I Supared sono un giovane gruppo tedesco dedito ad un hard rock semplice, diretto e moderno, che ha in questi giorni pubblicato il suo primo album per la ben nota Noise Records. Detta così, il nome di questa band potrebbe benissimo passare sotto silenzio. La vera particolarità dei Supared è però la presenza dell’ex ugola d’oro degli Helloween, quel Michael Kiske che in molti rimpiangono ancora oggi, nonostante siano ormai passati dieci anni dal suo split con le “zucche”. In tutto questo tempo, Michael è riuscito a produrre solamente due album solisti non particolarmente brillanti, sparendo dai palchi e allontanandosi anni luce dallo stile musicale che lo aveva reso famoso.
I Supared (formati dal chitarrista Sandro Giampietro, dal bassista Aldo Harms e dal batterista Jürgen Spiegel) rappresentano invece un vero e proprio nuovo inizio per lui, dal momento che si tratta della sua prima band ufficiale dai tempi degli Helloween e che fra le altre cose stanno pianificando un’adeguata attività live per il prossimo futuro.
Quello che segue è quindi un sunto della piacevole conversazione avuta con lo stesso Michael Kiske, che abbiamo contattato per saperne di più sul suo nuovo gruppo ma anche per parlare del recente passato e fare il punto della situazione dopo tanti anni.
Quando hai raggiunto il successo insieme agli Helloween eri giovanissimo; hai mai avuto l’impressione di aver bruciato le tappe durante quella prima parte della tua carriera?
”Sinceramente credo di no, anche ripensandoci adesso dopo tanti anni. C’è sempre da considerare il carattere di una persona in questi casi e per quanto mi riguarda sono sempre stato abbastanza precoce in tutto ciò che ho fatto durante la mia vita: per esempio, mi sono sempre trovato meglio in compagnia di persone più anziane di me piuttosto che con gente della mia età, è qualcosa che mi è sempre venuto spontaneo. Questo aspetto del mio carattere ha influenzato qualunque cosa facessi e naturalmente anche la mia carriera di cantante. Comunque, se pensiamo all’industria musicale odierna, ormai arrivare ad incidere un album all’età di diciassette o diciotto anni non è più niente di davvero speciale, è diventato quasi normale. E’ comprensibile che un ragazzo di quell’età possa montarsi la testa e andare incontro a molti ostacoli, ma se devo dire la verità, personalmente non ho mai avuto grossi problemi. La mia sicurezza interiore deriva dal fatto che ho sempre curato molto la mia cultura e il mio spirito, il che mi ha aiutato a superare più facilmente le difficoltà. Leggo da sempre tantissimi libri, negli ultimi dieci anni non credo di avere speso nelle librerie meno di 30.000 marchi [più di 15.000 euro, Nda]: ne avevo veramente bisogno!”
In altre parole, si può dire che negli ultimi dieci anni ti sei preso una pausa dall’attività musicale?
”In un certo senso è così: è vero che ho realizzato due album durante questo periodo, ma non ho mai suonato dal vivo e sinceramente avevo perso quasi del tutto l’interesse nel music business. Effettivamente si è trattato di un periodo un po’ negativo, ma solo musicalmente parlando, poiché dal punto di vista spirituale e culturale posso dire di aver passato alcuni degli anni migliori della mia vita. Oggi credo finalmente di essere tornato davvero, anche da un punto di vista musicale, grazie a questo disco con i Supared che è il primo, dopo tanto tempo, ad avermi coinvolto completamente. I miei due album solisti in fondo non li sento del tutto miei; rimangono secondo me due dischi validi ed interessanti, perché all’epoca della loro realizzazione rappresentavano il meglio che potessi fare in quel momento, ma in fondo in essi avevo messo forse solo il 50% del mio cuore...”
Per formare i Supared hai anche cambiato tutta la band che ti accompagna. Come mai?
“Diciamo che si tratta di due situazioni ben diverse. Il mio vecchio chitarrista, Ciriaco Taraxes, in effetti ha anche firmato il primo brano del nuovo album, ‘Reconsider’, ed è tuttora un mio buon amico. Il fatto è che lui è sempre stato un musicista con cui mi trovo bene a comporre, più che a suonare a tempo pieno in una band, capisci? Ora con i Supared stiamo preparandoci a suonare anche molto dal vivo e per questo motivo ho voluto avere con me un chitarrista come Sandro, che oltre ad essere un serio e valido musicista è anche una persona unica, con cui ci si può molto divertire su un palco. Sarà molto eccitante andare di nuovo a suonare live, in fondo sono molti anni che non lo faccio: pensa che il mio ultimo concerto con gli Helloween è stato alla fine del 1993 e da allora non ho più cantato ufficialmente dal vivo. E’ naturale che mi appresti a tornare all’attività live con un certo nervosismo, visto che non solo sono passati molti anni, ma io stesso mi sento cambiato come persona. D’altra parte conservo una certa esperienza e non mi ritroverò certo a partire da zero, anche perché, comunque, inizieremo facendo solo alcuni piccoli show per prepararci meglio ad affrontare un tour vero e proprio. Tour che in ogni caso dipenderà dal responso che otterrà il nostro album, è ovvio che non possiamo pianificare a priori un tour mondiale senza sapere se il disco è piaciuto o meno al pubblico; per questo stiamo tutti aspettando di vedere la reazione dei fans al nuovo materiale, dopo di che decideremo di conseguenza.”
Quali sono i motivi che ti hanno portato a perdere interesse nei confronti dell’heavy metal vero e proprio?
”Vedi, il problema del metal è che si tratta di un genere fin troppo limitato, ho sempre odiato tutta la stupidità che da sempre ci gira intorno e che secondo me ha finito per distruggere la scena musicale europea. Voglio dire, negli anni ’80 in Europa c’erano moltissimi grandi gruppi di heavy metal, capaci di sfornare ogni anno dei dischi eccellenti, che contribuivano a rendere la scena vivace e stimolante. Oggi non c’è quasi più rimasto niente di quei tempi, principalmente a causa di questa tendenza a voler soffocare la creatività e l’evoluzione musicale. L’ultimo movimento di un certo rilievo è stato forse il grunge dieci anni fa, mentre adesso c’è qualcosa di interessante solo in campo rock/pop e soprattutto in America e Inghilterra grazie a gruppi come per esempio i Nickelback o i Sum 41. La mia critica nei confronti del metal nasce anche dal fatto che, fin da ragazzino, non mi sono mai limitato ad ascoltare solo musica metal: amavo gli Iron Maiden, i Judas Priest e gran parte dei grandi gruppi metal dell’epoca, ma ascoltavo anche artisti come U2, Kate Bush, Eurythmics , Pat Benatar e i compositori classici. Questo è sempre stato il mio mondo e continuerà ad esserlo, per me l’unica cosa che conta è che chi ascolta la mia musica si renda conto che si tratta di musica onesta e senza compromessi. Non permetto a nessuno di limitare la mia libertà, se poi a qualcuno non dovessero piacere i miei dischi, nessuno lo obbliga ad ascoltarli, può benissimo orientarsi verso altri tipi di musica ma senza venire a lamentarsi con me! Se io continuo a fare musica, non è certo per fare i dispetti a qualcuno, ma perché è qualcosa in cui credo e che mi piace. Per me sarebbe fin troppo facile unirmi a Kai Hansen e realizzare un ‘Keeper Of The Seven Keys Part III”, sono consapevole che faremmo felice parecchia gente, ma il problema è che tutto questo non sarebbe interessante per me stesso, in fondo sono anche passati 14 anni e non mi riconosco più in quello stile musicale.”
Eppure negli ultimi anni hai partecipato a numerosi dischi metal, e inoltre è circolata spesso la notizia secondo cui saresti dovuto diventare il cantante dei Gamma Ray…
”Le voci sono circolate probabilmente perché ho aiutato Kai a realizzare alcune parti vocali, ma non c’è mai stato niente di più. Mi piacciono alcune cose dei Gamma Ray, ma non tutte, inoltre preferisco di gran lunga avere la mia band piuttosto che diventare il cantante di un gruppo che ha già un proprio stile ben definito. In quanto alle mie collaborazioni, innanzitutto non credo che tutti i dischi a cui ho partecipato si possano propriamente chiamare ‘metal’ e comunque vorrei chiarire che non ho nulla contro l’heavy metal in sé, quello che non mi piace è la scena in generale, che trovo molto noiosa. Se mi viene proposto di cantare, che so, su un buon pezzo rock realizzato con un sound palesemente metal, non importa, se si tratta di una bella canzone sono ben felice di cantarla.”
L’album dei Supared è caratterizzato da un sound moderno ma soprattutto da brani corti e immediati, comunque molto diversi da tutto quello che hai prodotto finora. Pensi che sia questo il tipo di musica che ti rappresenta meglio o prevedi altri cambiamenti in futuro?
”Sicuramente questo disco rappresenta ciò che volevo ottenere da molto tempo, molte delle sue canzoni sono letteralmente lo specchio di ciò che io sono in questo momento. Per quanto riguarda il prossimo album, potrebbe anche essere ancora una volta diverso da tutti gli altri, non si può dire con certezza. A me è sempre piaciuto comporre musica, in particolare quello che voglio ottenere in questo periodo sono canzoni semplici e dirette, senza stare troppo a pensare al sound, che può essere sia soft che molto aggressivo. I brani contenuti nell’ album sono il risultato di una stesura molto spontanea e penso che alla fine siamo riusciti a realizzare un prodotto abbastanza bilanciato.”
Di cosa parli nei testi?
“Parlo di parecchi argomenti diversi, ma principalmente di me in rapporto alla vita, descrivo le mie paure e le mie speranze. Anche se alcuni brani hanno delle storie più definite e lineari, si tratta in generale della trasposizione in musica delle mie emozioni; mi piace paragonare i testi delle canzoni a dei dipinti, perché ho la tendenza a non essere poi così preciso quando scrivo, proprio come un pittore che segue la propria ispirazione. Parlo di argomenti come la ricerca della verità, ma senza voler usare luoghi comuni tipo ‘Gesù ti ama’ e senza la pretesa di insegnare niente a nessuno. Sono solo una persona come tante altre in cerca di risposte, e questo inevitabilmente si riflette nei testi che scrivo.”
C’è una canzone che secondo te è più rappresentativa delle altre?
“Molto difficile da dire, anche perché sono tutte così diverse fra di loro… Comunque, ci sono alcune che mi hanno soddisfatto più di altre in termini di songwriting e sono ‘Let’s Be Heroes’, ‘Freak Away’, ‘Hey’, ‘Ride On’ e ‘Hackneyed’. Ovviamente sono fiero di tutti i nuovi brani, ma quelli che ho citato sono forse i più personali che ho scritto: ‘Hey’ ad esempio è secondo me un pezzo molto interessante, soprattutto per le parole, nelle quali mi riconosco completamente, ma anche per il contrasto che c’è fra la strofa e il ritornello, piuttosto ironico il primo e travolgente il secondo.”
Hai già un’idea di quando potrete venire a suonare dalle nostre parti?
”Ad essere sinceri non lo sappiamo ancora, proprio perché, come dicevamo prima, la casa discografica sta aspettando di vedere che risultati riesce ad ottenere il cd. Dovendo fare una previsione, direi che potremmo plausibilmente essere da voi verso la prossima estate.”
Quanto hanno influito il tuo interesse per la filosofia e in genere il tuo stile di vita su questo progetto?
”Hanno avuto un’influenza enorme, direi. Il fatto è che i miei studi mi hanno cambiato profondamente, non si è trattato solo di elaborare qualche pensiero interessante ogni tanto, ma proprio di modificare la mia vita in loro funzione. Gli studi filosofici possono veramente entrare nel vivo della nostra anima e quindi cambiarci anche in maniera radicale, se li affrontiamo in un certo modo. La musica che compongo riflette la mia personalità, per cui è naturale che sia stata influenzata da tutto ciò, ma come dicevo in precedenza non pretendo di insegnare niente, non voglio diventare un predicatore che dice alla gente come deve comportarsi. Oggi, semplicemente, la mia musica vuole rappresentare in modo astratto le mie speranze, le mie paure e le mie emozioni. Ritengo che la musica sia in grado di toccare direttamente lo spirito di chi la ascolta, è qualcosa che ci da la possibilità di esprimerci in modo splendido e stimolante. Il canto, in particolare, è secondo me uno dei più meravigliosi modi di comunicare che abbiamo, molto più efficace delle fredde parole. Gli esseri umani hanno questo fantastico dono di poter comunicare fra di loro parlando, ma quando cantiamo le parole improvvisamente acquistano una vera e propria anima, diventando più autentiche; per questo sono addirittura dell’idea che dovremmo sempre comunicare cantando, perché il canto è una forma di comunicazione molto più nobile e vera rispetto al parlato. Per fare un esempio, pensiamo a quando sentiamo una ragazza cantare una canzone d’amore con una voce alta, pulita e potente: per capire di cosa stia cantando, non avremmo neppure bisogno di sentire le parole, poiché il sentimento che lei interpreta è già insito nella sua voce e nel modo in cui la usa. Penso che nel canto ci sia una forte componente spirituale che lo rende una vera forma d’arte, di quelle che possono solo elevare il nostro spirito: la stessa frase, quando viene cantata è sicuramente su un livello più alto di quando viene detta normalmente.”