacciato!
Ahh…amo la vita dissoluta delle Rock-Star e di noi cronisti d’assalto!!
Allora ragazzi, iniziamo dalla domanda più ovvia. Parlateci un po’ del cambio di produttore. Come mai avete deciso di fare questo passo dopo un sodalizio che durava da così tanto tempo col vostro vecchio produttore?
Leo: Beh, innanzi tutto perché avevamo voglia di fare qualcosa di nuovo:
lavorare con la stessa persona per tanto tempo è bello, ma si corre il rischio di fossilizzarsi su alcune cose; inoltre abbiamo avuto la possibilità di lavorare con Mark Tanner, che come saprete è annoverato tra i dieci migliori produttori del mondo. Questo era un bel traguardo per noi, e lasciarselo scappare sarebbe stato sciocco!
Steve: In Svizzera inoltre il nostro vecchio produttore era visto un po’ come il principale motivo di successo della band; volevamo a tutti i costi svincolarci da questa idea: dopo dieci anni è il momento di dimostrare a tutti, anche a noi stessi, che siamo in grado di stare in piedi da soli… La cosa più bella è stato però il fatto che abbiamo affrontato questo problema, che in effetti non è stato da poco, unendoci e stringendoci l’un l’altro, dandoci una gran forza.
Parliamo ora di “Human Zoo”. Come vi è venuta l’idea per il titolo?
Leo: Eravamo in Thailandia per le riprese di un video, e abbiamo visto una serie infinita di baracche lungo un fiume, con la gente che scendeva in acqua lavare i panni, e conduceva tutta la vita in qualche metro quadrato di legno e paglia: ci ha fatto una grande impressione, e abbiamo pensato tutti di essere in uno zoo…e alla fine forse tutto il mondo gira in questo modo.
Diamo ora uno sguardo alla parte musicale del disco: come lo descrivereste?
Steve: Innanzitutto molto vario. Prima dell’inizio della produzione avevamo circa 25 pezzi fra cui scegliere, tutti molto diversi uno dall’altro. Se dovessi paragonarlo ai nostri precedenti dischi direi che è un po’ la continuazione di quello che avevamo fatto con “Defrosted”: indubbiamente i pezzi e gli arrangiamenti sono forse ancora un po’ più soft rispetto al disco precedente, ma non credo che questo sia un male: alcuni ci hanno accusati di stare un po’ perdendo la nostra anima rockettara, ma non è affatto così: fare dischi sempre uguali è come prendere in giro la gente; la vera sfida sta nell’evolversi ogni volta, senza però perdere di vista la nostra natura, che è il Rock, quello con la “R” maiuscola. E credo proprio che siamo riusciti a raggiungere questo risultato. Inoltre, ed è una cosa di cui andiamo molto orgogliosi, è che non ci sono due belle canzoni in tutto il disco. Non è il solito disco in cui ci sono i 3 singoli e stop. Ogni pezzo ha la sua identità, e ogni pezzo ha la sua anima.
Parlateci un po’ delle registrazioni: dove e come è stato registrato “Human Zoo”?
Steve: E’ stata una esperienza bellissima! Abbiamo registrato quasi tutto il disco nello studio a casa di Leo Leoni, ed è fantastico fare tutto il lavoro restando praticamente a casa tua! Non hai l’assillo dell’orologio, e ti senti anche molto più a tuo agio: è proprio vero che nel proprio letto si dorme meglio! Dopo le registrazioni siamo volati in America nello studio di Mark Tanner per finire il lavoro, e ascoltare i vari pezzi che prendono forma, sentire i suoni che, passaggio dopo passaggio si avvicinano sempre di più a quello che avevi in mente è sempre un’esperienza bellissima.
Leo: E pensate che dopo le registrazioni siamo andati a fare una photo session nel Joshua Tree Park; alcuni anno avuto da ridire, accusandoci di aver copiato dagli U2; ma si vede benissimo che noi abbiamo usato l’albero accanto a quello usato da Bono & C! (ride, NdM) Scherzi a parte, dopo 10 e più anni di carriera abbiamo voluto guardare indietro e fare un disco per tutti i fans: dal rockettaro più duro col chiodo e i capelli lunghi alla massaia che ci ascolta per caso su una radio: e penso proprio che siamo riusciti a fare un disco che piaccia davvero a tutti.
Avete già un tour pronto per Svizzera e Germania, con una sola data italiana; pensate che esista la possibilità di vedervi in una vera tournee in Italia?
Steve: Ci farebbe davvero piacere, e sarebbe bellissimo, però purtroppo non dipende solo da noi! Ci sono mille cose da verificare prima di imbarcarsi in una operazione del genere! Il fatto è che le nostre precedenti date italiane non sono state molto positive: abbiamo avuto molti problemi e c’era poca gente…speriamo che in futuro si riesca a rimediare al problema…per noi sarebbe fantastico, anche visto che, abitando qui, ci consideriamo per metà italiani! È la nostra “seconda patria” ed è logico che ci teniamo a suonare e farlo al massimo delle nostre possibilità!
Cosa non ha funzionato nelle vostre precedenti date italiane?
Leo: E chi lo sa! Sarà stato il caso, sarà stata la sfiga, ma ogni volta c’era qualcosa che non andava! Figurati che anche quando abbiamo fatto da spalla agli AC/DC a Torino la nostra crew si era dimenticata di portare lo striscione col nome della band da appendere dietro alla batteria: il risultato è stato che il giorno dopo un sacco di gente girava nei negozi di dischi chiedendo un disco di “quelli italiani che hanno suonato ieri sera prima degli AC/DC”!!!
E’ un periodo in cui si vedono molti gruppi Hard Rock che suonano in contesti più prettamente Heavy; come ad esempio i Molly Hatchet a Wacken o gli Uriah Heep al Bang Your Head. Pensate ci sia la possibilità di vedervi inseriti in un contesto del genere, magari al Gods of Metal a Milano?
Steve: i festival sono bellissimi anche per questo; puoi affacciarti ad un pubblico che non è prettamente tuo. Di festival ne abbiamo fatti tanti, e probabilmente in futuro ci sarà la possibilità di esibirci in un festival metal. Sappiamo tutti l’energia che voi metallari siete in grado di esprimere, sia sul palco che come pubblico…speriamo che gli organizzatori dei festival ci chiamino!
È la prima volta che non inserite una cover nel disco. Come mai?
Leo: E’ sempre stata una costante nei nostri dischi, ma stavolta avevamo talmente tanto materiale e talmente tante cose da fare, che quasi non ne abbiamo avuto il tempo! Inoltre stava diventando un po’ una forzatura; ed era quasi più difficile scegliere la cover che non scrivere i pezzi. Abbiamo tagliato la testa al toro e abbiamo detto basta!
Ok, eccoci alla fine di questa conferenza stampa: salutate il pubblico italiano!
Grazie per il supporto che tanti di voi ci danno: speriamo che le cose in futuro possano un po’ cambiare e ci permettano di suonare da voi con più regolarità. Grazie Italia! A presto!
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