I Braindamage, per bocca di Andrea, il loro leader, ci parlano di “War Against The Almighty” la loro ultima fatica. La band è sulle scene da tantissimi anni e l’esperienza acquisita durante questo tempo ha lasciato il segno su Andrea, le cui parole spesso risultano amare, cariche di disincanto e di, a tratti, nichilismo. La speranza è che con questo disco la band raccolga in patria quanto meriti e quanto ha già raccolto all’estero.
Gradirei alcune note introduttive su quanto fatto dai Braindamage fino a “War Against The Almighty”.
“ La nostra storia è lunga come la fame, oramai, direi di non annoiare troppo tutti dicendo “semplicemente” che abbiamo diciassette anni d’attività, quattro cd, un ep, diverse demo, svariati concerti, un tour europeo e collaborazioni con personaggi importanti e non alle nostre spalle…. Abbiamo cambiato varie formazioni ma il nucleo centrale, lo “zoccolo duro”, sarebbe a dire Gigi e me, siamo in attività nei BD da sempre. Ora ci sono (oramai da quattro anni….) Naike alla batteria e Marco alla chitarra e direi che è la miglior formazione da sempre.”
Il nuovo disco è bello potente, vario e ricco di influenze. Ci sono cose che i lettori debbono sapere sul disco e che a prima vista non emergono all’ascolto?
“ Sarebbero tante e molte non le ricordo neppure io. E’ stato un parto elefantiaco e a tratti doloroso, ma sono sicuro di poter affermare che la storia del Braindamage ha ripreso, con W.A.T.a. il sentiero che avevamo iniziato anni fa per poi smetterlo, in parte. E’ la continuazione di quanto detto e suonato su “Collapse”, ed è il primo della trilogia che terminerà questa storia che ho iniziato ad immaginare ventidue anni fa. Pochi lo sanno, ma, nascosto nel booklet c’è il sottotitolo del disco…”
L’album doveva essere prodotto da Devin Townsend ma poi avete optato per Oliver Phillips. Come sono andate le cose?
“ Abbiamo contattato Townsend dopo aver seriamente valutato la sua adattabilità al nostro genere, gli abbiamo spedito il nostro materiale e abbiamo avuto un abboccamento con lui a Ginevra. Era piuttosto possibilista rispetto al produrre con noi il cd, volevamo portarlo in Germania da Oliver, che è un suo fan accanito. In seguito abbiamo capito che era troppo impegnato anche solo per dedicare tempo al progettare logisticamente il tutto. Abbiamo così deciso di fare tutto con Oliver, che aveva svolto la pre-produzione di “Collapse”, più che altro perché Oliver riuscirebbe a far cantare un morto, con le sue immense capacità di stesura delle linee vocali: un genio assoluto, è riuscito a far cantare persino un mediocre vocalist quale io sono.”
Vi proponete di sviluppare una visione neoumanista della vita. Ti va di approfondire questo tema e più in generale quello delle lyrics?
“ L’assenza di dio. La sua presenza a sproposito. L’incapacità dell’umanità nuova di vivere senza la trascendenza come termine ultimo. Sogniamo una società totalmente laica, dove la spiritualità è affare e questione privata, senza sovrastrutture, terrori e guerre sante, quelle che ci stanno portando alla rovina. Questo per quanto riguarda gli intendimenti “reali”, diverso è l’aspetto del canovaccio.
Un uomo, sottratto al proprio destino novecentotrentanove anni fa il venticinque di settembre, diventa agente di un’entità, L’Imperatrice Rossa. Da lei apprenderà tutto tranne la verità sulla propria missione: quando la scoprirà non gli piacerà e non piacerà a noi.”
I titoli di alcune lyrics mi hanno incuriosito, e parlo di “From Stalingrad To Stamfordbridge” e “Man From The Town At Sunset”. Ti va di svelare il tema di queste canzoni?
“ La prima, una strumentale, ripercorre alcune delle tappe della storia del Braindamage, a ritroso. Due eventi che hanno sconvolto la storia….dalla città sul Volga che diventa la porta dell’inferno al piccolo ponte di legno nell’East Riding, dove i sassoni ebbero la loro vittoria di Pirro. L’uomo della Città al Tramonto è il Braindamage, la Città al Tramonto è la mia Torino (non ho mai visto nulla di più bello, magico e insolito, al tramonto). E’ la storia del suo grande amore fallito e della donna che insegue nel tempo da sempre.”
Si parla spesso di Blue Oyster Cult, Killing Joke e Voivod come vostre influenze. A che livello e in che modo queste band vi hanno influenzati?
“ I B.O.C. hanno realizzato, grazie al grande Sandy Pearlman, una saga senza pari sui destini dell’uomo, i K.J. hanno portato la musica sulla soglia della follia e i Voivod del povero e grande Piggy hanno dato l’input al movimento metal per uscire dalla propria adolescenza. Noi abbiamo avuto l’onore di suonare e collaborare con tutti i gruppi nominati.
Il vostro debut album “Signal De Rivolta” del ‘92 lo definite come una delle release più controverse e avveniristiche degli anni ’90. Su cosa si basa questa vostra convinzione?
“ Tuttora non credo di avere sentito un album così difficile, forse “Events In Concealment” dei Deathrow e “Dimension Hatross” dei Voivod sono più ostici… Credo che fosse “troppo e troppo presto”, ma non mi pento delle scelte fatte, se non per il mixaggio di Steve Albini, troppo grezzo, anche per quell’album.
Siete in giro da moltissimi anni in Italia, ma tuttavia non mi sento di dire che i Braindamage abbiano mai definitivamente svoltato e si siano imposti al pubblico nostrano, a differenza dell’Europa dove sembra che godiate di tutt’altro rispetto. Come mai questa discrepanza?
“ Questo è un paese in grado di produrre grandi geni ma la cui tendenza è quella alla moderazione. Noi non siamo certo moderati… All’estero ciò che facciamo è normale e naturalmente apprezzato.
Altri gruppi ce l’hanno fatta, tra cui i concittadini Linea 77. Cosa hanno più di voi?
“ I Linea hanno avuto le nostre chances ma, a differenza nostra, le hanno sapute usare, grazie alla lungimiranza di Paolo e all’innegabile capacità di interpretare il proprio tempo. I Linea godono di ciò che hanno meritatamente costruito.”
Torino è il vertice dell’industria italiana, in che modo quel contesto influenza le vostre vite e la vostra musica?
“ Torino non credo sia più il vertice dell’industria italiana, anche perché l’industria italiana è morta. E’ innegabile che lo fosse ancora al tempo della nostra nascita, come esseri viventi e band. Torino è la città del tacere ed urlare in quando nessuno possa sapere che sei tu a farlo, è la città dell’understatement per eccellenza, dove tutte le cose sono sulla soglia e non vanno mai decisamente da un lato o dall’altro, dove nessuno si sente di amare la città e non ha il coraggio di allontanarsene. Questo è il luogo e non è nessun luogo.”
Quali bands nella scena italiana meritano il vostro rispetto, e l’attenzione dei fans, in virtù della loro musica?
“ Sono davvero poco attento, ultimamente, alla scena italiana e farei dei torti a dire bene di qualcuno e male di altri, perché non ho cognizione di causa. Rispetto lo meritano tutti, solo per il fatto che suonino.”
Come vedi i Braindamage tra 10 anni? Qual è la vostra idea di band a lungo
termine? Avete mai riflettuto su un futuro lontano?
“ I Braindamage fra dieci anni ci saranno ancora e racconteranno le loro storie con rabbia e tristezza. Direi che noi, oramai, siamo una band a lungo termine…Quanto al futuro: secondo me ce n’è rimasto proprio poco. Per tutti.”
Il breve periodo invece cosa prevede?
“ Abbiamo già cominciato la stesura del prossimo cd, direi che tra un annetto dovremmo registrarlo…”
A che punto è la vostra attività live?
“ Punto fermo…ma siamo fiduciosi nel nostro management, l’Alkemist-fanatix di Carlo, sta facendo un grande lavoro, lento ma inesorabile ed era ciò che ci mancava.”
Ok, chiudete pure come volete.
“ Vorrei che fosse chiaro a tutti che se ci siamo ancora è perché abbiamo qualcosa da dire e che ci divertiamo a farlo e che alla nostra età possiamo permetterci di dire ciò che vogliamo…Cerchiamo tutti di resistere e combattere, ognuno come può e come vuole, perché stiamo correndo dritti alla rovina e nessuno sembra volersene accorgere. Grazie e ciao.”
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